Fenomenologia del viaggio

Quanto racconto qui mi accade a ogni viaggio, a ogni viaggio ‘impegnativo’ s’intende, e in particolare quando vado all’estero. Si tratta del fatto che, prima della partenza vera e propria, si alternano fasi molto diverse tra loro, anche contrastanti. Cercherò di spiegarmi meglio.

Dapprima nasce l’idea della destinazione. Può essere una destinazione già conosciuta, ma può anche essere (spesso) del tutto nuova, magari desiderata da tanto tempo. E allora l’eccitazione, in quest’ultimo caso, è massima e l’entusiasmo alle stelle.

A questa prima fase di (ingiustificata) euforia, dove tutto è ancora da progettare e il viaggio esiste solo nella mia mente, ne segue un’altra più razionale e concreta; raccolgo il materiale sulla nazione (o sulla regione) da visitare, comincio ad abbozzare un itinerario di massima, mi annoto le cose da vedere, raccolgo informazioni e suggerimenti. Prende forma, in altri termini, una bozza di itinerario e poi, via via, un programma sempre più concreto, fino alla definizione definitiva di ogni (più piccolo) particolare (sì, sono quel ‘tipo’ di viaggiatore).

La terza fase è quella più seria: vado presso un’agenzia oppure, come si fa tutti oramai, vado su internet e inizio a prenotare il volo, gli alberghi, le escursioni e quanto necessario per garantirmi un viaggio confortevole e sicuro, compresa l’assicurazione e i pagamenti vari.

Poi c’è la (quarta) fase, quella di latenza, di attesa del giorno fatidico. Mi faccio la lista delle cose da portare (in verità la lista ce l’ho già, sicché mi limito a spuntarla) e compro il materiale mancante, aggiorno i documenti (passaporto o carta di identità), compro valuta per l’argent de poche (come mi piace chiamarlo con un po’ di malcelato snobismo) faccio revisionare la macchina se è questa il mezzo scelto per il viaggio. Capita anche di parlare con colleghi e/o amici della destinazione; ci sarà chi darà consigli (spesso inutili), suggerimenti spiccioli, ma anche giudizi lapidari e semplicistici o molto personali benché innalzati a verità assolute innegabili. In questa fase, e sino a quando non sarò a ridosso della partenza, il viaggio mi sembrerà qualcosa di remoto, di onirico, un fatto che deve accadere a qualcun altro e che poi me lo racconterà.

Poi c’è la penultima fase: quella dei giorni immediatamente precedenti alla partenza.

Personalmente mi capita di essere assalito da pensieri negativi, da preoccupazioni, premonizioni false e sbagliate; penso con apprensione a come andrà il viaggio, alle possibili difficoltà, agli imprevisti che sempre si nascondono tra le pieghe del percorso; mi viene insomma quasi la voglia di non partire chiedendomi ripetutamente ma chi me lo ha fatto fare; ha il sopravvento in altre parole la mia innata pigrizia e la mia predilezione per ciò che è comodo e sperimentato e anche se viaggiare è uno degli svaghi che preferisco in assoluto. Sicché, nonostante tutta la preparazione e le aspettative e il desiderio fortissimo di andarmene, preferirei sotto sotto quasi rinunciare (forse perché è troppo tardi per farlo). Forse è spirito di conservazione, forse resistenza naturale al cambiamento, al nuovo. È la parte di me che vorrebbe restare sempre a casa che entra in conflitto con quella che sarebbe sempre in giro per il mondo.

E infine c’è la partenza. Il momento in cui la macchina carica di bagagli viene accesa o l’aereo raggiunge la pista di decollo; quello è il momento in cui realizzo che i preparativi sono davvero terminati e che è il momento di fare sul serio, che dunque sto lasciandomi alle spalle la vita di tutti i giorni . E allora d’un tratto mi rilasso, entro dentro al viaggio, sono il viaggio. Recupero tutto l’entusiasmo iniziale e inizio a godermi il tragitto sino a quando non dovrò tornare.

E il ritorno sarà ugualmente ambivalente: perché mi farà sicuramente piacere tornare a casa, alle mie cose, alle mie abitudini, alle persone che conosco e che amo, a prescindere da quello che ho visto e vissuto, ma avrò anche un pizzico di malinconia nel cuore per la consapevolezza che il viaggio tanto desiderato e appena concluso è solo dentro di me come semplice ricordo.
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