Premetto che sono fiero di essere italiano. Per alcuni andrò controcorrente, ma è così.
Nonostante le incongruenze, i difetti, i vizi del popolo italico, non vorrei essere nato nemmeno per un secondo in un altro Paese.
Certo mi fa davvero arrabbiare che i pregi, le eccellenze, i meriti della mia (amata) Italia non siano tenuti sempre nella debita considerazione soprattutto da chi ci governa (al di là del colore della compagine politica che si alterna al comando) ma la frustrazione che ne deriva da questa (triste) constatazione mi è comunque di sprone per fare del mio meglio nel lavoro e in quello che mi compete come individuo e cittadino.
Ma la domanda stimolante è questa. Anzi, a ben pensarci sono due: se non fossi nato in Italia, quale Paese straniero mi sarebbe piaciuto mi avesse dato i natali? E se fosse possibile un mix, quali nazioni mi piacerebbe potessero entrare nel mio DNA?
In relazione alla prima questione sicuramente direi Francia o Canada francese.
Anche se non sopporto certi atteggiamenti dei cugini d’oltralpe (in particolare lo spiccato nazionalismo tracotante e spesso insopportabile) ci sono molte ragioni che mi legano alla Francia e ai francesi: amo (da sempre) la dolcezza della loro lingua, la loro sensibilità e apertura, il fascino che promana dalla loro letteratura e dal loro cinema, la seduzione che suscitano molti luoghi che appartengono a quella terra, alcuni cibi e bevande davvero ragguardevoli (checché se ne dica alcuni formaggi e alcuni vini sono notevoli), l’atmosfera di Parigi e della multiforme provincia.
Per superare la prosopopea francese si potrebbe pensare però anche al Canada, a quello francese in particolare (Ontario e Quebec), con la sua natura immensa, selvaggia e autentica. Del Canada mi attirano non solo il paesaggio, ma anche la gente, le enormi opportunità di vita e il clima (piuttosto freddo).
Quanto alla seconda domanda, l’infografica appena qui sotto dà già una prima risposta (anche in termini di proporzione delle parti del ‘cocktail’).
Oltre alla Francia e al Canada mi piacerebbe nel mix un contributo scandinavo per la capacità organizzativa (specie in campo) sociale di questi paesi (soprattutto svedese e danese), oltre che per la capacità di rendere semplici aspetti complicati della vita e per beneficiare del loro sostanziale altruismo.
Degli scandinavi (ne parlo qui in modo generico per un certo loro tratto comune, pur nella consapevolezza della profonda differenza culturale e di progresso economico delle nazioni che formano la Scandinavia) trovo inoltre ragguardevole il loro gusto per la linea essenziale nell’arredo esterno e interno delle case, l’approccio positivo con la natura e la loro peculiare simpatia.
Della Germania e del Giappone mi piacerebbe (anche se in minor parte) la vocazione all’ordine, all’efficienza e alla disciplina, alla serietà sul lavoro, oltre che alla determinazione e alla caparbietà nel perseguimento degli obbiettivi; di loro vorrei mutuare la compattezza nazionalistica (mitigando gli atavici estremismi) e l’orgoglio di essere cittadini della propria nazione, nonché dei tedeschi la grandezza inarrivabile dei loro grandi musicisti classici (Bach, Beethoven, Brahms, Schumann, Händel, Wagner, Telemann, per citarne solo alcuni).
Per il contributo da parte del Regno Unito, invece, penso alla ricchezza della loro storia e alla capacità di credere fermamente nella loro tradizione come punto di riferimento non negoziabile, non rinunciando però a scommettere, anche in campo creativo, sul proprio futuro.
Ma penso anche alla fierezza del popolo britannico e alla prodigiosa duttilità della loro lingua, al loro senso quasi innato per la democrazia e al significato che sanno dare alla res publica, principi che gli inglesi hanno saputo esportare, più di altri (ma anche i francesi non sono stati da meno), in tutti paesi da loro colonizzati, Stati Uniti compresi.
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Ultimo aggiornamento: 29 luglio 2016
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