La nostra casa

Banco non riusciva a capacitarsi di aver perso per sempre Tago. Aveva l’amico al suo fianco poche frazioni di secondo prima della sovrapposizione delle Immagini e ora non c’era più. Era stato cancellato inesorabilmente dalla Dimensione Digitale insieme al suo carnefice che aveva diviso con lui la stessa paradossale sorte. Il ragazzo era abbattuto, tutto era stato inutile: non aveva salvato il suo amico, non avrebbe salvato sua sorella. Oltretutto si ritrovava di nuovo solo. Aveva voglia di piangere, ma non ci riusciva. Inoltre, come poteva constatare dal paesaggio circostante, la sovrapposizione era riuscita solo parzialmente: se era vero che il Paese dei Ragni Giganti era stato distrutto in modo definitivo dal grande archivio di Fritzmaster e dunque non esisteva più, era anche certo che la nuova Immagine non era quella dell’Oceano dove viveva la testuggine, come lui e Tago avrebbero desiderato, ma un’altra assolutamente sconosciuta. Ciò poteva essersi verificato, forse, per un errore commesso dall’amico nella fase di impostazione del trasferimento o, molto più verosimilmente, per aver creduto che l’Immagine dell’Oceano Sovrapposto fosse ancora esistente, mentre in realtà era stata a sua volta cancellata. Forse in quella dimensione la creazione la distruzione delle Immagini era molto più frequente di quello che si sapeva. ‘Non lo saprò mai’, pensò il ragazzo scrollando la testa bionda. Per un po’ Banco stette sveglio: la luce del sole, anche se non tanto forte, lo aveva quasi accecato per il passaggio repentino dal buio. Nonostante Tago si fosse raccomandato che lui mettesse gli occhiali da sole prima di completare il trasbordo, non ce l’aveva fatta. Era stato troppo occupato a dribblare Mezzoteschio per ricordarsi di quel prezioso consiglio. La stanchezza si fece sentire e il giovane si lasciò vincere dal sonno che risultò però agitato e poco ristoratore. Dormì però a lungo, approfittando anche del fatto che si trovasse in un posto riparato, all’ombra di una ampia e frondosa quercia, ma soprattutto perché si sentiva tranquillo senza sentirsi braccato o in pericolo. L’aria in quel cilindro era dolce, primaverile. Gli uccellini cantavano come da parecchio non aveva sentito fare e le api, lontano, ronzavano di fiore in fiore. Un luogo idilliaco, dunque, l’opposto di quello che aveva appena lasciato: aveva dimenticato quanto fossero gradevoli la campagna e la quiete. Se mai esistevano dei pericoli non abitavano in quel posto. Ma come già era accaduto altre volte, Banco si sbagliava: il suo sonno fu infatti squarciato all’improvviso da rumori forti e insoliti. Si alzò bruscamente e a malincuore: avrebbe infatti riposato volentieri un altro po’. Le palpebre erano pesanti e sentiva braccia e gambe indolenzite. Volgendosi attorno poteva ora rendersi conto che si trovava su di una collina, ma, benché fosse in una posizione sopraelevata, non riusciva a prolungare oltre lo sguardo verso la vallata. Decise di muoversi, forse era il momento di fare un sopralluogo. Scese la collina scegliendo la direzione da cui proveniva il gran vociare. Raggiunse un’altra collinetta, molto più in basso, che permetteva finalmente di scrutare un’ampia pianura. A circa cinquecento metri da lui si stava consumando un vero e proprio conflitto tra due opposte fazioni. Erano state erette fortificazioni e trincee e numerose persone armate di fionde si tiravano sassi e lance. Da quello che poteva capire si trattava di civili e non di militari: ognuno era infatti vestito in modo diverso dall’altro, anzi, alcuni di loro indossavano indumenti molto colorati e bizzarri. Banco non sapeva che fare. Se fosse sceso lungo la collina, ciascuna delle opposte fazioni avrebbe legittimamente ritenuto che potesse parteggiare per il nemico e quindi lo avrebbe potuto attaccare e quello era un rischio che non voleva correre in alcun modo, dopo tutto quello che aveva già passato. Stava meditando su cosa fosse meglio fare quando sentì: «Caspitaperdincibacco! Guarda chi c’è, cara…» Banco si voltò: erano Franz e Nora. «Tutto mi sarei immaginato tranne vederti qui tra noi, giovanotto» fece Nora con un sorriso cordiale, con i suoi soliti occhialini in equilibrio sul naso aquilino. «Da dove sei sbucato?» «Lo stesso potrei dire io di voi!» sbottò il ragazzo che era contento di rivederli. Banco, dopo tanto daffare per mettersi in contatto con loro, finalmente li aveva di fronte. E dopo essersi sincerati sulle rispettive condizioni di salute, il giovane mise finalmente al corrente i due Rettori di quello che era accaduto, compreso il rapimento di Tessa, pardon, di Maredirugiada, e la fine tragica di Tago. «Ci eravamo accorti anche noi che qualcosa non quadrava con IT…» svelò Nora appoggiandosi al tronco di un albero «avevamo seguito il vostro ingresso nella sala delle feste dai monitor del nostro studio. Abbiamo così potuto notare che IT vi aveva dato da bere qualcosa e che subito dopo eravate spariti sotto i nostri stessi occhi. Siamo intervenuti immediatamente per chiedere dove vi foste cacciati e il pagliaccio ha risposto che eravate andati via usando il Gator di servizio. Ma a tale Gator non risultava nessun trasporto recente». Banco annuiva, ricordando di aver sentito quel dialogo. «Abbiamo avuto allora la conferma, purtroppo a vostre spese, che IT che era un Emissario. Così quando ci siamo accorti che si era introdotto nella soffitta della villa dove è situato il Numeratore dell’Immagine» fece Nora appoggiandosi a Franz «abbiamo indovinato che tipo di scherzo aveva in mente di farci. Voleva sovrapporci a chissà quale immagine e cancellarci per sempre». «Allora, mentre il clown era in soffitta impegnato a manipolare il Numeratore,» continuò la donna lisciandosi il vestito «abbiamo messo in atto il PERO». «Il PERO? Che c’entrano le pere?» «Il PERO, il Piano di Evacuazione Rapida Obbligatoria che avevamo provato più volte…» «Ho capito… tuttavia?!?» fece Banco che si aspettava di trovare un ‘tuttavia’ in fondo a quella frase. «Tuttavia IT deve essere riuscito ugualmente ad alterare in qualche modo il nostro trasferimento» sospirò con aria seria Nora. «Noi infatti avremmo dovuto realizzare il MELO…» Banco assunse di nuovo un’espressione interrogativa. «Massì… il Mascheramento Esecutivo di Localizzazione Occulta, insomma dovevamo felicemente approdare sull’Immagine di Soccorso 2594474BCR, denominata in codice ‘Eden’, che avevamo creato appositamente per casi come quelli, di evacuazione rapida e multipla. È un’Immagine piena di comfort, di cibo, acqua, cinema, campi da golf… e soprattutto di Gator puntati verso un gran numero di destinazioni ulteriori di fuga. E invece siamo capitati qui, forse per caso o per errore». A quel punto Franz, che era accanto alla donna, si tastò il panciotto alla ricerca di un sigaro, senza però riuscire a trovarlo. «Insomma di questo posto non ne sa niente nessuno» continuò Nora. «Ma la cosa più buffa di questo trasferimento sbagliato… è che tutti coloro che erano mascherati alla festa che tu hai visto in Sede, hanno cominciato a comportarsi in modo aggressivo, in linea con il personaggio che rappresentavano. Sembrano impazziti. Non solo, ma si sono divisi in due gruppi e hanno cominciato a farsi guerra l’un l’altro, come forsennati». «Ma per cosa si stan facendo la guerra?» s’interessò Banco. «Per la conquista di un Gator» rispose Franz che non sembrava rassegnarsi alla mancanza dei sigari. «Perché, c’è un Gator qui?» chiese il ragazzo. «Questo non lo sa nessuno… ma ognuna delle due fazioni in lotta è convinta che ce l’abbia l’altra. Si stanno facendo guerra per questo». «E voi?» fece Banco. «Siamo gli unici, per fortuna a non essere stati contagiati forse perché non eravamo travestiti. Ma ci troviamo in mezzo alle due parti contendenti senza armi, né prospettive di fuga: probabilmente su questa Immagine non c’è affatto un Gator per potersene andare» rispose Nora. «Temo che siamo condannati a stare qui per sempre». «Comunque… caro giovanotto» fece Franz sorvolando sul tono drammatico che aveva preso quella conversazione «ora nella stessa nostra situazione ci sei pure tu. E, brillante come sei, ti verrà senz’altro in mente qualcosa per andarcene via di qui. Insomma… non tutto è perduto se sei qui tra noi… giusto?» Il giovane stava per rispondere quando una sventagliata di sassi gli passò appena sopra la testa costringendolo a buttarsi a terra. Un gruppo di quattro o cinque persone armate di pietre, fionde e lance aveva tentato di fare una sortita nel campo dell’altra fazione e, scambiandoli, forse per degli avamposti, li aveva attaccati. Anche Nora e Franz, a dispetto della flemma dell’una e della grassezza dell’altro, si erano gettati nell’erba. Franz, a dir la verità, rimbalzò anche un paio di volte su se stesso. «Ma chi è che ci tira addosso?» chiese Banco frastornato. «Sono uomini di Saruman» rispose Franz coprendosi la testa. «Di chi?!?» fece Banco che non credeva alle sue orecchie. «Sì, Saruman o il tipo che era mascherato da questo signore» ribatté questa volta Nora «sta di fatto che ora si sente come lo stregone cattivo del ‘Signore degli Anelli’. Pensa che a Saruman, che comanda la fazione, si è unito Jack Lo Squartatore, Gollum e altri Soci, mentre dall’altra parte c’è Darth Fenner, Lord Voldemort, Hannibal the Cannibal e diverse altre persone sempre della Compagnia». «Ma è incredibile! Saruman contro Darth Fenner! Che si fanno oltretutto guerra tirandosi sassi?» si meravigliò il ragazzo che non sapeva se ridere o cominciare a preoccuparsi. «Però non capisco perché ce l’abbiano con noi!» si chiese l’uomo. «Fino adesso ci avevano ignorato. Ma che gli ha preso?» «Non possiamo stare qui» fece Banco per tutta risposta. E così dicendo si alzò di scatto in direzione di una casa poco distante. «Siamo troppo allo scoperto, entriamo là dentro!» «L’avevo detto io che era un ragazzo in gamba!» bofonchiò Franz compiaciuto. Nora lo guardò storto. Ma l’uomo fece finta di niente e disse: «Da dove è uscita fuori quella casa? Prima non c’era nulla lì!» «Non ci avremmo fatto caso… che t’importa?» tagliò corto Nora. «L’importante è che sia un riparo per le nostre teste!» I tre si spostarono velocemente verso la casa. Era un fabbricato modesto, a due piani, con rifiniture anonime e semplici. Sembrava uno di quei tanti edifici che possono incontrarsi in una qualsiasi periferia delle nostre città. Intanto alle loro spalle, gli attaccanti continuavano a bersagliarli con la fionda, ma non pareva che il gruppo avesse intenzione di inseguirli. Banco fu il primo ad entrare nella casa, seguito da Franz e dalla donna. Nella furia della corsa il ragazzo non pensò neppure a suonare il campanello o a bussare per sapere se casomai lì dentro abitasse qualcuno: entrò e basta. I tre, una volta chiusa la porta dietro di sé, si guardarono attorno, e rimasero a bocca spalancata. Poi all’unisono dissero: «Ma questa è casa nostra!»

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