Lottare Uniti

«‘LOTTAREEEE’… leggete ‘LOTTARE UNITIIIII’!!!»
Il ragazzo, vestito da alternativo, stava strillando sulla piazzetta di Lughi con una risma di giornali sotto il braccio.
«Leggete ‘Lottare’, organo del partito marxista-leninista!»
Per un po’ il giovane vagabondò a zig zag sulla piazzetta: nessuno si fermava per comprare. Poi, visto che io me ne stavo immobile, in piedi, in atteggiamento di attesa, si avvicinò deciso.
«Ne vuole una copia?»
«No, grazie» feci io abbozzando un sorriso. Poi aggiunsi: «certo che dovreste essere protetti dal WWF!». Ma mi pentii subito di aver fatto quella battuta.
«In che senso?» fece lui alzandosi la visiera del berretto.
«Nel senso che sarebbe come se lei vendesse ‘Lo Scoglio di Quarto’ organo ufficiale del movimento garibaldino. Dovreste essere estinti da un bel pezzo!»
Lui, a quel punto, si piazzò davanti a me divaricando le gambe. Assunse subito un’aria spavalda, squadrandomi ben bene.
«Eh già perché il signore fa il benestante e quindi dei problemi dei proletari non gliene frega un cazzo di niente, vero?»
«Non volevo dire questo… e comunque non è questo il motivo per cui non voglio il suo giornale.»
«Eh già! Perché sono sicuro che lei c’ha ‘na bella macchina, una casa arredata lussuriosamente e magari pure una bella moglie.»
«Sì non mi lamento, anche se è solo la casa ad essere lussuriosa…»
«Le sembra bello vivere alle spalle delle legittime istanze dei lavoratori?»
«Guardi, io quello che guadagno me lo sono sudato con anni e anni di studio prima e di lavoro poi, e, a bene vedere, mi bastano già le mie di istanze che vanno a vuoto. Ma le ripeto, non è per questo che non compro il suo giornale.»
«E per quale motivo non lo vuole? Sentiamo! Ha forse solo pezzi da cinquecento euro e pensa che io non abbia da cambiare o ha solo carte di credito?»mi sogghignò lui sapendo di aver fatto della ironia.
«No. E’ piuttosto per il fatto che lei ha sbagliato risma di giornali. Sta vendendo quelli della settimana scorsa.»

Il domatore di giornali

«Fermati!!!»

Quando pronunciò questa semplice parola, il giornalaio aveva aperto la sua mano e le dita a raggiera: la rivolgeva ad un quotidiano che, da lui abbandonato sulla parte prospiciente ed obliqua dell’edicola, stava scivolando giù. Io guardai, prima il gesto plastico di quel tipo che mi ricordò un domatore di leoni, e poi il giornale che, effettivamente, aveva smesso di cadere fermandosi di traverso.

«Desiderava?» mi domandò serio.

«Volevo sapere se ha ancora il numero del mese scorso di MacUser… l’ho perso andando in vacanza.»

«Venga da questa parte che controlliamo» mi rispose in modo asciutto.

«Ma le ubbidiscono sempre così i giornali?» chiesi con tono provocatorio.

Lui mi guardò fisso attraverso un paio di occhiali dalla montatura nera e spessa che andava di moda vent’anni fa.

«Il più delle volte sì» si schermì, «si figuri però che, l’altro giorno, un fermacapelli che si vendeva insieme ad una rivista per donne, mi ha morso.»

Nel seguirlo dal lato dell’edicola che lui mi aveva indicato, non sapevo se ridere oppure o no. Anche perché non avevo capito bene se si era trattato davvero di una battuta.

Nel girare l’angolo del chiosco mi imbattei in un semiarco di libri che sfidava la forza di gravità. Era impossibile che potesse stare in piedi, a meno che quei volumi non fossero stati incollati gli uni agli altri e tutta la colonna inchiavardata al marciapiede.

«Sa» mi buttò lì, avendo notato che stavo ammirando la sua pila dall’equilibrio improbabile «con i libri è più facile: con loro vado maggiormente d’accord perché sono in sintonia-»

Quando mi diede la rivista ero piuttosto confuso, mi sembrava di essere entrato in un telefilm della serie ‘Ai confini della realtà’. Decisi di pagare e di andar via. Stavo per salire in macchina quando lui mi suggerì:

«Provi anche lei: non è difficile.»

Diedi un’occhiata a quel quotidiano ancora immobile nel chiosco nella sua innaturale posizione a mezza via: sembrava sottolineare la naturalezza di quella frase. Poi lui si girò e, dopo aver posizionato una cassetta sotto il giornale in bilico, disse con voce stentorea accompagnandosi con la stessa imposizione della mano:

«Cadi!»
Preferii però non guardare e accelerai il passo.