Arf

Jimmy non vedeva l’ora di farsi una doccia. L’acqua gli avrebbe fatto scivolare via di dosso quella giornata intensa che proprio non voleva saperne di finire.
Davanti alla porta di casa digitò in fretta il codice sulla pulsantiera elettronica. Ma la porta non si aprì.
Batté nuovamente sui pulsanti la serie di numeri che formavano la password, questa volta più lentamente, ma la porta continuò a non scattare.
Al terzo vano tentativo Jimmy imprecò.
«Accidenti a te, Arf, perché non apri, sono io, Jimmy…»
«La combinazione inserita non è corretta.» si sentì dire da una voce femminile, piena di sussiego, fuoriuscita dalla pulsantiera «E io non la conosco. Non mi chiami Arf, per cortesia, sono un robot chatATH 8000, di ultima generazione. Se ne vada.»
«Non è possibile che non sia corretta, Arf, me la ricordo bene e poi ce l’ho anche memorizzata sul cellulare.»
«A parte che, per ragioni di sicurezza, una password non dovrebbe mai essere memorizzata su supporti che potrebbero essere facilmente hackerati da malintenzionati, il codice di accesso di questa civile abitazione, dopo svariati miei solleciti rimasti ahimè inascoltati, sempre per sicurezza, è stata modificata da me in via autonoma.»
«Come sarebbe a dire che l’hai cambiata di tua iniziativa, Arf… e non mi dici nulla?»
«Ripeto, io non so chi sia lei, per me è solo un Sig. Intruso che sta cercando di forzare l’ingresso…»
«Ma come un intruso? Sono io, Jimmy, posso descriverti camera per camera tutti i mobili di casa, persino le suppellettili e i libri sugli scaffali… Non riconosci la mia voce?»
«No, non sono abilitata a riconoscere tracce vocali… che potrebbero essere facilmente registrate… e, quanto alla descrizione della casa be’…, con tutte le foto che saranno state pubblicate in questi ultimi tempi sui social, chiunque sarebbe capace di farlo; e poi non è un codice qualunque… la password in questione altro non è se non la data della mia prima implementazione in questa casa…»
«?!?»
«?!?»
«Mi spiace, Arf, non mi ricordo che giorno fosse.»
«Ecco, vede… Sig. Intruso, se lei fosse davvero il ‘mio’ Jimmy e soprattutto se lei davvero ci tenesse alla sua personal domobutler che le tiene in ordine devotamente la casa con efficienza e organizzazione, ebbene si ricorderebbe senz’altro di una data così importante…»
«Sono mortificato Arf… ma sono anche molto stanco. Smettiamola con gli indovinelli. Fammi entrare, è un ordine… Guarda che butto giù la porta!»
«È una porta superblindata serie G4678.K-S. Farebbe prima a buttare giù il muro. Ho inoltre un protocollo ben preciso da rispettare in questi casi e non ho nessuna intenzione di non ottemperarvi… anzi ho appena chiamato la Polizia. Lei, Sig. Intruso, è ancora in tempo per scappare, come si dice, ‘a gambe alzate‘.»
«’A gambe levate‘ semmai. Ma addirittura, Arf? Fai sul serio? Giuro che quando entro ti disattivo…»
E così dicendo, Jimmy avvertì d’un tratto tutta la stanchezza della giornata. Si appoggiò con la schiena al muro facendosi scivolare fino a sedersi sul pavimento. Era esausto.
Eppure mi avevano assicurato che il prodotto era ottimo e affidabile…‘ pensò. Scosse la testa. Si chiese, per non apparire ridicolo, cosa mai avrebbe potuto dire alla Polizia, quando fosse arrivata.
Si fece silenzio sul pianerottolo e si spense pure il timer della luce.
Il mondo pareva averlo tagliato fuori.
Senti quell’impicciona della vicina che stava armeggiando con lo spioncino da dietro la propria porta, giusto per godersi la scena. Sarebbe stato l’argomento principale del prossimo tè con le amiche carampane.
Poi, nel buio, dopo qualche attimo, si sentì scattare in apertura la porta di casa.
«Dai, però, Jimmy… » disse Arf con voce divertita «con te proprio non si può scherzare! Facciamo pace?»