Cercava di ricordare il perché si trovasse in quella situazione. Ma anche se, a sprazzi, gli tornavano alla mente alcuni di quei motivi ora gli sembravano tutti involucri vuoti.
Nel caldo afoso dell’enorme sala un braciere di ottone sprigionava un calore stordente. La prova di iniziazione consisteva nel prendere, una dopo l’altra, tre sfere di metallo che si trovavano in una bacinella al di là della brace e portarle al Bishop. E non c’era alternativa se non passare con la mano sui tizzoni ardenti. Doveva infatti rimanere seduto e la bacinella era posizionata un poco più in basso del braciere. I tizzoni sarebbero stati sfiorati.
«Mi ustionerò» osservò il ragazzo ipnotizzato dai riflessi gialli e rossi della brace.
Mentre i due Rooks ridevano tra loro, come gli altri del resto, che però si sforzavano di non farsi vedere troppo, Checkmate, in un cono d’ombra della sala, disse in modo pacato:
«Non c’è problema, puoi sempre rinunciare, ragazzo. Diventare un Pawn non è da tutti.»
Si sentiva nell’aria l’odore puzzolente del suo sigaro. Doveva essere l’unico adulto in quella stanza e aveva l’aria di avere il pieno controllo di quanto stava accadendo. La sua faccia però non si scorgeva; lui era sprofondato in una comoda poltrona in pelle a godersi lo spettacolo.
«Crown mi ha detto che sei un tipo tosto… » continuò Checkmate con un tono della voce che stava declinando sull’irridente. «Che non hai paura di nulla… Dimostralo, allora! »
Il ragazzo pensò che se fosse stato tanto svelto da passare attraverso la luce del braciere, con un gesto rapido, forse non avrebbe sentito nulla. Aveva letto da qualche parte che la brace di legno non è un buon conduttore e che se si ha l’accortezza di non indugiare troppo non ci si scotta. È una legge della fisica dopotutto, si disse per convincersi. Ma sarà poi vero?
«Forse il novizio ha bisogno di sentire il nostro sostegno» fece divertito Checkmate dal suo angolo buio. «Forza ragazzi…»
«D-I-V-E-N-T-A U-N P-A-W-N, D-I-V-E-N-T-A U-N P-A-W-N…» scandì il primo Knight seguito dagli altri…
‘Sì’, pensò il ragazzo, ‘un gesto veloce e prendo le sfere. Non mi farò niente’.
Trattenne il respiro. L’incitamento era diventato assordante.
E così fece scattare la mano come se avesse dovuto prendere al volo una rondine. Quando affondò il braccio fino al gomito sopra il braciere ardente si accorse che le sfere non erano solo appoggiate sulla bacinella, ma appoggiavano su uno strato quasi invisibile di miele che le tratteneva come fossero incollate. Dovevano essere staccate applicando una certa forza, il che avrebbe significato perdere attimi preziosi. Il ragazzo riuscì ugualmente a portare al di qua la prima sfera, ma la bruciatura che si procurò al braccio destro era dolorosissima. Gridò di un urlo che non sembrava il suo.
«Bene, la prima sfera è stata conquistata, te ne rimangono ‘solo’ altre due…» fece Checkmate stentoreo; il tono della sua voce adesso era però indecifrabile. Gli astanti avevano smesso di chiacchierare e ridere. L’atmosfera si era fatta carica di tensione.
Il ragazzo continuava a massaggiarsi il braccio ustionato. Il dolore non accennava a diminuire. Ma non voleva mollare.
«Allora? Cosa vuoi fare?» incalzò Checkmate.
Il novizio per tutta risposta slanciò il braccio sinistro. Anche questa volta ci mise troppo tempo e il calore atroce gli bruciò severamente l’avambraccio. Anche la seconda sfera però era stata catturata.
Ora nella sala regnava un silenzio intenso, quasi religioso. Non si sentiva neppure respirare.
Prima che il cervello lo inducesse razionalmente a rinunciare, il ragazzo infilò nuovamente il braccio destro sopra il braciere per prendere la terza sfera. Ma prima di ritirare completamente il braccio si soffermò a lasciarla per qualche attimo sui tizzoni fino a farla scottare. Poi, quando non riuscì più a trattenerla tra le dita, si alzò in piedi e la scagliò con tutta la sua forza in direzione di Checkmate, lasciandosi guidare dalla brace del suo sigaro.
«Fottetevi tutti quanti!» gridò rimanendo per un attimo immobile. Poi, a passo lento, si allontanò.
Nel frattempo, tutti i componenti della confraternita si erano stretti intorno a Checkmate per dargli soccorso. La sfera bollente gli si era conficcata nell’orbita di un occhio e lui, per il dolore lancinante, era rovinato a terra con tutta la poltrona. La sfera era entrata in profondità e non c’era modo neppure di toccarla tanto scottava.
Checkmate
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