La signora che mi aiuta a tener pulita la casa, Carmela, è un autentico castigo in terra. Lei non mette in ordine, sposta gli oggetti e non toglie la polvere, la tampona. È finanche buffo quel suo modo così delicato di appoggiare lo straccio sui mobili, quasi non volesse dar fastidio o far male ad acari e pulviscoli. La sua specialità, comunque, è quella di impilare le cose. Mette gli oggetti uno sopra all’altro, prima quello più piatto e largo, poi, via via, quello sempre più piccolo e stretto, fino a creare, in un equilibrio precario, pericolanti quanto sorprendenti piramidi azteche.
“Ma perché fa così?” – le chiesi un giorno che ero disperato.
“Che diamine, per mettere a posto!”
“Certo, e cos’altro?” – risposi io, percependo tutta l’inutilità di quella domanda.
C’è poi una mia vecchia chitarra di quando ero ragazzo, appoggiata in uno spazio venutosi a creare tra la libreria e il muro: ebbene lei, anziché appoggiarla, come ci si potrebbe aspettare,riesce, non so come, a metterla esattamente in verticale tanto da farla stare in piedi sul solo bottone che normalmente serve per allacciare l’asola della tracolla. Basta che qualcuno in strada sbadigli e la chitarra comincia ad oscillare.
Una mattina, inoltre, ‘tamponando’ la polvere attorno alla tastiera del computer, ha toccato inavvertitamente il tasto di accensione. Avendo capito di aver fatto qualcosa che non andava dai ronzii sommessi che sentiva uscire da quella che lei chiama la ‘macchina infernale’, ha cominciato, per poterla spegnere, a premere a casaccio tutti i pulsanti che le venivano a tiro. Sono entrato in casa che già era apparso l’avviso ‘Vuoi davvero formattare l’hard disk? Se premi OK tutti i dati in esso contenuti andranno cancellati’.
Eppure non potrei fare a meno di lei. E’ un’istituzione, un pezzo di casa, un frammento di vita. Su cui inciampo ogni qualvolta mi viene tra i piedi.