Istanti

Il caldo schiaccia a terra i colori della campagna rendendoli opachi; spegne la loro brillantezza aggiungendo un tono innaturale al verde delle foglie, all’ambra della zolla e ai colori sensuali altrimenti vividi delle rose. Il vento raggiunge solo la cima alta del pino e lo fa ondeggiare come un gigante che scuota la testa insonnolito. È un vento distratto, svogliato, indeciso, privato com’è di nuvole da sparpagliare per gioco nel cielo immenso come pecore spaventate nella vastità di un prato, sotto questo cielo immacolato di azzurro che vien voglia di accarezzare per poter rubare una manciata di luce da conservare in tasca per le lunghe giornate d’inverno.
Il profumo del gelsomino è stordente e satura l’aria spessa per rendersi presente; ti offre i suoi fiori candidi, come frutti proibiti perché tu non ti possa mai più dimenticare di una giornata così. Pare la promessa di un oggi senza fine, di un pomeriggio che non vorrà più morire nell’abbraccio della sera.
Una lucertola mi guarda da un po’ dalla fessura del muro. Il suo muso tagliente è appena distinguibile fuori dalla tana; è ferma, prigioniera di un fotogramma fisso nel lividore del sasso bruciante. L’occhio è solo un punto nero nell’orbita indifferente.
I gatti, più in giù, sono sdraiati nell’erba in modo scomposto; sono in cerca di un refrigerio smarrito; socchiudono ritmicamente le palpebre pesanti come se rivivessero un sogno dimenticato; il movimento impercettibile della coda tradisce il loro nervosismo per la violenza del sole.
Colpisce il silenzio stralunato tra gli alberi senza ombra; ogni cosa è immobile, posata lì per caso o dimenticata per disattenzione. Non ci sono merli né storni a cinguettare sui rami e nessuno s’attarda nel proprio giardino per i lavori di fine settimana; non ci sono cicale che se la sentano di bucare con il loro verso questa quiete assoluta.
Le case lontane, oltre il fiume, sono assetate di frescura; sono iridescenti come denti vuoti di una bocca spalancata in attesa della pioggia, tremolano nella calura ardente quasi volessero spostarsi, non viste, altrove. Il vapore è ovunque e avvolge la campagna in pozze di carta sgualcita.
Mi alzo dai gradini del portico. Anche la lucertola si è mossa. Si ferma ancora per un attimo squadrandomi per un’ultima volta in obliquo e poi fugge via, lontano, come se si fosse ricordata all’improvviso che doveva esistere.

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Una giornata come un’altra

E’ odore acre di terra quello che l’aria immobile fa ribollire attorno a me. I fiori sono storditi, i merli accucciati nella pacciamatura in cerca di un improbabile refrigerio.
In cielo solo nuvole indifferenti che rendono opaco questo caldo opprimente dove le case annegano come chiatte allo sbando.
Il gatto ha movenze di sonno e nasconde a tratti il miele languido del suo sguardo.
Un telefono lontano squilla in una casa vuota, in un mondo abbandonato, in un tempo dimenticato; unicamente le cicale rilasciano il loro testardo richiamo che pian piano sovrasta il mare di fili d’erba ripiegati su se stessi e le pietre levigate dalla memoria e dai pensieri tristi.
Il tempo ha rallentato sempre più e poi si è fermato. Ha tratto un lungo sospiro lamentoso ed è ripartito.