I regali di Natale

La famiglia Allen era raccolta nella stanza che fungeva da saletta/cucina. Le dimensioni ridotte del locale assicuravano al piccolo albero di Natale, recuperato da Grange alla discarica, una certa presenza scenica. Era di plastica, con ancora la maggior parte delle palline attaccate, ma dal fascino retrò. Nessuno, comunque, né la moglie Constance, né i tre figli ancora piccoli, pareva badare all’odore di stantio e ammuffito che proveniva dai suoi rami spelacchiati.
La casa era pressoché tutta lì. Oltre alla camera da letto e al bagnetto, la saletta/cucina veniva trasformata ogni sera, con un’opera di magia di Consti, nella camera da letto dei figli. E anche se sotto l’albero c’erano solo un po’ di fantasia e qualche sospiro di troppo, l’atmosfera serena da vigilia di Natale era intatta.
Suonarono alla porta.
All’apertura si sentì un chiassoso:
«Oh oh oh!»
Era un panciuto Babbo Natale, sorridente e giocoso. I bambini si alzarono all’unisono e sotto gli occhi meravigliati di mamma e papà che non riuscivano a capacitarsi di quanto stava accadendo si misero ad abbracciare l’uomo vestito di rosso mandando gridolini di visibilio. Di lì a poco alcuni nani vestiti da elfi che si trovavano sul pianerottolo, intonando una canzone di Natale, entrarono nell’appartamentino degli Allen con sacchi pieni di giocattoli. Grange continuava a guardare in modo interrogativo la moglie e la moglie faceva altrettanto con il marito. La domanda era molto semplice: se non erano loro vestiti da Babbo Natale e neppure nessuno dei loro parenti, chi era allora quell’uomo sulla soglia di casa? E perché tutti quei regali?
Non si erano ancora ripresi dalla sorpresa che al suono ripetuto di ‘Buon Natale’ ripetuto come un’eco ossessiva, gli improvvisati ospiti erano già usciti. I figli erano come impazziti. Urlando ‘grazie, grazie’ o ‘ma questo è il Natale più bello di sempre’ avevano cominciato a scartare i regali febbrilmente mentre i genitori non sapevano cosa dire o fare, vista la gioia che leggevano finalmente sul viso dei loro bambini.
Passò qualche minuto e il campanello di casa suonò nuovamente.
«Oh oh oh!» si sentì ancora.
Era un secondo Babbo Natale. Questa volta era di colore, così come di colore erano gli elfi che erano dietro di lui e che in un attimo posarono nell’angusto locale altri sacchi ricolmi di regali.
Questa volta sia Grange che Constance reagirono.
Ci deve essere un errore’ ‘Noi non abbiamo ordinato nulla’ ‘Portate via tutto’ dissero all’uomo di colore che sembrava non capire.
I figli, che avevano sentito, si alzarono tutti insieme e li attorniarono protestando. Quello era Babbo Natale, osservarono, e stava loro portando tutti quei regali che non avevano mai avuto nelle precedenti feste.
Il Babbo Natale di colore pressoché non li ascoltò e, di lì a poco, se ne andò con i fidi elfi. Intanto i sacchi si trovavano oramai uno sopra all’altro. Un paio era addirittura rovinato sopra l’Albero spezzandolo in più parti. L’appartamento sembrava un magazzino.
Trascorse qualche minuto e un terzo Babbo Natale calatosi dal tetto salì sul balcone insieme, anche lui, agli immancabili elfi. Tra le proteste di Grange e Constance e le grida di giubilo dei loro figli furono scaricati in pochi secondi altri sacchi non appena la madre aprì la portafinestra.
Quando anche il terzo Babbo Natale se ne fu andato, madre e padre a stento riuscivano a distinguere i figli in mezzo a tutti quei doni. Li sentivano solo ridere e gridare ogni volta che ne scartavano uno. Vedevano volare in aria le carte colorate e i nastri d’oro e d’argento senza capirci più niente.
Squillò un cellulare.
«Pronto?!?» disse con voce incredula Grange.
«Sì, mi scusi sono della Babbo Natale Limited & Sons… Volevo avvisarla che per un problemino di software abbiamo portato dei regali che non sono vostri…»
«Ce ne siamo accorti… venite a riprenderveli! Subito!» fece con voce seccata Grange mentre i figli avevano smesso di scartare per ricominciare a protestare (‘Ma come, papà, i nostri regali?’)
«Purtroppo non è così semplice…» comunicò il tizio dall’altro capo della comunicazione «vede noi quest’anno abbiamo avuto l’appalto per consegnare i regali del Comune alle famiglie meno abbienti di Brentwood…»
«E allora?»
«E allora adesso si è sparsa la voce in tutta Brentwood che i regali li avete voi e che ve li volete tenere; sono arrabbiatissimi e stanno venendo a casa vostra per riprenderseli. Una pletora infuriata di mamme e bambini che oltretutto pensano che sia colpa vostra. Per ragioni sindacali e di sicurezza dei miei dipendenti non posso mandarle nessuno. Ma un consiglio ve lo do volentieri: io se fossi in voi abbandonerei la casa non prima di aver lasciata la porta aperta, però…»
Grange non fece in tempo a chiudere la comunicazione che sentì un’onda urlante di centinaia di persone che si stava avvicinando minacciosa.
«Presto Consti, prendi i bambini…» ebbe appena il tempo di dire.
Ma era troppo tardi.

Non è mai troppo tardi

Il bambino scivolò giù dal letto. Teneva ancora in mano la zampa dell’orsacchiotto che strascicava ora per un orecchio sulla moquette. Scese le scale strofinandosi gli occhi: quei rumori provenienti dalla sala, nel cuore della notte, erano davvero sospetti.
«E tu chi sei?» domandò assonnato rimanendo a metà scala. L’uomo sentitosi scoperto si drizzò. Lentamente si voltò verso il bambino.
«Ma tu, tu… tu sei Babbo Natale!!!» gridò il bambino dalla contentezza.
«Oh oh oh! Bricconcello di un bambino che si fa alzato a quest’ora?» disse l’uomo con un vocione grasso e profondo.
«Che ci fai tu qui?» gli chiese riprendendosi a stento dalla meraviglia.
«Come cosa ci faccio? Vengo a portare i regali. Dov’è l’albero di Natale?»
«L’albero, i miei genitori, l’hanno messo via da tempo. Oggi è il 31 gennaio, cosa credi, mica la vigilia di Natale». Per essere un bambino di sette anni, la logica non gli mancava.
«Il 31 gennaio? Sei proprio sicuro?»
«Certo! Sei in forte ritardo, per me ti sgrideranno.»
«Sì, può darsi. È che ho avuto un mucchio di problemi. Le maestranze degli elfi in cassa integrazione, la recessione in area Schengen…» Il bambino lo guardò con aria stralunata. «Sì, insomma, cose così… comunque questo deve essere tuo…» tagliò corto Babbo Natale allungando al bambino un pacchetto con la carta colorata e un fiocco dorato.
«È quello che credo che sia?» chiese strappandoglielo di mano.
«Penso di sì, mi hanno riferito che hai fatto il bravo e che te lo sei meritato. A meno che Luca non sia tu.»
«Sì, sì, sono proprio io. Non ci posso credere» disse il bambino abbracciandosi il pacchetto.
«Già, però, lo apri domani. Intesi? Ora vai a letto che non dovresti vedermi andar via. Anzi non dovresti neppure vedermi adesso. A rigore dovrei riportarmi via il regalo e…»
«Vado a dormire, vado a dormire subito, signor Babbo Natale… io non l’ho vista, non sono mica scemo…» disse tutto eccitato risalendo le scale di corsa e ritornando nella sua cameretta.
L’uomo, rimasto solo, si guardò ancora un po’ in giro. Scosse la testa.
«Le maestranze in cassa integrazione e la recessione in area Schengen? Te lo potevi proprio risparmiare…» mormorò la moglie che lo stava squadrando dalla porta, la spalla appoggiata allo stipite.
«Hai ragione» fece l’uomo togliendosi il berretto e la barba. «Ho proprio esagerato. È che non l’ho sentito scendere. Sono un disastro» sbuffò buttandosi in poltrona «non sapevo cosa dirgli.»
«Un’altra volta impari a ricordarti per tempo il regalo per tuo figlio…» Il marito si passò una mano sul viso, nascondendosi per un attimo gli occhi. La donna gli si avvicinò.
«Ma no, non sei andato poi così male» sussurrò lei rassicurante. «Era felice.» E immaginò il figlio nel lettino stretto al suo regalo. «E poi, rosso così, come un pomodoro, con questa pancetta buffa, sei proprio sexy.»