Non-sense

andrea-agostini-nel-blu (1)Sto aspettando da un quarto d’ora che passi la balena delle 17. È in ritardo, come al solito. Proprio oggi che devo raggiungere il nuovo Park Romero, su a Duumlandia, e contare le foglie nate sul Nuovo Eucalipto Superibrido; questa follia del censimento imposto dall’Ecomania di Stato sta facendo impazzire un po’ tutti e i Contatori di Foglie come me hanno un calendario fittissimo; per fortuna è un lavoro strapagato, anche se bisogna stare attenti perché le foglie del Nuovo Eucalipto Superibrido, com’è noto, mordono.
Jeena, la balena che già doveva essere qui, ha sostituito da poco Zelda andata in pensione per raggiunta anzianità di servizio; e sebbene non sia puntuale come l’altra è molto più performante; al Capo dei Tre Fari, dà un colpo di coda e prende il vento che vien giù dalla Valle e in un attimo raggiunge la quota di crociera superando tutto il traffico delle 18. Non si fa in tempo a mangiar lucciole candite che si vedono già le luci del balenaporto di Duumlandia. Sì, non c’è proprio confronto con quella di prima, che era simpatica e giocherellona per carità, ma antiquata; anche se la puntualità non è cosa per Jeena. Dicono tutti che si fermi nelle Insenature a causa di un capodoglio per cui ha perso la testa; se fosse vero ci sarebbe davvero da scrivere una letteraccia alla Società. Con quello che fanno pagare per il biglietto!
Certo, potrei anche buttarmi in acqua e usare queste pinne che mi sono cresciute al posto delle mani; forse farei prima ad arrivare ma non ho voglia di bagnarmi e l’acqua di questa stagione è gelida; perché mi sono fatto crescere le pinne? Per fare uno scherzo agli amici. Avevo trovato le pillole su quel sito lì, che ora è tanto di moda, come si chiama?… ah sì: Additivi & Diversivi, e non ho saputo resistere. Non c’è niente da dire: per essere delle belle pinne sono proprio belle; avrei voluto anche le pasticche che fanno crescere le branchie ma erano finite. Certo, non ho capito come si faccia a rendere il processo reversibile e tornare ad avere le mie mani di prima, ma la pubblicità diceva che era una procedura facile facile e bastava solo fare un non so che non ho ben capito. Quando mi è arrivato con la scatola il foglietto delle istruzioni era tutto scritto in Jakkar corsivo; perché solo i Jakkars sanno fare queste cose; da quando li hanno fatti venire da Plato 3 hanno inondato il mondo di pillole, pasticche e compresse dagli effetti più buffi e divertenti. Ma se si mettono a parlare o scrivere non li capisce mai nessuno anche se a loro non importa niente perché tanto vendono lo stesso (e pure tanto), guadagnando un sacco di chiodi di garofano di cui sono ghiotti.
Va be’, nell’ipotesi che le pinne fossero irreversibili vuol dire che mi taglierò entrambe le mani e starò una settimana a casa il tempo sufficiente che mi ricrescano. Certo, se avessi saputo per tempo che mi avrebbero proposto il lavoro di Contatore di foglie, laggiù a Park Romero, non avrei preso quelle pillole; contare le foglie con le pinne infatti è oltremodo complicato e mi prendono tutti in giro perché non faccio altro che perdere il conto e iniziare da capo.
Ah, ecco che sta arrivando la mia balena… corro a prenderla.
Ci vediamo allora domani o fra un anno… Mi han detto infatti che l’Eucalipto Superibrido è alto 86 metri e di foglie deve averne un fantastiliardo. Che se ne faranno di un Eucalipto così alto non si sa. Anche se il gusto di patatine fritte delle foglie è particolarmente notevole.
OK, ora vado: ci si prende, allora.

(Nessuna balena è stata maltrattata durante la redazione di questo racconto)

* * * *

Si parla di Spiro Tanz anche qui:

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All’ombra degli alberi

baobab

«Avevi proprio ragione» gli disse Mario stando sulla soglia della camera da letto. «Pensavo mi volessi prendere in giro.»
Philo allungò entrambe le mani su quella scena curiosa come volesse dall’amico una spiegazione. Ma dovette constatare che non ne aveva neppure lui. Poi, siccome lo vedeva starsene a bocca aperta senza riuscire ad aggiungere altro si sentì in dovere di riempire quel silenzio:
«Quando sono tornato dal lavoro era già così. La pianta, da quello che ho potuto notare, guardando sotto il letto, ha bucato la soletta di cemento del pavimento, le doghe del letto, il materasso e le coperte. E sta ancora crescendo…» L’alberello fuoriusciva infatti dal piumino color ghiaccio, steso sul letto matrimoniale come una nuvola: aveva un andamento importante e forte, con un fusto di una ventina di centimetri di diametro; dalla cima aveva appena gettato un ciuffo di rami rigogliosi ricadenti verso il basso.
«Cosa aspetti ad abbatterlo? Che ti arrivi sino al soffitto?»
«Sei matto? Ho fatto una ricerca su internet. Ho scovato il video di un tizio in Sud Africa che ha segato un baobab cresciutogli attraverso la tavola da pranzo. Non l’avesse mai fatto! Dalle radici, divenute più forti dopo la drastica potatura, sono cresciuti tanti polloni che hanno dato vita, a loro volta, ad altrettanti alberi. La foresta di baobab che ne è nata gli ha distrutto la casa.»
«Beh, allora meno male che il tuo è cresciuto solo da un lato del letto, così almeno puoi dormire nell’altro…» e si sforzò di ridere senza riuscirci.
«Il problema, piuttosto, sarà rifarlo, il letto…» fece invece serio Philo scrollando la testa come se dicesse ‘proprio a me doveva capitare’. «Per via delle lenzuola, intendo dire, delle coperte e tutto il resto…»

Passarono alcune settimane da quel giorno. Mario, una sera, andò a trovare nuovamente l’amico.
«Come sta il tuo albero? Ci sono novità?» gli domandò appena lo vide comparire sull’uscio.
«Ha sfondato il soffitto ed è finito in mansarda: se continua così si aprirà un varco sul tetto» gli rispose Philo facendolo accomodare.
«Però mi sembri soddisfatto, o sbaglio?»
«Ma sì, ti dirò, lo trovo molto ecologico e devo ammettere che da quando c’è l’albero dormo molto meglio. Dovresti provare.»
I due amici trascorsero una bella serata insieme, come spesso accadeva. Poi, verso mezzanotte, Philo si alzò dalla poltrona.
«Bene, amico mio, ora scusami ma domani per me è una gran brutta giornata.»
«Sì, lo capisco, figurati, anche per me sarà impegnativa» e si avviò verso la porta.
Mario stava ancora camminando sul vialetto di casa quando Philo si calò in testa un casco da football americano.
«E con quello che ci fai?» gli chiese Mario che si era voltato per salutare l’amico.
«Mi preparo per la notte. Ah… non te l’ho detto? La pianta è una palma. Con questo indosso almeno non rischio che una noce di cocco mi spacchi in due il cranio mentre dormo…»

L’acqua tra le mani

Non aveva voglia di far tanta strada. Così, quando si trovò all’altezza del curvone, lasciò lo sterrato e tagliò per i campi. Sarebbe passato sul fieno lasciato ad asciugare da frau Elga e sul campo di quell’attaccabrighe del vecchio Ebner, ma a quell’ora, forse, non avrebbe incontrato nessuno e sicuramente avrebbe risparmiato una buona mezz’ora. Del resto gli piaceva camminare tra quelle colline, dove la valle si apriva come un fiore profumato e le montagne, in lontananza, si tingevano di viola. Superò il mulino di Blaupflug e ripiegò per il torrente gonfio per le recenti piogge. Ne approfittò per lavare il coltello, usato per il pranzo, e lo asciugò sulle piante basse di mirtillo.
«Che cosa si prova a sentir l’acqua tra le mani?» sentì dire.
Il contadino si spaventò. Si rizzò rapido in piedi impugnando saldamente il coltello. Sapeva che non l’avrebbe usato, ma mostrarlo all’aggressore gli sarebbe stato d’aiuto. «Deve essere una bellissima sensazione. Morbida, fredda, liberatoria». L’uomo si voltò più volte su se stesso. Non si capiva da dove provenisse quel suono, anche perché il vento mischiava le direzioni. «Con le mie radici non sento invece nulla» disse ancora la voce. «Ne traggo solo sostanza e nutrimento, ma niente più». L’uomo si chinò verso la base del larice che bucava la superficie del prato raggiungendo la spuma del torrente. «E camminare? Dimmi, cosa si prova a camminare?» — proseguì il suono — «E vedere paesaggi sempre nuovi? Cosa sarà mai viaggiare, inseguire i tramonti, le nuvole, i profumi».
L’uomo si protese verso il tronco. Difficile dire se la voce provenisse di lì o da qualche altra parte. Sembrava piuttosto attorno a sé. «Parlami allora del sognare… So che è come vivere un’altra vita, senza aver peso o vincoli; è come essere a tu per tu con l’essenza delle cose, come parlare con gli angeli e librarsi in volo come fanno i desideri dei bambini…»
L’uomo, con la punta del coltello, mosse appena appena una radice dell’albero che pescava morbida nel flusso della corrente, come potesse ritrarsi. Poi, senza un perché, la troncò di netto con la lama affilata. E di lì a poco uscirono alcune gocce di sangue.