Scendo alla prossima

fonitFinalmente l’aveva trovato. Si trattava di un’incisione rara, della Fonit Cetra, con ancora la sua custodia intatta; il vinile era in ottime condizioni e l’uomo della bancarella, un tipo giovanile dall’aria di voler fare mercato solo per hobby, gli fece un ottimo prezzo. A volte gli accadeva di trovare tra quei banchi qualcosa di interessante, ma questa volta era certo di aver fatto un affare.
Arrivato a casa, estrasse il disco dalla copertina con estrema cura. L’avrebbe trattata e rimessa in sesto in un secondo momento. Controllò invece subito, sotto una luce diretta e con la lente di ingrandimento, se i solchi fossero rovinati o se fossero presenti graffi o raschiature. Trattenne il respiro. Dopo un controllo accurato il vinile gli risultava perfetto. Un vero colpo di fortuna. Usò lo speciale dispositivo a iniezione d’aria per togliere lo sporco grossolano, poi il famoso spray che aveva comprato a Londra per i granelli infinitesimali finiti nei solchi, e quindi il panno speciale elettrostatico di nuova concezione utilizzato dalla NASA nei viaggi spaziali e infine altri due o tre tessuti per la lucidatura e brillantatura calibrata. Ci impiegò un’ora, ma al termine di tutte quelle operazioni, il disco sembrava nuovo.
Esaminò l’incisione in rilievo sull’anello interno della facciata principale. ‘1947’ c’era scritto oltre ad altre due sigle alfanumeriche che verificò essere relative a quel periodo di produzione della Fonit, alla sala di incisione e all’artista. Sì, non c’era dubbio: il disco era autentico. Non restava che ascoltarlo.
Andò nella sua sala e accese il giradischi da migliaia di euro. Le potenti casse risposero all’unisono mostrando il led verde. Sistemò con cura il disco sul piatto e con il telecomando fece partire il braccio. Il giradischi eseguì diversi check verificando che tutto fosse pronto e poi il braccio si alzò morbido a ricercare il bordo del disco; si fermò per aria sulla sua verticale e quindi lentamente adagiò la testina sul vinile. In un attimo, per la casa, come provenissero da un’altra epoca, si sprigionarono note dolcissime secondo le tonalità e le registrazioni del tempo; un’atmosfera calda e suadente stava viaggiando nei decenni. Non ci poteva credere: stava ascoltando un brano di cui, tra gli esperti, si era sentito solo favoleggiare e che alcuni ritenevano addirittura non esistesse neppure; il suono era preciso, pulito, netto, senza fruscii o rumori che lo offuscassero. Si sentì commuovere. Terminato il brano lo rimise daccapo, azionando il telecomando. Lo ascoltò di nuovo e questa volta con gli occhi chiusi. era rapito e sedotto profondamente da quell’ondata di emozioni. Andò a cercare nella libreria il catalogo che riportava le edizioni di quell’artista: la quotazione per quel fox trot era da capogiro. Ascoltò di nuovo il pezzo e poi ancora e ancora ed era sempre più avvolgente. Quindi si alzò dalla poltrona, si risedette e si rialzò. Era nervoso. Ora voleva sentire la facciata B. L’etichetta diceva che il brano si intitolava ‘Accadde domani’ ma il catalogo indicava che la facciata B sarebbe dovuta essere ‘Rose d’autunno’ composta lo stesso anno. ‘Forse si tratta di un’edizione ancora più rara‘, si disse. Fece partire il giradischi: il pezzo era notevole, maestoso, struggente e soprattutto sconosciuto.
Lo doveva dire a qualcuno. Pensò a Luca, che come lui aveva la stessa passione. Il pezzo era terminato e il disco girava a vuoto sul piatto; prese il telefonino e compose il numero. Stava per completarlo quando una voce strozzata dal pianto e dalla disperazione uscì dalle casse come da una tomba:
«Aiutatemi vi prego, aiutatemi… sono trattenuta con la forza. Mi uccideranno, lo so… come faranno i miei bambini senza di me? Vi prego, venite a liberarmi, sono qui nell’ex rifugio antiaereo di via…»
(click)
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hat_gy
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