Una notte, all’improvviso

«Cos’è stato Aldo…?» fece la donna svegliandosi di soprassalto. «Aldo, mi senti? Cosa è stato?»
«È il terremoto cara, dormi, adesso smette.»
«Non c’è mai stata una scossa così lunga però, ma che succede?»
Entrambi si erano seduti sul letto. Erano intontiti dal sonno. Tutta la stanza si muoveva.
«Ecco vedi, ha smesso.»
«Ma che ore sono, albeggia?» chiese lei avendo notato fuori dalla finestra un chiarore montante.
«Non è possibile, sono le due del mattino.»
Entrambi, un po’ a tentoni, benché conoscessero bene la propria camera, scesero dal letto e si accostarono al vetro della finestra.
Il chiarore diventava sempre più forte.
«È una bomba atomica, Aldo, hanno fatto esplodere una bomba atomica… non guardare dalla finestra, chiudi gli occhi» redarguì lei girando la testa di lato.
«Ma cosa dici? Sei la solita catastrofista» fece lui sostenendo lo sguardo in direzione della luce divenuta di colpo accecante.
«Oddio, non ci vedo più… Emma» fece poi retrocedendo e cadendo nuovamente sul letto. «Non ci vedo più.»
«Te l’avevo detto di non guardare…»
In quell’istante la finestra andò in frantumi sfondata da un’aria calda e malata. Sul pavimento precipitò una grandine di grumi di vetro.
«Se è una atomica allora dobbiamo andare subito in cantina…» osservò lui muovendo solo le braccia in direzione della porta.
«Non ce l’abbiamo una cantina, testone» fece lei sedendogli accanto e accarezzandogli il volto. «Ti ricordi? Quando abbiamo scelto questa casa dicesti che non avevamo bisogno di una cantina perché, sono le tue parole precise, tanto il vino alla nostra età non lo beviamo più…»
«Allora moriremo?»
«Sì… tanto non c’è modo di sopravvivere a una bomba atomica…»
«Credo anch’io»
«Ehi, perché quella faccia? Non avrai mica paura di morire…» domandò lei abbozzando un sorriso amaro.
«No, abbiamo avuto insieme una vita piena e felice. È che mi dispiace che io non possa vedere per un’ultima volta il tuo viso…»
«Però mi puoi abbracciare.»