Sopra il campo verde di grano

Percorrevo la statale che da Collefili s’inoltra fin verso Lughi, passando tra campi gialli di colza e verdi di tenero grano. Il cielo si stava rabbuiando. Nubi sempre più scure spegnevano quel poco di luce che cercava strenuamente di resistere in quel pomeriggio inoltrato. Avevo accelerato l’andatura perché odio guidare sotto la pioggia e ciò che quelle nuvole promettevano era un violento nubifragio. Avevo appena superato la Cascina Nordio quando dalla mia destra, rapidissimo, passò ad una decina di metri di altezza un airone. Aveva le ampie ali aperte, le zampe protese all’indietro, il collo allungato. Sembrava un angelo misterioso che aveva fretta di portare una lieta novella. Non resistetti: accostai all’altezza della pieve. Una volta sceso feci ancora in tempo a osservare come la sua figura si stagliasse bianca contro quel cielo irreale, contro quell’onda limacciosa che minacciava di volerla inghiottire, unica macchia innocente nell’aria rugginosa di tregenda. Poi un botto. Mi girai preoccupato per il fulmine. Ma realizzai subito che non c’era stato il lampo. C’era sì un tramestio sommesso di tuoni confusi, ma era ancora lontano. Recuperai la vista dell’airone che adesso era molto più in giù, all’altezza di un’altra cascina. E lì vidi che c’era anche un uomo, nell’aia, che, imbracciato il fucile, gli stava sparando. E poi sparò ancora e un’altra volta ancora. L’uccello fece ala ripiegando sulle vigne, senza scomporsi, sfruttando un forte vento che si era alzato in quota, per poi sparire oltre le quinte viola delle colline. Non avevo fatto in tempo a rallegrarmene che, sopra alla mia testa, seguendo esattamente la stessa rotta, saettò morbido un secondo airone, sempre con le ali larghe ad accarezzare la brezza insistente. Appena dietro, il suo piccolo batteva forte le ali per stare al passo del genitore. Avrei voluto urlare per spaventarli e non farli finire sulla direttrice del cacciatore, ma non c’era nulla da fare. Anche perché in quello stesso istante iniziò a piovere dapprima gocce grosse come olive e poi, appena dopo, scrosci potenti. In un attimo sparì il verde intorno, la cascina del cacciatore, gli aironi. Tutto fu inghiottito da righe bianche d’acqua che sbattevano con violenza sulla strada e sulla mia testa scoperta. Per un po’ rimasi lì per vedere cosa stesse accadendo. Sentì gli spari, ma non era possibile distinguere più nulla. Risalii in macchina. Ero completamente fradicio.