La postierla

«Non far passare nessuno da questa postierla, è chiaro soldato?»
«Sì, Signore!»
«È molto improbabile che la conoscano, ma tu proteggila ugualmente a costo della tua vita, è chiaro soldato?»
«Sì, Signore!»
«Se vedi arrivare qualcuno dall’erta, suona la tromba e noi accorreremo, mi sono spiegato soldato?»
«Sì, Signore!»
Samuele si stava chiedendo perché mai l’Ufficiale Sconciabudelle gli gridasse nell’orecchio in quel modo; l’avrebbe sentito benissimo anche se fosse rimasto in caserma. Assentì comunque con forza, caso mai ce ne fosse ancora bisogno.
In cielo si era intanto affacciata dalla collina una grassa luna piena cosicché, quando l’Ufficiale se ne andò via pomposamente, la campagna gli apparve ancor più desolata.
E ora eccolo lì, in cima a una salita che neppure i muli avrebbero scalato, a ridosso di un’apertura nelle mura sconosciuta al mondo intero e da dove un soldato sarebbe potuto entrare a mala pena solo di fianco, tanto era stretta. Una porticina massiccia, oltretutto, di cui non era in possesso neppure della chiave.
Se vedi arrivare qualcuno dall’erta, suona la tromba…’ faceva presto a dirlo lo Sconciabudelle! Non aveva mai preso in mano una tromba, lui. Non la sapeva suonare. Né qualcuno glielo aveva mai chiesto se l’avesse saputo fare. Certo, lui avrebbe potuto anche avvertire, ma lo avrebbero solo punito. Ne era sicuro. E poi gli Ufficiali non dovrebbero già sapere tutto?
Sospirò. Sarebbe passato anche quel turno. Anche se non aveva fatto in tempo a mangiare e la divisa era ancora quella ruvida invernale e avrebbe avuto senz’altro caldo.
Sconciabudelle!’ Aveva sentito che l’Ufficiale il suo soprannome se l’era guadagnato una volta che per rabbia aveva dato un pugno in pancia a un soldato che era finito per terra con tutte le budella sparpagliate nella polvere…

Con il passare delle ore si rilassò un poco.
Prese a seguire le evoluzioni di un falco che aveva scelto quel poggio come terreno di caccia. La ricerca del rapace era coscienziosa, a cerchi concentrici; prima sulla sua testa, poi un poco più a est, poi ancora più a sud e quindi ricominciava. Verso mezzogiorno era sparito. Gli augurò di aver trovato quello che cercava.
Poi si mise a pensare che, a quell’ora, poteva essere con Niccolò, al fiume, a pescar trote. A lui piaceva pescare le trote. Avevano da poco trovato un nuovo posticino ed erano grosse e saporite. Certo, se ora con lui ci fosse stato proprio un amico come Niccolò, il tempo sarebbe passato in un baleno, tra battute e risate. E poi non sentiva più la spalla. Il fucile che aveva in dotazione era pesante e troppo lungo per la sua statura. Quasi toccava terra con il calcio. Se solo avesse potuto appoggiarlo per cinque minuti! Sfortunato com’era, però, lo Sconciabudelle l’avrebbe sicuramente saputo e l’avrebbe orribilmente punito come sapeva fare lui.

Poi si accorse che il turno era cessato senza che si vedesse nessuno per il cambio. Non ci voleva pensare che si fossero dimenticati di lui. Ingannò il tempo mangiando qualcosa della sua razione. Gallette, gallette, gallette, con quella cosa grigia da spalmare sopra che nessuno aveva mai scoperto cosa fosse.
Cominciava ad essere davvero stanco, sfinito dal caldo e dalla fame. Da est stavano salendo le ombre della sera. Come avrebbe potuto andare via di lì se nessuno gli dava il cambio? Non era neppure pensabile.
E ora doveva fare anche pipì. Aveva urgente bisogno di fare pipì.
Cominciò a ballare sul posto. No, non avrebbe resistito. Forse dopo tutto, ci avrebbe messo qualche secondo; cosa sarebbe stato mai? Non c’era nessuno a vista d’occhio. Lo sapevano tutti che non sarebbe passato mai nessuno di lì. Stava solo facendo la guardia ai sassi e ai cipressi selvatici. E poi sarebbero bastati pochi attimi e si sarebbe liberato! No, non poteva farsela addosso.
E, quando ancora si stava imponendo che non poteva lasciare la posizione di guardia, il suo corpo agì in modo autonomo. Si girò verso la postierla e fece acqua. Aveva ragione. A sedici anni si riesce a far pipì anche in pochi secondi. Ma quando si girò c’era almeno una ventina di soldati nemici che stavano puntando il fucile verso di lui. Non li aveva sentiti arrivare ed era un mistero come avessero fatto a venir su da una salita simile senza farsi vedere o sentire e in così poco tempo. Aveva ancora la faccia stupefatta quando i soldati spararono all’unisono contro di lui come fosse stata una fucilazione, facendolo sbalzare all’indietro contro la postierla che si imbrattò di sangue.
In un attimo, il suo corpo fu gettato giù dalla discesa dai militari e la postierla abbattuta.
E l’esercito di liberazione dilagò in città.

El Diablo

paracaduteIl Generale di Brigata stava picchettando con le nocche sul pianale della scrivania. Guardava fuori dalla finestra come volesse prendere ispirazione dalle nuvole di passaggio. Il Colonnello, seduto davanti a lui, non aveva più saliva da deglutire e se si fosse spostato anche solo di un millimetro dal filo della sedia sarebbe senz’altro caduto.
«Lei si rende conto che è il terzo militare che muore in un modo così orribile?» Il Colonnello assentì silenziosamente. Era almeno mezz’ora che stavano discutendo di quell’argomento. La interpretò come una domanda retorica che non reclamasse, almeno per il momento, una risposta che peraltro non c’era.
«Ma lei che indagini ha fatto?» insistette.
Anche questa era una richiesta che aveva già sentito innumerevoli volte. Ma questa volta era stata formulata in modo tale da necessitare di non starsene zitto.
«I paracadute, i primi due voglio dire, provengono dal Centro Militare di Piegatura di Giassona, Signor Generale…»
«E quindi?» fece l’altro ricominciando con quel suo fastidioso batter di nocche.
«E quindi pensando che ci fosse un sabotatore ci siamo rivolti al Centro Militare del Nord-Ovest con il risultato però che il giorno dopo un paracadute non si è aperto ugualmente…»
«E così salgono a tre, le morti inspiegabili…»
«Sì, Signor Generale, a tre… è corretto.»
«E io che cosa racconto a quelle tre povere famiglie che ci avevano affidato i loro ragazzi?»
Il Colonnello pensò che a questa domanda insidiosissima era meglio non replicare potendo essere sufficiente fissare le piastrelle del pavimento.
«Cosa gli racconto, IO, eh?» perseverò implacabile il Generale alzando la voce. Il Colonnello avrebbe voluto essere proprio quella nuvola lassù che transitava velocemente nel cielo.
«La cosa più sconcertante, da quanto sembra emergere dal rapporto della Commissione Interna, è che i paracadute, sia quello dorsale che quello ventrale, erano stati ricontrollati dal suo reparto anche prima del volo e che il contrassegno di sicurezza, quello che viene inserito nello zaino del paracadute dall’addetto alla piegatura (con su scritto giorno, ora, nome e cognome dell’addetto e relativa matricola) era regolare, mentre dopo la tragedia su quello stesso contrassegno ci sarebbe stato scritto invece “El Diablo”. Me lo conferma?»
«Lo confermo, Signor Generale, lo confermo.»
«Ma che scherzo è mai questo? Chi ha manomesso i paracadute?»
«Nessuno Signor Generale. I paracadute sono conservati sino a pochi minuti prima del lancio in un apposito locale piantonato da ben due militi!»
«Come nessuno!?!» urlò il Generale dando una manata sul pianale della scrivania che fece tremare i vetri della finestra. Sembrò masticare le parole che non riusciva a pronunciare, poi esplose: «Colonnello, esigo da lei, e ripeto E-S-I-G-O, che lei metta fine immediatamente a questa strage.Ribadisco:  I-M-M-E-D-I-A-T-A-M-E-N-T-E. Ne va del buon nome della sua Caserma e, perdio, anche del mio! Non ci voglio rimettere le mostrine per colpa sua. HA CAPITO BENE?»
Fiutando il tono da commiato, il Colonnello balzò in piedi sull’attenti. «Signorsì, Signor Generale» urlò guardando il soffietto. E, prima che l’altro aggiungesse qualcos’altro, scappò via.
[space]
«Mi devo congratulare con lei, Colonnello. La credevo un incompetente e invece mi ha risolto il problema. Sono favorevolmente impressionato. Sono passati sei mesi e nessuna altra tragedia si è verificata. Come ha fatto?»
«A mali estremi…»
«Non mi dica che si è rivolto alla vicina base americana e ai loro esperti? Mi compiaccio Colonnello, ottima scelta, lei farà una brillante carriera, davvero e…»
«No, Signor Generale… niente base aerea americana…»
«Ah no? Ma sì, ci sono! Ha fatto fare ai suoi un corso apposito di piegatura di paracadute, giusto per essere autonomi e stroncare sul nascere…»
«No, Signor Generale, i paracadute provengono dal solito Centro Militare di Giassona… »
«Ah… e allora?» chiese deluso.
«Allora mi sono rivolto a Mario.»
«Mario?»
«Sì, volevo dire don Mario, il cappellano militare. Gli ho fatto benedire con l’acqua santa i paracadute prima di ogni utilizzo.»
«Davvero?» fece incredulo il Generale.
«Davvero! Quando, a contatto con l’acqua benedetta, i paracadute hanno preso a sfrigolare e a muoversi come tocchetti di capitone sopra una griglia ho capito di essere sulla buona strada!»