La cintura di sicurezza

«Signor Leo, buongiorno, come sta?» chiese una voce squillante con finta premura.
Leo, aveva un berretto floscio in mano e se lo passava tra le mani come fosse uno strofinaccio. Era impacciato, come sempre, e lo dava a vedere. Era anche sudato, persino nella barba di un paio di giorni che gli velava le guance. Il caldo di quella giornata non lasciava poi requie e la sua stazza appesantita non lo aiutava.
«Grazie signor Giulio, sto bene…»
«Qualche guaio alla macchina che le ho venduto?» Giulio aveva i suoi soliti occhietti mobili e furbi da faina pronta a sgusciare non vista da dietro il pollaio. Aveva uno stuzzicadenti tra le labbra che subito si tolse per poter parlare meglio. «Glielo avevo detto, prima di venderla, che era una macchina… come dire… ”vissuta”…» lo anticipò puntando lo stuzzicadenti rosicchiato contro di lui come fosse uno spillo avvelenato.
«Sì, sì… vissuta…» ripeté Leo già pentitosi di essere venuto in officina.
L’addetto allo sportello, al di là del bancone, stava pazientemente aspettando che il capo venditore finisse di parlare. Agitava un foglio probabilmente da consegnare a Leo, ma lo faceva con discrezione e soprattutto in silenzio.
«Le avevo anche spiegato che il costo del veicolo era basso perché aveva subito un sinistro stradale… si ricorda?» proseguì Giulio guardandosi attorno come se aspettasse l’arrivo della guardia di finanza. «È stato messo a punto, certo, ma rimane quello che è… Però, sicuramente lei, come le assicurai a suo tempo, ha fatto un ottimo affare, come si conviene del resto nella mia concessionaria: deve esserne davvero soddisfatto.»
«Sì, sì, sono soddisfatto, per carità, signor Giulio, e poi me lo aveva anche detto… certo… anzi la ringrazio ancora… è stato schietto e onesto… solo che…»
Il ragazzo dall’altra parte del banco nel frattempo aveva riposto il foglio da un lato e si era messo a lavorare con il computer.
«Solo che…?» domandò Giulio abbassandosi all’altezza di Leo quasi volesse staccargli un orecchio a morsi.
«Solo che c’è questa cintura di sicurezza, lato posteriore destro, che quando salgo in macchina si mette a suonare… non dovrebbe… ci sono solo io alla guida… ed è proprio fastidioso.»
«Certo, ho capito…» fece Giulio rimettendosi lo stuzzicadenti in bocca e raddrizzandosi. Dalla sua altezza scorse in lontananza una coppia di mezza età che stava entrando nello spiazzo antistante la concessionaria: ‘uhmm… probabili clienti‘, pensò. Sorrise, ma ne uscì fuori un ghigno. «È il sensore…» sentenziò lui poi con un tono da commiato «è diventato troppo sensibile… ma nulla che questa officina non possa aggiustare con gentilezza e sollecitudine…» fece sbattendo con rumore il palmo aperto della mano sul pianale del bancone. L’addetto ebbe un soprassalto: smise subito di digitare alla tastiera e riprese in mano il foglio.
«Ma no, vede…» disse quasi scusandosi Leo «…è che, dopo un po’, l’allarme cessa e trovo la cintura innestata… come è possibile?»
Giulio guardò serio il cliente. Si rabbuiò.
«Ha detto la cintura di sicurezza posteriore destra, vero?» si accertò mettendosi per un attimo la mano a coprirsi la bocca.
«Sì. È esatto.»
«Dunque…» fece Giulio abbassando il grosso braccio sulle spalle tozze di Leo e portandoselo da una parte. «Vede… quando ci fu l’incidente…» disse mormorando appena «… la persona che morì sul colpo… era una donna che sedeva proprio dalla parte che dice lei… era senza cintura. Lei capisce bene che ora, ogni volta che sale, preferisce mettersela…»