Due gocce d’acqua

«Cosa abbiamo?»
Wilburn era arrivato di corsa, i capelli spettinati, gli occhi stanchi. Solo la divisa era in perfetto ordine.
Jack lo vide arrivare, ma lo aspettò comodamente appoggiato al muro.
«Un Jögger 1600, impazzito!» gli rispose quando era a una distanza tale che avrebbe potuto sentire la sua voce grave.
«Perché, ne fanno ancora?» domandò Will guardando in alto in direzione del terrazzino del nono piano della palazzina di fronte dove un geminoide urlante, stava buttando in strada tutto quello che gli capitava a tiro.
«No, li hanno ritirati dal mercato da almeno vent’anni. Se ne trovano solo al mercato nero. Fanno quasi lo stesso lavoro dei roboidi moderni ma costano un decimo. Un surrogato perfetto, se non fosse…»
Will era come ipnotizzato dalla scena che aveva sotto gli occhi. Da lontano l’illusione che si potesse trattare di un umano, nello specifico di una donna, era pressoché perfetta.
«Se non fosse…?» incalzò il sovrispettore che aveva sentito zittirsi improvvisamente il collega.
«Se non fosse che, per qualche motivo ancora sconosciuto, quando meno te lo aspetti, danno fuori di matto… e diventano pericolosi.»
«… pericolosi… » fece eco Will non distogliendo lo sguardo dal terrazzino «…  e ovviamente al mercato nero si sono persi il telemetro per disattivarlo a distanza.»
«Ovviamente.»
Seguirono alcuni attimi di silenzio.
Si udiva solo lo Jögger che sbraitava invettive contro la proprietaria. Aveva appena sradicato dal muro la caldaia termica e l’aveva fatta volare giù di sotto senza alcuno sforzo. Ora era il turno dei vasi dai fiori. Uno aveva appena centrato il parabrezza di una costosissima Hoover Stunt mandandolo in frantumi.
«Cos’è che attira così tanto la tua attenzione, Capo? È solo un ammasso di metallo sintetico» gli chiese Jack che conosceva bene il suo partner.
Per un po’ il sovrispettore Wilburn stette zitto, poi disse: «È che da qui assomiglia tanto a Carla, la mia povera moglie… soprattutto quando si arrabbiava… aveva quel piglio lì… che mi piaceva tanto» fece con la voce incrinata dall’emozione.
Passò ancora qualche secondo; continuavano a piovere sedie e suppellettili.
«Che dici allora Capo… lo abbattiamo? La faccenda si sta facendo critica» chiese Jack tirando fuori dalla macchina il fucile di ordinanza, giusto per rompere l’imbarazzo del momento.
«Sei impazzito?» gli chiese Will. «Le conosci le regole, no? Solo quando diventano pericolosi per gli umani e non mi sembra che quella…»
«Poco fa ha buttato giù un gatto… la signora Miggersmith ci teneva molto…»
Will si girò a guardare il sottoposto. Era serio e ora stava fissando anche lui il terrazzino. A Will non gli era chiaro se stesse scherzando oppure no. Jack era fatto così. Faceva le battute di spirito stando serissimo per poi dire le cose più serie sorridendo. Ma non era sempre così.
«In ogni caso un gatto non è una persona…» sentenziò Will rendendosi conto di quanto suonasse ridicola quella frase.
«Per alcuni lo è…» insistette Jack che continuava a essere serio.
«Faremo invece al solito modo… come da protocollo… non vorrai avere una denuncia del Sindacato Androidi, vero? Sai che scocciatura sarebbe. Lascia lì l’arnese e andiamo.»
I due arrivarono in un attimo al nono piano della palazzina. L’anziana signora Miggersmith era sulla soglia in attesa.
«Avete fatto il vostro comodo, eh? E intanto quella mi sta sfasciando tutta la casa…» li rimproverò l’anziana.
«Sì, buongiorno anche a lei, signora… guardi che lo Jögger l’ha comprato lei… e nonostante il divieto di legge: dovremmo farle la multa» gli ribatté Jack passandole sui piedi.
«E questo cosa vuol dire?» fece la donna irrigidendosi e indurendo la voce.
I due poliziotti erano già entrati circospetti cercando il terrazzino.
«E allora voi che ci state a fare? Lei è proprio un insolente caro giovanotto! Lo sa?» alzò la voce la signora Miggersmith, per farsi sentire senza però mollare la presa sulla maniglia della porta.
Appena il geminoide vide i due poliziotti scavalcò rapidamente la ringhiera e si buttò giù dal nono piano. Cadde malamente.
Il sovrispettore Wilburn e il gerente scelto Jack si sporsero dalla balaustra a guardarlo mentre si rialzava a fatica. Una gamba si era storta nella caduta e stava rilasciando liquido bluastro.
«È spacciato» sentenziò Jack, questa volta sorridendo. «Non esistono più sul mercato i pezzi di ricambio, né tantomeno quel fluido.»
Will rimase un po’ lì a guardare l’androide che, zoppicando, si stava allontanando a fatica. Lasciava dietro a sé una triste macchia scura.
«Andiamo, Capo?»
«Peccato… potevamo arrestarla e chissà… una volta riconvertita, con un adeguato programma educazionale, io avrei potuto…»
«Potuto cosa, Capo?» chiese Jack spazientito per quelle parole.
«Sono… sono davvero due gocce d’acqua, Jack… davvero» disse Will sporgendosi ancora di più per vedere meglio l’androide.
«Quello che stai dicendo, Capo, lo trovo molto morboso… con tutto il rispetto.»
«Hai ragione… Jack» ammise. Poi riprendendosi: «ti va un cheeseburger?»