Ovidio e il culturista

crisantemi«È successo proprio ieri, le dico, è caduto.»
Il Responsabile Eventi del Comune guardava in lontananza il piazzale con i suoi finti persol a specchio. Sembrava parlasse con i piccioni.
Il titolare della ditta Gennaro & Figli, Riparazioni di ogni tipo, era accanto a lui, le mani dietro la schiena in segno di resa; guardava nella stessa direzione del Responsabile, in attesa di capire.
«E, nel pomeriggio, fra poche ore, su questo stesso piazzale…» sospirò il Responsabile sbirciando il cellulare simil iphone «…c’ho la cerimonia della consegna delle targhe… con centinaia di invitati e tante personalità.»
«E quindi?» gli chiese Gennaro che si stava spazientendo.
«E quindi…» fece il Responsabile, finalmente voltandosi verso il suo interlocutore, «…non mi posso permettere che qualcuno cada». Gennaro si vide all’improvviso duplicato negli occhiali del Responsabile; l’immagine gli rimandò un uomo di mezza età, stempiato e sovrappeso. Per un attimo non si riconobbe.
«Il Vice-direttore di Gabinetto, venendo a fare qui questa mattina un sopralluogo per accertarsi che tutto fosse a posto…» spiegò il Responsabile avendo intercettato l’aria interrogativa sulla faccia di Gennaro «è inciampato in una buca ed è caduto. Han dovuto portarlo via con la barella. Il vero problema è che non è stato in grado di dirmi dove fosse la buca e io su questo piazzale enorme di pietra chiara non sono riuscito a individuarla. Non posso rischiare che qualcosa vada storto e che qualcuno si faccia male. Non durante la “mia” cerimonia di oggi e certamente non con il Sindaco presente.»
«E vuole che la trovi io ?»
«Esatto!»
«E l’evento è fra due ore…»
«Già!»
«Come faccio a controllare in poco tempo e da solo tutto ‘sto po’ po’ di piazzale? Sarà grande come un parcheggio da iper! E per cercare poi una buca probabilmente di qualche centimetro di diametro!»
«Lo so, è un’impresa disperata. Ma solo lei mi può aiutare. La prego…»
Gennaro, della Gennaro & Figli, si grattò la testa, inclinandola da una parte per poterla grattare meglio. Ci pensò un po’ su e poi disse:
«Mi dia dieci minuti… ci rivediamo qui.»

Cinque minuti dopo, Gennaro era già sul piazzale in compagnia di una persona molto anziana e di un giovanottone strizzato in leggings da compressione e maglia fitness che evidenziava una muscolatura esagerata da culturista.
Il Responsabile arrivò in ritardo. Il suo alito sapeva di caffè e fernet e aveva un po’ di marmellata di albicocche all’angolo destro delle labbra.
«Dunque, signor Responsabile, le presento mio nonno Ovidio e mio cugino Maicol che per fortuna ho rintracciato in palestra che si stava allenando…» fece Gennaro sorridente, contento di avere trovato la soluzione giusta. Ovidio, nella sua bolla da ultranovantenne, sembrava un po’ assente e si dondolava sul suo bastone come si trattenesse dal far pipì; il cugino Maicol, in posa plastica da Mr. Universo, lo teneva fermo per un braccio, con una minima pressione della mano.
«N-non capisco…» disse il Responsabile con aria indisponente.
«Vede, le persone anziane hanno un istinto formidabile, camminando, per andare a scovare qualsiasi buca occulta sulla pavimentazione e finirci dentro facendosi male… non so come facciano, ma è così. E Maicol, con i suoi riflessi d’acciaio, sarà subito pronto a prenderlo al volo per non farlo rovinare a terra… cosa ne pensa?»
Il Responsabile era rimasto a bocca aperta. Quando la richiuse cominciò a inveire:
«Ma sta scherzando? Io le ho chiesto un lavoro da professionista e lei mi porta un vecchiaccio più morto che vivo e un deficiente di culturista? Lei è un incompetente, un imbecille, un…»
E mentre Gennaro si era fatto piccolo piccolo sotto l’indice del suo interlocutore usato come corpo contundente, Maicol, serrando le sue mascelle da bulldog, aveva gonfiato i propri pettorali avvicinandosi minacciosamente al Responsabile.
Trascorsero in questo stallo alcuni minuti.
Poi la loro attenzione fu attirata dalle grida di aiuto di qualcuno, a una trentina di metri da loro, che si rotolava per terra per il dolore.
Ovidio, lasciato libero dalla stretta di Maicol, aveva preso, ancorché lentamente, a camminare non visto, per il piazzale, finendo con l’inciampare nell’unica buca esistente. Rompendosi entrambi i femori.

Un netturbino particolare

netturbinoAveva bussato un paio di volte. Il Capo Dipartimento stava evidentemente facendo finta di non averlo sentito. Quando al terzo tentativo le sue nocche si limitarono a sfiorare il vetro, si udì un imperioso ‘avanti!’ che non prometteva nulla di buono.
«Che c’è Malzetti?» gli domandò il Dirigente appena lo vide: il cognome fu pronunciato quasi fosse stato un insulto.
«Mi perdoni dottore, ma è per Canepari…»
«Ancora? Quante volte glielo devo dire? Canepari è il nipote dell’onorevole. Lo lasci in pace.»
«Sì, certo, lo so di chi è il nipote,» gorgogliò Malzetti rimasto in piedi a tormentare con la mano il bordo già stazzonato della giacca. «Tuttavia il problema è che, mentre svolge la sua mansione di operatore ecologico…»
«Continui, Malzetti, continui, non mi faccia perdere tempo!»
«Sì, mi scusi… è che il Canepari, mentre svolge la sua mansione… ecco… declama ad alta voce la Bibbia.»
«La Bibbia?» ripeté incredulo l’altro, lasciando a mezz’aria la mano che impugnava la preziosa stilografica.
«Sì, dottore, precisamente. Antico e Nuovo Testamento.»
«Ah!» si limitò a dire. Poi, riprendendosi: «almeno spazza?»
«Certo, certo, se è per quello il Canepari spazza, eccome se spazza; anzi, a dirla tutta, è molto bravo. Nella sua zona di competenza, non c’è più una cartina per terra.»
«Vede Malzetti? Di cosa si preoccupa, allora? In fondo fa solo del folklore, i turisti ne andranno matti… Si ricordi, Malzetti:» e qui l’intonazione si fece di nuovo offensiva. «È stato il Canepari che ha scelto di voler fare il netturbino. La sua ‘più viva aspirazione’, ha tenuto lui stesso a precisare. Non ce l’abbiamo messo noi a fare quel che fa! Se fa bene il suo lavoro, oltretutto, non ci possiamo fare nulla. NULLA! Ha capito?»
«Ha ragione dottore, come sempre del resto» precisò il capo servizio con atteggiamento genuflesso. «La questione, ad essere precisi, è però che quando declama, per calarsi meglio nella parte, indossa anche il relativo costume. Voglio dire che quando si è messo a parlare di Mosè si è presentato con barba, tunica e tavole dei dieci comandamenti al seguito e quando ha narrato dell’Annunciazione si è vestito da arcangelo Gabriele con tanto di aureola e ali da serafino…»
«E allora?» chiese seccato il capo«È che ora sta affrontando la Genesi… e si è vestito da Adamo…»