La fuga

Leo correva a perdifiato. Il bosco in quel punto si era fatto ingombro di cespugli. Il suo maglione si era impigliato più volte tra i rami bassi e anche il viso era rimasto graffiato. Si voltava in continuazione, angosciato. Gli sembrava di scorgere l’inseguitore appena dietro di sé, di sentire il suo ansimare, la sua ombra che incombeva, la luce penetrante dei suoi occhi sulla schiena. Tenne sulla destra il laghetto, addormentato nella sua culla verdastra, e si inerpicò velocemente ancor di più verso la cima della collina. Di lì poteva scendere verso sud, e sperare di far perdere le proprie tracce nascondendosi nella nebbia che andava lentamente abbracciando le zolle aperte della piana. Sentiva il suo cuore scoppiargli nel petto, i polmoni che gli dolevano per il troppo affanno, l’aria fredda che gli gelava l’anima.
Ma com’era iniziato quell’incubo? Perché si era messo in quella situazione? Perché non si era fermato ad affrontare da vero uomo il pericolo che lo perseguitava?
Una volta sulla cima ridiscese a larghi passi. Mise anche un piede in fallo e rotolò per diversi metri rovinando tra mirtilli e muschio. Si rialzò confuso, rimanendo per un attimo in ascolto nell’aria tersa. Non sembravano esserci più rumori dietro di lui. Forse l’aveva fatta franca.
Corse ancora un po’, per sicurezza, fino a ridiscendere la collina e a raggiungere il sentiero che passava appena fuori del paese di Vicedomini. Sì, era sicuro che quello l’avrebbe cercato molto più a nord di quel punto e cominciò così a rinfrancarsi. Prese infine la vicinale dei Bruciati mettendosi al passo e cercando di riprendere fiato.
All’abbeveratoio, sotto l’ampio gelso, incontrò un uomo. Era seduto sul bordo del vascone e sembrava aspettarlo.
Lui fece finta di niente e si mise a superarlo con circospezione.
«Scappi ancora, Leo?» si sentì chiedere che gli era a pochi passi.
«Come fa a sapere come mi chiamo? E chi è lei?» domandò, mettendosi sulla difensiva, pronto a riprendere a correre al primo accenno di minaccia.
«Ti conosco molto bene, e dovresti saperlo…»
«In che senso?»
«Lo sai che non c’è nessuno che ti sta rincorrendo, vero?»
Leo si girò verso lo sconosciuto, senza però avvicinarsi troppo.
«Ma cosa sta dicendo?»
«Era già molto tempo che non lo facevi più…» proseguì quello.
«Non facevo più cosa?»
«Scappare. Questa mattina ti sei alzato dal letto in fretta e furia, non sei passato neppure dalla stalla per mungere quelle povere mucche, e senza prendere il caffè hai iniziato a fuggire…»
«Certo, mi stanno cercando, per quel fatto grave che ho commesso alcuni anni fa… ma è stato un mio errore, una disattenzione, lo giuro…»
«Non è successo niente alcuni anni fa… te lo sei sognato, Leo, e non ti sta cercando nessuno… stai solo scappando da te stesso, come al solito… smettila di incolparti per qualcosa che non hai commesso. Tu non c’entri niente.»
«Come sarebbe? Non è vero!»
«Eccome se è vero; all’improvviso fuggi via così, all’impazzata, come se fossi davvero braccato da qualcuno e non fossi solo tu il tuo inseguitore; non puoi sfuggirti, smettila una buona volta… Finirai prima o poi con il farti del male a correre in questo modo, anche fisicamente, dico. Tornatene a casa… fai pace con il tuo passato e riprenditi la tua vita.»
Leo era immobile, in silenzio. Non sapeva più che dire. Forse quel tipo, dopotutto poteva aver ragione. Ci doveva riflettere.
«Allora non c’entro niente…» fece eco lui.
«No, proprio niente.»
Leo prese allora a fare alcuni passi per tornare indietro, senza però troppa convinzione; poi si girò verso lo sconosciuto per sollevare un’ultima obiezione che gli era appena venuta in mente.
Ma non c’era più nessuno attorno a lui.