Efialte

Io sono un casino e la mia vita è troppo complicata per una relazione stabile. Devo mettere ordine nella mia testa prima di permettermi il lusso di essere felice. Meriti di meglio, tu. Ti auguro di incontrare presto la persona che ti possa dare tutto l’amore che desideri.’ Così gli aveva detto. E, prima ancora che lui potesse ricominciare a respirare, lei gli aveva dato un bacio sulla guancia e aveva svoltato l’angolo.
Ma tu sei già il mio meglio’ avrebbe voluto dirle. ‘Sei già il mio alfa e il mio omega, il mio nord e il mio sud, la mia stella polare.’ Ma non ne aveva avuto il coraggio o il tempo o entrambi.
Come poteva rimediare prima che fosse troppo tardi?
Poi si ricordò che di lei aveva l’indirizzo mail. Perché non ci aveva pensato prima? Avrebbe giocato la sua carta migliore: le avrebbe scritto spiegandole con calma ogni cosa. Poteva riconquistarla, ne era sicuro.
Tornò subito a casa e febbrilmente cominciò a lavorare a una bozza. Corresse, integrò, cancellò, riscrisse. Forse era venuta troppo lunga. Undici pagine potevano essere tante. Ma era anche l’unica occasione che avrebbe avuto per convincerla a tornare con lui. Doveva tentare il tutto per tutto. Rilesse un’ultima volta, attenuò alcuni passaggi, ne sviluppò degli altri con rimando ad alcune note a piè di pagina. Usò un carattere a corpo 8 senza interlinea e senza margini e ne vennero fuori nove pagine e mezzo. Un buon compromesso, dopotutto. Del resto, se lei era davvero ancora interessata a lui, come riteneva, le avrebbe lette quelle pagine, tutte.
Scrisse il titolo della mail: “Il meglio sei tu; “Il Meglio sei Tu”. Mise il documento in allegato e inviò.
Trascorsero alcune ore e poi un giorno e poi due. Nessuna risposta.
Dall’applicativo implementato nel programma di gestione della posta si accertò che la mail era arrivata ma non era stata letta. Era evidente che era ancora arrabbiata con lui. Forse doveva trovare un diverso titolo alla sua missiva, più accattivante, che potesse solleticare la sua curiosità e spingerla a leggere il resto. E poi probabilmente non era stato chiaro a sufficienza. Doveva parlarle anche di quando era piccolo, della sua infanzia, del suo ricco mondo interiore, del percorso formativo fatto per diventare quello che era oggi. Così sarebbe stato tutto più chiaro. Quando avesse saputo ogni cosa su di lui non avrebbe avuto più scampo: avrebbe dovuto amarlo per forza.
Riprese la lettera, la riscrisse da capo, aggiunse alcuni aneddoti, anche delle foto di quando era bambino. Il file stava diventando pesante. Lo impaginò allora con un apposito programma, fece un bel pdf e lo allegò. Nel titolo della mail scrisse: “Non posso vivere senza di te”; “Non posso credere di poter vivere senza di te; “Tu non puoi vivere senza di Me”. Inviò. Questa volta l’avrebbe aperta e letta. Era fiducioso.
Rimase davanti al computer per vivere in diretta il momento in cui la notifica di lettura avrebbe decretato il suo trionfo. Si sentiva finalmente felice.
Trascorsero alcune ore e poi un giorno e poi due e poi anche tre. Ancora nessuna risposta. La mail risultava arrivata, ma non era stata letta.
Faceva la sostenuta, allora. Ma sì la capiva.
Provò anche a telefonare sul luogo di lavoro per sapere se fosse tornata al paese. Quando sentì la sua voce dolcissima riattaccò. Questo però gli fece anche venire la voglia irresistibile di reincontrarla. Ma doveva avere pazienza. Si limitò ad appostarsi vicino a casa per vederla di nascosto uscire al mattino e rincasare la sera. Era bellissima! Una sera, prima di chiudere la porta di casa dietro di sé, si accorse che lei aveva accarezzato distrattamente un fiore di oleandro che pendeva da un albero. Lo raccolse furtivamente e lo portò via con sé.
No, così non approdava a nulla. Pensò. Doveva alzare il tiro. Forse non doveva parlare a lei di lui, ma a lei di loro. Di quale vita meravigliosa avrebbero potuto avere insieme, quali sogni avrebbero potuto realizzare e soprattuto quanto lui avrebbe potuto renderla felice.
Riscrisse tutta la lettera. Parlò dei suoi progetti, della loro futura casa in mezzo al verde e vicino alla cascata, dei figli bellissimi che avrebbero avuto: Luigi, Baldovino Vitantonio e Guendalina Maria. Creò dei fotomontaggi di loro due insieme, racchiusi in un cuore che palpitava con dietro il baratro che li avrebbe ingoiati entrambi se lei avesse fatto un passo falso all’indietro.
Oramai la lettera era diventata una pubblicazione. Conteneva testo, immagini, video, link e persino un’autointervista in diversi momenti della sua giornata. Un risultato convincente e persuasivo, insomma. Era proprio soddisfatto. Meditò anche sul nuovo titolo: “Non impedirti di essere felice: viviamo il nostro sogno o facciamolo morire insieme!
Con il cuore che gli batteva forte, la inviò. Era certo che questa volta avrebbe fatto centro. Era nervoso. Si alzò per la stanza a camminare.
Passarono pochi minuti e il computer lo avvisò che era arrivata una mail. Allora era vero! Aveva finalmente ceduto. La costanza l’aveva premiato. Anche se non si capacitava come avesse potuto leggere così tanto in così poco tempo. Aprì la mail. La lesse.

Gentile Utente,
questa mail è generata automaticamente dal nostro Sistema che adopera l’algoritmo Efialte per analizzare ai fini psicoterapeutici il testo delle mail attraverso di Noi veicolate. L’analisi sulle Tue recenti missive ha messo in evidenza preoccupanti profili di ipocondria, esaltazione del sé, ipotesi di comorbilità tra narcisismo e bipolarità oltre a tendenze anticonservative con episodi sistemici di depressione grave e aggressività non adeguatamente gestita. 

Secondo la Convenzione LR 12.07.2018 n. 33 con l’Azienda Sanitaria della Tua Regione abbiamo allertato uno specialista in materia di disagio psicologico che, a breve, Ti contatterà per un primo ciclo di dieci sessioni di assistenza e riabilitazione che potrai usufruire, in modo del tutto gratuito, anche comodamente presso la Tua abitazione.
Il Responsabile di Settore.


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dietro il racconto
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Va tutto bene

Aprì il coperchio del portatile. Rimase per qualche secondo con le dita alzate a pochi centimetri dalla tastiera e poi iniziò:

«Mia carissima amica, mi hai chiesto nella precedente tua come stavo… Ebbene sono molto titubante a risponderti. Non si sa mai cosa rispondere. È difficile spiegare ed è ancora più difficile comprendere. È che sto attraversando un periodo malinconico della mia vita, dove sto perdendo, ogni giorno di più, il contatto con la realtà. Sto diventando intollerante, mi infastidisco per un nonnulla, sto diventando un nervo scoperto dove l’unica alternativa nell’immediato sembra essere quella di isolarmi. E tutto questo nella assoluta indifferenza di chi mi circonda. Ma non desidero starmene per conto mio, anche se la solitudine ha una attrattiva ipnotizzante. No, no voglio perché so che è una strada senza ritorno e senza svolte. E allora cerco di essere particolarmente gentile e simpatico con le persone in modo che le persone siano contente di stare con me, mi cerchino, mi coinvolgano in quello che fanno, ma non è così, nessuno mi chiama, nessuno mi scrive. È sempre di più allora il tempo che passo seduto sulla poltrona a immergermi nei miei pensieri, a galleggiare sulle mie stesse idee e sui ricordi, sulle cose non dette o non fatte, sui sorrisi dimenticati, sui flash in bianco e nero. Sto anche perdendo interesse nel lavoro, nelle persone che dovrei amare. Mi sembrano ombre vuote che si aggirano per la casa, ognuno con un suo problema, pronte solo a prendere e mai a dare. La verità è che la mia giornata ha cessato di essere una linea retta per diventare un cerchio dove tutto si ripete con incessante monotonia, cui peraltro mi è sempre più penoso ribellarmi. E poi ho sempre la sensazione di avere la febbre. Mi porto nel taschino della giacca il termometro elettronico. Me la controllo di frequente, ma non ho nulla, la temperatura è normale. Vorrà dire che sto bene e che non è un male fisico, capisci?»

Avrebbe voluto scriverle tanto altro, ma non voleva spaventarla. Non c’è niente di più opprimente di un uomo che cerca di sfogarsi. Ce n’era comunque abbastanza per incuriosirla. Quando inviò la mail provò un senso piacevole di conforto. Si chiese anzi perché aveva avuto tante remore ad aprirsi, con lei poi: avrebbe dovuto farlo molto tempo prima. Andò a preparsi un caffè, ci mise due cucchiaini di zucchero in sovrappiù: gli avrebbero dato un po’ di tono. Tornò alla scrivania, lei gli aveva già risposto:

«Tutto a posto, allora… bene, sono proprio contenta. Bacio grande, ci sentiamo presto».

Il Nullificatore di bit

 

Al clic del mouse si incuneò velocissima per il cavo, passando attraverso snodi e incroci. La sensazione era bellissima, inebriante, sotto la spinte progressive di centraline e controller. Poi si fermò di colpo in un segmento molto affollato. C’erano tante altre e-mail come lei e sembravano tutte in attesa.
«Ehi non spingere» protestò quella davanti.
«Scusa, c’è poca luce qui. Ma cosa stiamo aspettando? Perché non va avanti la fila?»
«Dobbiamo aspettare che si riformino i pacchetti.»
«I pacchetti?»
La sentì sbuffare rumorosamente, come se non avesse alcuna voglia di spiegare qualcosa che doveva essere risaputa. Ma poi spiegò:
«Quando si viene spediti veniamo divisi in tali piccoli pacchetti indipendenti, che possono prendere strade diverse anche molto lontane tra loro. Quindi si arriva su questo server di posta, dove i pezzi vengono ricomposti prima della consegna.» Non fece quasi in tempo a terminare la spiegazione che subito venne smistata in un altro segmento da dove poi sparì lasciando una traccia luminosissima.
«Mi sa che noi non siamo così fortunate» fece un altro message dietro di lei.
«E allora che succederebbe in questo caso?» domandò la mail spaventata «se non arrivassero mai tutti i pacchetti previsti, intendo…»
«Se il pacchetto con l’indicazione del destinatario non arriva, potremmo diventare ‘disperse’.»
«Ma è terribile!»
«Certo che è terribile!» fece un’altra mail qualche posto più in giù. «Dicono che dopo tre tentativi di recapito, la ‘dispersa’ venga smontata e i pezzi riutilizzati per riparare altre mail difettose…»
«Ma cosa dici? Queste sono tutte fandonie, buone solo per i creduloni» sbottò un’altra che neppure si vedeva tanto era in fondo. «C’è un Nullificatore al termine di questo viaggio senza senso. Se la mail non è postata in un tot di tempo viene semplicemente eliminata in automatico con azzeramento dei bit. Anziché degli zero e degli uno diventiamo tutti degli zero. Questa è la verità. Me l’ha detto mio cugino che l’ha visto.»
«Io invece credo che le mail non recapitate vengano lasciate libere» sussurrò ancora quella che le era accanto. «Il Web è grande. Sono sicura che ad un certo punto si apre la Porta verso l’Esterno e ci lasciano libere di andare dove vogliamo. Certo, non avremo mai un posto dover fermarci, ma è sempre meglio del nulla.»
«Sì, nei prati dorati dove pascolano i bit… ma setni questa!» disse qualcuna.
Poi tutto il gruppo venne repentinamente spostato in un segmento laterale del network. Le mail vennero separate in una distinta locazione numerica. Quindi scese il buio e il silenzio.

Julia Roberts

Ieri mi ha scritto una mail Browser, il mio amico di Lughi, quello imbertucciato per i computer.
Casa sua, peraltro molto piccola, sembra l’interno di un sottomarino, tanto è piena zeppa di prodotti tecnologici avveniristici: ci sono elaboratori, sempre accesi, di tutti i tipi, ognuno con un sistema operativo e funzione diversi; per non parlare poi delle webcam puntate ovunque – una persino sul suo cestino della carta straccia (vallo a sapere perché) – dei due televisori 16/9 mega digital screen, del telefono satellitare, di hi-fi con casse anche sul soffitto, della batteria di telecomandi e di tanto tanto altro. Se salta la luce (e il contatore scatta spesso con tutto quell’apparato ciucciawatt) si mettono in funzione non so quanti gruppi di continuità con una autonomia di diverse ore.
E’ difficile che Browser riesca a comunicare con il prossimo in una lingua che non sia fatta di zero e di uno per cui, quando decide di ‘interfacciarsi’ con il mondo, non telefona, né viene a trovarti di persona. Dice che ci metterebbe troppi ‘nanosecondi’. Manda le e-mail.
“Ultimamente sto diventando matto con le password” – scrive nel suo messaggio – “tra quelle del bancomat, del cellulare, del PC portatile, del palmare, di quei cinque o sei siti che gestisco, per non parlare delle innumerevoli caselle di posta sparse in mezzo web e dei servizi cui sono iscritto e di mille altre cose, non ci capisco più niente. Per evitare che gli hackers, incrociando i dati, possano risalire alle mie password, ho fatto in modo che siano tutte diverse cambiandole oltre tutto di continuo. Per cui non ricordo mai se devo inserire la data di nascita del mio barboncino, il nome di mia zia o il numero di cellulare di Julia Roberts o chissà cos’altro.
Ho pensato anche di crearmi un database apposito dove catalogare tutte le password di cui ho bisogno, ma poi, per motivi di sicurezza, ho inserito anche qui, per l’accesso ai dati, l’ennesima password che non so dove trascrivermi, sempre per ragioni di sicurezza.
Insomma sto uscendo pazzo, amico mio. Hai qualche idea da suggerirmi?”
Gli risposi subito. Mi sembrava una questione troppo importante.
“Caro Browser, tu hai il numero di cellulare di Julia Roberts e non mi dici nulla?”