Sostituzioni

Il treno viaggiava sul filo dei trecento orari anche se la pianura si muoveva pigramente sotto ai loro occhi.
«Cosa vai a fare a Milano?» fece Francesco non smettendo di guardare fuori dal finestrone. Stracci di nebbiolina candida intanto galleggiavano eleganti sopra alle zolle scure smosse nei campi.
«Ho una riunione sindacale, sai, quella semestrale…» gli rispose Mario.
«Una vera scocciatura, allora…»
«Ma no dai… queste cose mi piacciono e inoltre mi hanno offerto la direzione interregionale.»
«Caspita, bel colpo… eh già, è vero, a te garbano questi incarichi. Ma non ti manca fare il macchinista?»
«Un po’ e a volte… soprattutto quando sto un po’ troppo dietro a una scrivania. E tu cosa ci vai a fare, invece?»
«Mi hanno messo sulla tratta Milano-Venezia per un mese, hanno aumentato le corse» gli disse con un velo di preoccupazione.
«Capisco.»
Nel frattempo, era arrivata la hostess di bordo. I tre si scambiarono un cenno d’intesa, segno di una pregressa amicizia. Francesco prese il giornale e Mario uno snack salato. Lo scompartimento era tutto pieno. Per lo più uomini e donne d’affari chini sui loro laptop o su telefonini di tutte le dimensioni.
Il cellulare di Francesco si mise a suonare.
«Ciao, Marta…»
«Ciao, Francesco…»
«Perché hai questo tono di voce? È successo qualcosa?»
«Sì, sono molto preoccupata per Roberto… è uscito questa mattina lasciandomi un biglietto sul tavolo della cucina. Ha scritto che la vuole fare finita… che dopo quello che è successo non ce la fa più ad andare avanti.»
«Ma sta così male?»
«Ultimamente si era un po’ ripreso, ma poi ha avuto un altro tracollo… questa notte è stato un inferno: era agitatissimo, andava avanti e indietro per la casa che sembrava una volpe in gabbia. Piangeva e si disperava come fosse stato il primo giorno. Io non ce la facevo più a vederlo in quello stato e così mi sono presa un sonnifero. Mi sono svegliata solo ora e andando in cucina ho letto questo biglietto… Dio mio cosa vorrà fare, France?»
«Vedrai che non farà stupidaggini… lo conosco bene; ha ancora te e tua figlia del resto… il senso di responsabilità prevarrà sicuramente… Hai provato a chiamarlo al cellulare?»
«Certo, in continuazione, ma risulta sempre staccato. Non so, ho paura. È la prima volta che scrive una cosa simile. Ha sempre reagito ma ora mi sembra un sacco vuoto. E poi… e poi ha anche scritto che ha passato una vita da macchinista su treni e morirà come tale… Guidare un treno è l’unica cosa che lo ha reso felice. Capisci? Come se noi non contassimo più nulla. È andato fuori di testa, France, succederà qualcosa di brutto, me lo sento…»
«Marta, devi avvertire subito il capo servizio per diramare lo stato d’allerta. È estremamente pericoloso per l’incolumità dei passeggeri. Pilota un treno ad alta velocità che, se non sbaglio, va giù a Salerno…»
«No, France…»
«Come no?»
«Non l’hai saputo? L’hanno messo a sostituire il Ganci che si è ammalato improvvisamente. Ora sta pilotando l’AV che porta a Milano. Proprio quello su cui state viaggiando voi.»

Vuoto pneumatico

Era sicuro di aver puntato la sveglia la sera prima. Lo faceva del resto ogni volta che andava a dormire. E poi ricontrollava. Era troppo importante che potesse prendere puntuale l’indomani il suo solito treno. Anche se la sera prima non aveva affatto ricontrollato. E così non aveva suonato.
Quando fu svegliato dalla moglie era già tardi. E lui odiava fare tutto in fretta. Lavarsi in fretta, far colazione in fretta, mettere le ultime cose in borsa senza la dovuta calma e attenzione.
E quando fu in strada non poté tenere neppure il suo passo consueto. Sollecito, ma non veloce, non da passeggiata, certo, ma neppure concitato. E quel contrattempo era capitato proprio nel giorno in cui l’agenda era fitta di impegni fin dal primo mattino. No, di saltare quel treno proprio non se ne parlava.
Così, quando arrivò in piazza, i versi strozzati di chi stava, in modo inequivocabile, soffocando lo fecero fermare. La donna si trovava lontano da lui una decina di metri ma si capiva che le era andato di traverso qualcosa, perché si agitava tenendosi entrambe le mani alla gola strabuzzando gli occhi. Lui guardò l’orologio tentato dal proseguire. Sì, il treno proprio non poteva perderlo, però d’altronde quella povera donna aveva bisogno di aiuto… Ma lui cosa ci poteva fare? Non era un medico, la manovra di Heimlich non la conosceva e se anche avesse telefonato a un’ambulanza non sarebbe riuscita ad arrivare in tempo per salvarla.
Intanto che lui cercava di decidere cosa fare la donna era caduta sulle proprie ginocchia, si teneva con una mano alla parete di un edificio e stava per accasciarsi sul marciapiede. Lui guardò un’ultima volta l’orologio. Se avesse accelerato il passo sarebbe ancora riuscito a prendere il treno. Ma alla fine si risolse di avvicinarsi in qualche modo a quella povera signora, anche se non sapeva bene in che modo avrebbe potuto soccorrerla.
Nel frattempo, dall’altra parte della strada, una persona anziana stava avendo la stessa sorte. Si contorceva, girando su sé stesso, come se cercasse di capire chi gli stava tirando quel brutto scherzo. L’anziano aveva lasciato cadere a terra il bastone e nell’agitazione il cappello e anche lui si teneva con le mani la gola nel tentativo disperato di far entrare uno filo d’aria nella gola. Allora lui si arrestò nuovamente. Non sapeva da chi dei due andare per primo. Ma che strana situazione! Pensò. E che coincidenza! Proprio a lui poi, e proprio quella mattina, che era più che in ritardo.
Poco dopo, si accorse che più in là c’erano anche altre due persone che si affannavano in mezzo alla strada, in preda alla medesima disperazione. Non respiravano. Erano due turisti che fino a pochi minuti prima stavano trascinando le loro valigie in direzione della stazione, e ora erano entrambi in preda alla stessa crisi acuta. Ma allora non si trattava di un boccone di traverso! Si disse. Mancava loro l’aria per qualche altro motivo. Anche se non riusciva a capire perché lui invece respirava bene. O lo potesse fare ancora. Preso allora dal panico, cominciò a correre. Si doveva allontanare di lì. Se ci fosse stata una fuga di gas o qualcos’altro di nocivo nell’aria avrebbe dovuto andarsene immediatamente. Corse a perdifiato e, così facendo, passò davanti ad altre persone con le stesse problematiche: un senzatetto, il receptionist di un albergo, un fornitore di acque minerali. Chiedevano tutti aiuto con gesti scomposti, esagitati, lo sguardo vuoto e incredulo. Sembrava che l’aria fosse stata risucchiata tutt’attorno a loro e si fosse creato un vuoto pneumatico. C’era anche un topo riverso in un angolo e, più in là, un paio di piccioni a zampe all’aria.
Arrivò in stazione che andava ancora di corsa. Anche nella grande hall la maggior parte della gente era stesa sul pavimento e si dibatteva nel tentativo vano di respirare. Alcune persone non si muovevano più o si muoveva a scatti in preda a convulsioni. La situazione era agghiacciante.
Senza indugiare ulteriormente diede un’occhiata al tabellone elettronico alla ricerca del suo treno. Procedeva per abitudine ma anche nella speranza di andarsene via da quel posto il più presto possibile. Si accorse che il treno era ancora al binario nonostante fosse passato da un minuto l’orario di partenza. Corse ancora più forte. Riuscì a salire sulla carrozza anche se disperava del fatto che il macchinista potesse essere in grado di condurre il convoglio.
Ma di lì a poco le porte si chiusero. E il treno iniziò la sua corsa.