Una lettera è per sempre

letteraL’aveva vista per la prima volta al supermercato. L’aveva colpito il suo viso, gli occhi intensi, il sorriso aperto. Ma non ci aveva pensato più per diverso tempo, fino a quando non l’aveva incontrata nuovamente al Club del Libro del martedì ove si era iscritta con un’amica. E così aveva saputo il suo nome, la sua storia. Era rimasta vedova come lui, un lavoro trascorso da insegnante ed ora era in pensione approfittando di chissà quale ‘quota’. Parlarle era ancora più piacevole. Era spigliata, spiritosa, colta. Aveva un suo modo curioso di esprimersi facendo a tratti danzare le mani davanti al viso con un risultato che trovava ipnotico. Ogni volta che la vedeva in quelle riunioni si accorgeva di provare, suo malgrado, sempre più interesse. Ne era sorpreso. Da quando aveva perso la moglie non aveva più voluto rifarsi una famiglia e poi lui era di poche parole, timido e introverso e fare il primo passo, nonostante l’età avanzata, sarebbe stato un ostacolo insormontabile.
Cercò allora di ignorarla nei limiti del possibile, gli sarebbe passata quella infatuazione, pensò; ma poi parteciparono insieme alla gita sociale al Santuario della Maddalena Nera. Stettero in giro tutto il giorno e lui, pur non avendo il coraggio di farsi avanti, aveva avuto modo più volte di starle vicina. A tavola, sedendosi poco distante da lei, in alcuni tratti di camminata sul sentiero che portava alla chiesa, all’uscita dalla messa. Si era accorto che ne era davvero attratto riportando per fortuna l’impressione di essere in qualche modo ricambiato. Era bastato uno sguardo di lei un po’ più trattenuto, un contatto accidentale con il suo braccio, una battuta di lei che poteva avere, ripensandoci, un significato allusivo. Forse era la persona giusta, si disse. Forse non sarebbe stato più solo.
Così decise di farsi avanti, ma non mettendosi a parlarle, per carità. Non era mai stato infatti ‘l’arte sua’ il parlare. Le parole, soprattutto quando era agitato, gli venivano fuori come avrebbero potuto fare le persone accalcate in una discoteca in fiamme che avessero voluto mettersi in salvo attraverso un’unica uscita di emergenza. Si affastellavano l’una all’altra, senza un ordine e, a volte, senza neppure un senso logico. No, lui preferiva le parole scritte. Quelle rimanevano ferme, e poteva gestirle egregiamente. Sì, aveva deciso: le avrebbe inviato non una volgare mail, ma una lettera cartacea, come si usava una volta, scritta per di più con la penna stilografica del nonno. E se lei era, come lui era convinto che fosse, proprio quel tipo di persona, non solo avrebbe capito, ma anche apprezzato. E l’avrebbe conquistata.
Così, per un po’, non andò più alle riunioni del martedì del Club del Libro. Voleva concentrarsi sulla lettera senza distrazioni di sorta.
Così scrisse e riscrisse il testo più volte. Voleva che tutto fosse perfetto. Desiderava dire e non dire, usando parole che non fossero ricercate, ma neppure banali, che fossero intriganti ma non noiose. E anche il testo non avrebbe dovuto essere né breve da sembrare superficiale, né eccessivamente lungo da apparire prolisso. Voleva insomma farsi conoscere, interessarla, ma anche farle comprendere, con velati sottintesi, che avrebbe voluto qualcosa di più da lei di una semplice conoscenza amicale. Così, dopo svariati tentativi, finalmente il testo era pronto. In brutta copia, però. Ora doveva ‘solo’ riportarlo in bella grafia, visto che aveva deciso di scrivere la lettera a mano. Al computer o a macchina sarebbe stato infatti troppo impersonale e un modo freddo e distaccato di comunicare. E ricominciò il tormento. Fece diversi tentativi. Non aveva una buona grafia, è vero, ma non voleva neppure far sembrare la scrittura infantile. Doveva avere carattere rimanendo tuttavia leggibile, doveva essere dolce, ma forte. Non poteva accettare poi che lei potesse non capire qualche parola. Ognuna di esse aveva il suo posto e il suo significato irrinunciabile.
Infine, quando tutto fu pronto, preparò la busta e comprò il francobollo.
Ci aveva messo ben quindici giorni. Ma ne era valsa la pena.
L’indomani mattina uscì di buon grado. C’era una cassetta delle lettere vicino alla stazione, proprio accanto alla rivendita di tabacchi. Vi si recò deciso.
Ma durante il pur breve tragitto si accorse che, ad ogni passo, lo assaliva un nuovo dubbio. In che guaio si stava cacciando? Era proprio quello che voleva? E se poi lei lo avesse corrisposto? Come avrebbe dovuto comportarsi? Doveva davvero seguire il cuore, alla sua età?
Per un paio di volte si arrestò sul marciapiede a riflettere. Poi ripartiva titubante. Una volta addirittura fece per tornare sui suoi passi. Ma poi l’interesse per lei prevalse e, quando fu davanti alla cassetta, imbucò di getto la lettera prima di ripensarci.
Sulla via del ritorno sentì di essere felice. Aveva fatto la cosa giusta e poteva ritenersi soddisfatto. Si fermò poco distante a un bar per prendere un caffè e assaporare quella nuova sensazione piacevole. Sarebbe andato tutto bene, si disse, adesso ne era sicuro. Non restava che attendere.
Di lì a poco, un furgoncino delle poste si fermò accanto alla cassetta rossa. Ne uscì in fretta un ragazzo con un giubbotto giallo fosforescente. Da una tasca del marsupio estrasse un grosso sacco grigioscuro della spazzatura; in pochi gesti, la aprì imbustando dall’esterno l’intera cassetta. Poi, dopo aver messo lo scotch un po’ dappertutto, applicò un cartello autoadesivo sul bustone:

Come da programmazione aziendale la presente cassetta è dismessa a decorrere dalla data odierna.

37 pensieri su “Una lettera è per sempre

  1. https://i.postimg.cc/xTXXwjT4/je-suis-d-j-lev.jpg

    Bonjour

    Je voulais commencer ce matin par une bonne pensée

    Alors, j’ai commencé à penser à notre amitié et j’ai décidé de t’envoyer ce petit texte

    En lisant ces mots, sachez qu’en ce moment même, il y a quelqu’un qui pense à vous et se soucie de vous

    Même si peut être la pluie est au rendez-vous et cette tempête qui cause bien des soucis à certains

    Que la chance soit à vos côtés

    Belle journée belle fin de semaine

    Bise amical Bernard

  2. Eh, eh, eh, nulla da aggiungere che gli altri non abbiano detto… ma siccome in ‘ste cose mi immedesimo, al nostro amico direi che c’è un errore strategico di fondo, ovvero che fa troppi voli pindarici e in fondo se la cerca, quasi a cercare un alibi, per paura di affrontare la realtà…

  3. ok, scrivi in modo fantastico…. ma il finale e’ decisamente da accanimento terapeutico. Ancora rido e i colleghi mi guardano strano…. vabbe’, lo fanno tutti i giorni, dopo tutti questi anni non dovrei farci nemmeno piu’ caso.

  4. Adoro come scrivi. ‘Aveva un suo modo curioso di esprimersi facendo a tratti danzare le mani davanti al viso con un risultato che trovava ipnotico’ Mi sembrava di vederla gesticolare. Però un sogno infranto, poverino.

  5. quanta bellezza c’è nello scrivere una lettera a mano…
    in questo caso… ha perso un’occasione importante…
    poteva scrivere su un bigliettino…”ti va un caffè con me?”
    semplice e diretto…
    “sì! o no!” … facile e immediata risposta…

  6. E’ un bel racconto! Se posso dirti il mio parere, io avrei suggerito al protagonista del racconto di consegnare la busta direttamente alla donna, visto che poteva incontrarla al Club del Libro. Avrei scelto un momento di calma e poi, con discrezione, le avrei fatto scivolare la busta nel palmo della mano al momento del saluto. E poi, poteva creare la suspense anche in altro modo … quello della posta cartacea è veramente terribile, mi mette l’ansia … 🙂 🙂

  7. Carissimo che piacere tornare a leggerti. Un raccontino che ho letto sapendo che avvicinandomi alla fine ci sarebbe stata una sorpresa. E infatti non ti sei smentito. Bravo come sempre. Un abbraccio e a presto. Ps spero che la missiva venga riscritta quanto prima. Ciao

  8. Attento Briciola, la donna che descrivi sarà un 8, forse anche un 9, e anche se si è messa da poco sul mercato avrà già una lista di interessati tra cui scegliere. Quindi se non ti sbrighi a farti avanti potresti perdere il treno.
    😉

  9. Mi è piaciuto il drammatico accumulo della storia d’amore, ma oh, la tragedia. Oh, cavolo, se fosse solo una commedia romantica, lui se ne andrebbe e l’incontrerebbe per strada e lei direbbe che le manca, e lui direbbe quanto era bello il suo viso e le sue parole colte al club del libro, e le piacerebbe fermarsi a casa sua… Oppure torna al club del libro e quando fa il suo maldestro tentativo di flirtare, lei è molto tollerante, e lui si rilassa e si diverte…

  10. Verrebbe da dire “chi ha tempo non aspetti tempo” … ma più che altro io mi identifico nella quota di sfiga … potrei tranquillamente essere io 🙂

    Aperta parentesi: lo sai che se scrivo il commento sul tuo blog e non qui dal Reader mi appare “token di sicurezza non valido?”

  11. Forse l’inizio di una storia a due , un uomo e una donna la cui vita è stata in buona parte vissuta . Bello il racconto di lui , emozioni e sentimenti molto condivisibili, così avviene quando la ragione dice è tardi ma il cuore spinge a provare. Per lui po’ di gioia per il coraggio della decisioni presa. Buona domenica

  12. Tentennare non è mai un bene e le incertezze fanno volare via le occasioni. Forse non era destino, ma ogni tanto uno spintone al fato va dato! Molto bello questo racconto

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