Si avvicinò lentamente al mobile, a piccoli passi, quelli che i suoi novant’anni le concedevano. Lì dentro teneva le fotografie più care: erano quelle dei suoi figli, dei nipoti, del marito. Le guardava sempre più spesso perché si accorgeva di dimenticare da un giorno all’altro le loro care fattezze, come immagini d’acqua disegnate dal vento. Tirò a sé il cassetto ma le fotografie non c’erano. Erano sempre state lì e ora non c’erano più. Qualcuno in quello stesso cassetto ci aveva infilate delle posate e un tovagliolo che non aveva mai visto. Chi poteva aver fatto una cosa simile? Si agitò, cominciò a muoversi per la stanza in modo confuso, cercando le foto sul tavolino, sulle mensole, sul pavimento. Andò nella sala da pranzo, ma, aperta la porta, vi trovò un bagno, minuscolo, buio. No, non era il bagno di casa sua. Le avevano cambiato anche quello! Poi le venne in mente che forse quando era entrata in casa quella mattina aveva sbagliato appartamento e ora si trovava nell’abitazione di qualcun altro. Oddio! E se la scoprivano là dentro? L’avrebbero scambiata per una ladra, l’avrebbero denunciata, proprio lei, che aveva avuto una vita irreprensibile. Che vergogna, che vergogna! Doveva uscire, subito. Ma dov’era la porta? Si sedette per un attimo sulla poltrona per ragionarci su, le sarebbe venuto in mentre prima o poi da che parte era venuta.
«Come stai?» sentì dire. La donna anziana alzò lo sguardo liberandolo dalle mani con cui si era coperta gli occhi. «Non stai bene? Non farmi preoccupare» insistette la signora in piedi che le stava accarezzando i capelli.
«Come hai fatto ad entrare? E come mi hai trovata?» fu la prima cosa che chiese.
«Sono entrata dalla porta, era aperta… sei pallida, ti chiamo qualcuno».
«Ma no, lascia perdere, è che mi devi aiutare, ho combinato un guaio, credo… credo che questo non sia il mio posto…»
«Cosa dici, mamma? Quando dieci anni fa sei venuta qui, in questa casa di riposo, eri così contenta…
Questo racconto fa molto pensare.
Lo trovo bellissimo per questo, dà modo al pensiero di prendere tante e diverse direzioni.
Un saluto 🙂
Strappa un sorriso e anche una lacrima. Invecchiare e prendere coscienza di esser vecchi non dovrebbe essere una benedizione.
Descritti benissimo l’angoscia e lo sperdimento dell’invecchiare. Fanno perdere il filo!
🙁
Per Pasqua sono stata a trovare i vecchietti di un ricovero vicino a casa mia. Mi sono avvicinata ad uno di loro, seduto in disparte, perso nei suoi pensieri. Mi ha sorriso ed ha cominciato a raccontare. Mi ha detto di essere originario di Sampeyre, mi ha raccontato la sua vita da emigrato a Parigi (dove faceva l’autista)… in quei momenti aveva gli occhi che brillavano ed era felice, ed io anche, nel vederlo così.
A volte, durante queste visite, mi chiedo se è più grande quello che dò o quello che ricevo. Sai Bric? Credo sia più grande quello che ricevo, anzi, ne sono certa. ‘Notte. TT