Sapeva di essere orribile. I suoi arti, il suo corpo. Tutto era deforme, innaturale: anche il muso doveva essere terrificante. Era per questo che non aveva mai avuto il coraggio di guardarsi in qualsivoglia superficie riflessa. Lo aveva sempre evitato, sin da quando era venuto al mondo. Non voleva soffrire né l’avrebbe sopportato. Del resto là ove viveva, nel mezzo della foresta, tutto quello che importava era saper cacciare, essere in grado di fuggire in qualsiasi momento e dormire. E anche quando all’imbrunire si spingeva sino ai primi villaggi per saccheggiare aie e pollai il suo aspetto non contava. Valeva unicamente la sua abilità, il suo passo silenzioso, la sua ferocia. Poi un giorno, un contadino, lo sorprese non lontano dal recinto dietro casa. Forse lo aveva aspettato pazientemente nel buio sin da quando erano stati trovati il cane da guardia con la gola aperta e i conigli sventrati. Fu un lampo nel buio. Una lingua viola che si sprigionò velenosa dalla canna del fucile proteso verso la sua figura. La scarica di pallini gli portò via un occhio e lui, vincendo il desiderio indomabile di svenire dal dolore, se ne fuggì lasciando sul sentiero una pista di sangue. Cercò di curarsi come poté. Mangiando erbe, bacche, tutto quello che sarebbe potuto essergli utile. Ma non riusciva a star meglio. La febbre era alta e lo stava sfinendo tanto che una mattina, per i brividi che lo scuotevano come un cencio sporco, rotolò dal giaciglio sino ai piedi della collina. Doveva levarsi in qualche modo i pallini dall’occhio, e per farlo doveva guardarsi: forse solo così sarebbe sopravvissuto. Si trascinò allora fino al lago. Il dolore era acuto e sembrava spaccargli in due il cranio. Giunto all’acqua strinse le mascelle. Non era pronto per la verità. Fece per scappare, ma non si mosse. Doveva sopravvivere e si decise. Ma appena si vide riflesso gettò un urlo che scosse con violenza le cime dei larici. Era anche peggio di quello che aveva temuto. Non assomigliava affatto né a sua madre, né a suo padre. Oltre al corpo non aveva neppure la faccia del lupo. Era invece come tutti quelli che odiava: un essere umano.
homo homini lupus
Questo è fra i migliori.
bnl (…che non sta per banca nazionale del lavoro :-), lo specialista del finale a sorpresa.
Lo specchio ci deforma l’immaginazione e la speranza.
Tono beffardo nel finale. Salut.
Acc!!! Ma se si sbaglia codice sparisce il commento?
Vabbé…, povero uomo lupo. Forse se avesse avuto il coraggio di specchiarsi negli occhi di un altro uomo, avrebbe lanciato un urlo più forte…uahhhh! Mah…
giulia
molto bello il finale da sorpresa lascia il lettore sbasito, grazie briciola è sempre bello venire alla tua tavola che profuma di pane e briciole di parole…ciao :-))
Bellissimo, stupendo, ti metto tra gli amici posso?
La fine arriverà e tu, misero uomo, lascerai dietro di te una scia di nero carbone e la malvagità, finalmente, ti abbandonerà…
Ciao Bric. TT