Lo shepherd

Il cane scodinzolava saltando esuberante sopra e attorno alla pallina che ruzzolava verso l’aiuola. Il pensionato lo incoraggiava con la voce e con i gesti. Lo shepherd faceva qualche finta, come se avesse a che fare con un qualche roditore sbucato improvvisamente dalla tana, e quindi riprendeva delicatamente la pallina tra i denti per restituirla e ricominciare a giocare daccapo. L’uomo la stava rilanciando quando s’accorse della figura che gli era accanto: una ragazza sui vent’anni, vestita di nero, capelli scuri, spettinati, con una treccia arancione che le correva su un lato del paletò troppo corto. I jeans sdruciti erano tenuti da una cinta di borchie il cui luccichio richiamava il piercing all’angolo della bocca. Se ne stava con le mani in tasca, immobile, forse senza respirare, il volto cereo.
«Ha bisogno di qualcosa?» azzardò lui che aveva appena lanciato la pallina. Lei non rispose. Quando il vecchio non se l’aspettava più lei gli disse in un soffio:
«Quello è Zago, il mio cane». L’uomo trasalì.
«Suo?» L’uomo la squadrò meglio. L’occhio della ragazza era vuoto, perso. «Guardi che è venuto lui da me» si giustificò. «Un mese fa. L’ho trovato seduto sullo zerbino di casa. Pareva mi stesse aspettando. Non aveva tatuaggi, né collare… ho creduto fosse stato abbandonato». La ragazza se ne stava in silenzio. Seguiva le evoluzioni del cane che andava e veniva instancabile. «Lo rivuole?» fece l’anziano allungandole il guinzaglio.
«No, sarebbe inutile. È lui che ha voluto abbandonarmi. Se me lo riprendessi se ne andrebbe di nuovo. Dicono che questo non accada mai a chi ha un cane. Invece è successo proprio a me». L’uomo era rimasto senza parole. Intanto la ragazza si era girata per andarsene. Ma si fermò: «Le dispiace se ogni tanto vengo qui per vederlo giocare?»
«Ma certo che può, signorina, tutte le volte che vorrà».
Il cane stava ritornando sui suoi passi per l’ennesima volta. Vide la ragazza e si arrestò. Aprì la bocca e la pallina rotolò via. Era sorpreso di vederla lì. Abbassò il muso e appiattì le orecchie, uggiolando lamentoso. Passarono diversi interminabili secondi, durante i quali l’uno osservava l’altra. Poi lo shepherd afferrò la pallina e saltò festoso verso il suo padrone.

13 pensieri su “Lo shepherd

  1. Mi piace questa storia che lascia spazio all’immaginazione. Perchè il cane aveva abbandonato la ragazza del piercing? Allergia ai metalli? Trauma da color rosso in fase prenatale? Richieste di prestazioni a dir poco faticose? Troppo amore? Troppo poco? E se il cane avesse “improvvisamente” scoperto di essere gay e amasse la compagnia di uomini? E…… E i motivi potrebbero essere tanti ed è bello avere la libertà di sognarli.
    Buona giornata

  2. Anch’io penso che se il cane se ne è andato un motivo c’é… e al contempo penso alle sensazioni della ragazza che è stata abbandonata da un cane… ma alla fine ci s’immedesima anche nel cane stesso, nel suo rimorso, nel suo dover scegliere e decidere senza rimpianti!!!

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