Un tavolo stretto e lucido divideva i due uomini. Uno era anziano, i capelli sporchi e appiccicosi sopra un viso sfatto di rughe e di sonno; l’altro era rigido, un tutt’uno con lo schienale, una faccia gelida dietro due lenti ottuse.
«Qui è scritto che lei sta seguendo un programma di recupero alcolisti…» disse l’uomo impettito senza alzare lo sguardo dalle carte. «Non mi sembra abbia fatto molti progressi però, visto lo stato in cui si trova». L’anziano, ubriaco di pessimo vino, guardava fuori dalla finestra, gli occhi virati di rosso. Aspettò alcuni lunghissimi minuti, poi un filo di voce ruppe il silenzio:
«Lei al mio posto, sarebbe morto da un bel dì, con tutto quello che ho passato…»
«Lei dice?»
Annuì lentamente. «Mi era sembrato un’idea fantastica diventare un bambino. Ma poi sono cresciuto… Nessuno mi aveva detto che sarei cresciuto, che sarei diventato adulto e infine un vecchio decrepito».
L’uomo che lo stava ascoltando avvitò pazientemente la stilografica:
«Non ho capito…» disse sincero.
«Non capisce, vero? Come potrebbe? Mio padre è morto da tempo senza essersene fatta una ragione e quell’altra pazza che mi ha segnato la vita ha ora l’Alzheimer. L’insetto che mi aveva aiutato con i suoi insegnamenti non mi parla più. Fa il sostenuto. Non mi ha ancor perdonato di averlo preso a martellate».
«Un insetto che le parla?» chiese l’assistente sociale sgranando gli occhi; e subito svitò il cappuccio della stilografica per prendere un appunto. «E quante volte le succede… questa cosa… di parlare con gli insetti?»
L’anziano fece il gesto come volesse far tacere il suo interlocutore. Di là dalla porta si sentì un rumore di passi e poi più niente. «Ma cosa parlo a fare con lei! Lei non sa nulla, mio caro signore. Io non ci volevo diventare vecchio. Se fossi rimasto quello che ero adesso non sentirei la morte che mi bussa sulla spalla. Non ne valeva la pena avere un’anima, nossignore. Là fuori è pieno di gatti, di volpi e di carabinieri che non vedono l’ora di acciuffarti per sbatterti dentro. Voglio tornare indietro quando tutto era più semplice… Lei può fare questo?» chiese con sarcasmo. L’assistente rimase silenzioso; non ci capiva nulla. Controllò tra le carte. «Mi accorgo solo adesso che qui non c’è scritto il suo nome. Può ripetermelo, per cortesia?»
«Lei è uno stupido, se lo lasci dire. Non l’ho mai detto il mio nome. Mi chiamo Pinocchio. Pi-noc-chio. Va bene? E sto finalmente per morire».
Hai stravolto la favola con un tocco imperioso. Applausi.