Ruvidio

 

Stavo entrando nel laboratorio di Bastiano, quando incrociai una persona molto anziana dall’aspetto ieratico e druidico. Aveva i cappelli e la barba lunghi, un passo lento, ma deciso. Quel che mi colpì di più fu però lo sguardo, fiero e aperto.
“Che strano tipo!” dissi a Bastiano appena lo vidi.
“Come non lo conosci?” mi domandò stupito battendosi l’un l’altro i palmi della mani sprigionando una nuvola soffice di farina. “E’ Ruvidio. Almeno così lo chiamano. Abita all’eremo della Roccia Bianca sulla vetta del Cinghio. Pensa, ha 150 anni!”
“Ma non ci credo!” sbottai io sincero. “Nessuno con un’età simile se ne va in giro dritto e leggero come quel tipo!”
“Eppure sembra proprio così. In paese nessuno lo ricorda ragazzo, tutti l’han sempre visto vecchio, anzi vecchissimo. Infatti non ha nessun parente che gli sia rimasto vivo. Ha solo amici. E quando una volta al mese, il primo giorno di ogni mese, scende a valle, è sempre una festa. E’ molto ben voluto, lo considerano un po’ l’angelo custode di Pievani. Dicono, addirittura, che abbia conosciuto Cavour e che, quando già aveva ottant’anni, salvò un bambino che stava per annegare in un laghetto di montagna. Raccontano che gli bastò imporre le mani in direzione di quel bambino che lui venne subito trascinato, come da una forza misteriosa, fino a riva.”
“Trascinato da una forza misteriosa? Ma stai scherzando? E perché allora il vecchio non si è messo a camminare anche sull’acqua visto che c’era?”
“Non ci credi neppure tu, vero?”
“E’ difficile bersi queste stupidaggini!”
“Eppure c’è un mucchio di gente che lo fa. E sono molte le persone che s’inerpicano fin sopra la Roccia Bianca per chiedergli un consiglio.”
“E cosa era venuto a fare da te?” gli chiesi mentre lo vedevo impastare con energia.
“A ordinarsi la torta, per il suo centocinquantesimo compleanno, appunto. E la vuole pure con la crema, la cioccolata, con copertura di glassa e panna e non so neppure io con quanti altri ingredienti.”
“Ma magari non la mangia lui…” obbiettai io scettico.
In quel mentre rientrò silenziosamente Ruvidio, vaporoso come un fantasma buono. Ci guardò con uno sguardo che si sarebbe detto quello di un bambino tanto era pieno di meraviglia e serenità. Mi venne quasi vicino tanto che fui in grado di sentire che profumava sorprendentemente di violette appena colte.
“Mi ci potrebbe mettere, Bastiano, anche dell’abbondante Armagnac, nella torta, che mi piace tanto?”
Poi si girò verso di me, cavò dal giaccotto un sacchettino di tela grezza e me lo diede:
“Sono erbe che ho raccolto in montagna. Può preparare un infuso che è un toccasana per le emicranie!”
“Come fa a sapere che soffro di emicranie?”
Il vecchio mi fece un sorriso enigmatico e, senza rispondermi, se ne andò.


6 pensieri su “Ruvidio

  1. Briciola, lo presenti anche a me il tuo Ruvidio? Mi farebbe veramente bene frequentarlo! Molto dolce il tuo bozzetto domenicale e scritto con la finezza di sempre. Gardenia.

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