“A volte, padre, penso che altro non siamo se non ciottoli di fiume, una distesa immensa di sassi più o meno grandi, più o meno levigati che se stanno immobili a farsi scivolare addosso il tempo. C’è chi si trova già nell’acqua, c’è chi è sotto i raggi diretti del sole, chi sotto altri sassi nel buio o nell’oppressione di altri sassi. Nonostante i nostri sforzi siamo come bloccati nel medesimo luogo. Ci sembra di girare il mondo, di conoscere cose e persone nuove, di fare esperienze diverse, gratificanti e entusiasmanti, tristi e dolorose, di crescere insomma spiritualmente, ma in realtà siamo sempre noi, uguali a noi stessi, con le nostre paure, il nostro sentirci inadeguati ad affrontare la solitudine dell’anima e a darci delle risposte convincenti sul perché di tutto questo.”
“Cosa ti fa pensare che non ci sia un disegno, in una simile visione?” mi chiese padre Ercole lisciandosi i pochi capelli che aveva in testa.
“Cosa le fa pensare che ci sia?” lo rintuzzai io che stavo scuotendo la testa. “Poi, oltretutto, dopo il nostro arrabattarci affannoso, che in realtà non ci ha spostato di un solo millimetro durante tutta la nostra vita, benché ci siamo convinti del contrario, un bel giorno una mano ci toglie da quella distesa, tutta apparentemente uniforme, e ci getta lontano, dove non esistono più né ciottoli, né fiume, né un greto su cui ragionare.”
“Beh… però non è una mano qualunque quella che ti toglie dal greto del fiume.”
“E questo dovrebbe farmi sentir meglio?”
“Certo! Dovrebbe farti sentir meglio perché, in realtà, sei un sasso vivo, con un pezzetto di eternità dentro.”
“Ma siamo sicuri che il buon Dio” irruppe a questo punto Lucente, strizzando un occhio al sacerdote, perché voleva, come al solito, essere sarcastica nei miei confronti “siamo sicuri, padre, che in tutti i sassi ci sia la ‘sorpresina’ dentro? Non potrebbe essere che nostro Signore abbia creato alcuni ciottoli, non tanti, ma dico anche solo alcuni, che so?, solamente per poterli decorare, in un secondo momento, a suo piacere?”
“Oppure usarli anche solo come fermacarte…” aggiunse di rincalzo Maverick, abbondando in ironia, avendo deciso questa volta di appoggiare la moglie.
“Va bene, ho capito” feci io alzando le mani “mi arrendo, devo aver passato la misura e non me ne ero accorto… mi devo scusare, lo so che a volte vi angustio con questi discorsi…”
Lucente prese la tazza del tè, dalle mille flagranze, e me lo porse con garbo affettato.
E disse trattenendo un sorriso ironico:
“Solo a volte? Sassolino mio?”