Lo aveva sempre detto. Appena fosse andato in pensione, sarebbe passato a salutare i colleghi e poi si sarebbe seduto sulla ‘sua’ panchina con vista sulla cascata: a vedere i turisti passeggiare, a leggere un libro, a prendere il sole come i piccioni dopo una lunga nottata d’inverno.
Ma ora era lì, su quella stessa panchina, con lo sguardo perduto nella polvere d’acqua. Gli stavano tornando alla mente sprazzi confusi di vita passata. Si era aperta una breccia inaspettata da cui stavano penetrando i ricordi come genieri guastatori: e non sapeva come difendersi. Pensò a quando era studente, ai suoi primi viaggi all’estero, al rapporto complicato con il padre. Pensò ai momenti brutti, a quelli tristi, ma anche a quelli piacevoli che lo avevano reso un uomo. E soprattutto a Lei. Un amore intenso della giovinezza, bruciato nell’arco di pochi anni, ma ancora vivo e intenzionato a reclamare un proprio spazio. Gli bastava anche solo ricordare i suoi lineamenti e le tenerezze che si erano scambiate che il cuore cominciava a battergli forte con lo stesso dolce abbandono. Ma perché pensarla ancora? Che senso aveva?
Poi rifletté che i turisti, la cascata e i piccioni potevano aspettare e che, per quello che ora aveva da fare, poteva andarla a cercare per vederla, fosse solo per l’ultima volta.
Partì per Alvona quel giorno stesso. Si mise a girare in tutti i posti che li avevano visti insieme. Andò diritto alla loro spiaggia, dove si erano conosciuti, ma la rotonda, per la stagione autunnale inoltrata, era chiusa con rugginosi lucchetti. Immaginava al suo interno le cabine profumate di legno, il jukebox bianco e blu, i tavolinetti tondi bordati di metallo. Ma poi considerò che non poteva esserci nulla di tutto ciò. Quarant’anni non potevano essere passati senza stravolgere anche il più piccolo particolare. Erano altri tavoli e altre cabine quelle che erano riposti lì dentro e il jukebox di sicuro non esisteva più da tempo.
Si consolò ricordandosi del punto dove erano sistemati i rispettivi ombrelloni, delle passeggiate mano nella mano sul bagnasciuga a cercar conchiglie, del gabbiano che per ultimo rigava di bianco il cielo del tramonto a segnare la fine della giornata. Ricordava bene la sensazione per la quale allora tutto sembrava possibile e che l’amore per Lei fosse incontenibile come il sole che mordeva loro la pelle così giovane e salmastra.
Il giorno dopo partì per Cugnago. Passò davanti alla villa di Lei. Dapprima timidamente, poi soffermandosi davanti al campanello: riportava un nome diverso. Come poteva essere diversamente, del resto? Lei nel frattempo si era sicuramente sposata ed era andata a vivere altrove. Chiese in giro. Si ricordavano vagamente di quella famiglia. Se ne era andata però molti anni addietro e non se ne era saputo più nulla.
Partì l’indomani per Regis. Lì si erano lasciati senza capire il perché; strattonati da una vita troppo immatura per capire un amore troppo grande. Lo ricordava bene quel momento: erano seduti al tavolino d’angolo del bar al cui posto ora c’era un negozio di articoli sportivi che prometteva saldi rovinosi e un corso di fitness gratis. Sì, la ragazza, cui un giorno aveva domandato: ‘di che colore saranno gli occhi dei nostri bambini?‘ quel giorno era uscita per sempre dalla sua vita.
Tornò a Lughi, sulla sua panchina. Si sentiva uno sciocco. Cosa mai si era messo in testa di fare? Non si gioca con il tempo. Osservò la cascata davanti a sé che, indifferente, continuava a gettare nel fiume ettolitri di acqua spumosa. La corrente la portava via in fretta per far spazio all’altra. Mentre i turisti, venendo su svagati dalla salita, indugiavano innanzi al ponte romano facendo fotografie e ridendo per chissà quale battuta.
Si guardò le mani raggrinzite. Non c’era dubbio: la vecchiaia, un tempo tanto lontana, ora ce l’aveva addosso come un velo grigio che gli si fosse appiccicato alla pelle. Com’era stato possibile che fosse successo anche a lui? Agiva da vecchio, pensava da vecchio: era diventato vecchio. E ogni desiderio o sogno che aveva rimandato per viverlo più tardi, ora gli appariva sgualcito e senza seguito. Gli venne da piangere in quella solitudine contundente. Che ne era stato della sua vita?
Poi il cuore iniziò a sbattergli nel petto. Sentì di colpo quelle sensazioni dimenticate. Non era possibile! Si disse. Lei è qui. Sì alzò frastornato dalla panchina. E ricominciò a cercarla.
Ah le emozioni del cuore cosa sanno dare: vitalità, speranza, gioia, forza nell’affrontare la Vita..
Molto bello mi è piaciuto
Quanto mi piace leggerti!
Che felice coincidenza! A me piace leggere questo tipo di commenti! 🙂
Se poi lui la incontrasse dopo lunga faticosa ricerca farebbe due cose: in primis mentirebbe a sé stesso autoconvincendosi che quella incartapecorita vecchia signora è più bella oggi di 40 anni prima; e a stretto giro di posta mentirebbe anche a lei dicendo con voce inespressiva e con fare noncurante “Ma toh, guarda chi si vede. Passavo di qui per caso. Mai mi sarei immaginato di incontrarti. Beh, buona giornata”, e simulerebbe un impegno indifferibile per andarsene subito. Ma molto probabilmente lei non lo riconoscerebbe e lui dovrebbe fare solo la prima cosa.
Poi tornerebbe di corsa sulla panchina a guardare i piccioni, che come occupazione ha i suoi risvolti positivi.
E rimuoverebbe l’accaduto.
Ma non la incontrerà, così che potrà trastullarsi e titillarsi la mente immaginando un magico incontro che nega e cancella 40 anni e fa scoppiare un tardivo amore, come certi inopinati ritorni di fiamma delle caldaie a gas.
Il bello del viaggio non è arrivare ma viaggiare pieni di illogica speranza.
Come fantasia non vai male. Dovresti aprire un blog di racconti 😀
Un racconto molto molto bello, come spesso accade di leggerne su questo blog. 🙂
Grazie Angela, sei dolcissima
Un racconto scritto con estrema sensibilità, come richiesto dal tema portante che funge da soggetto. Complimenti. Un caro saluto, a rileggerci. Univers
Grazie Univers!
Veramente un bel racconto, mi ha emozionata. Forse era il ricordo del suo primo amore, si dice che il primo amore non si scorda mai. Buon inizio settimana Bricciola
Dicono… 😉
E’ molto romantico pensare ad un amore che non si dimentica mai, il cui ricordo ti accompagna tutta la vita, quanti potranno avere un ricordo così a 90anni?
Intrigante!
Grazie Silvia
molto toccante
I ricordi sono un trampolino di lancio e di slancio, dove ritrovare un’emozione e rinnovarla 🙂 perchè arrendersi? Non importa come andrà a finire, importa averla vissuta ancora quell’emozione.
Me gusta!
besos
Sally
L’amore, la panchina e la giusta ricerca. Che dire? Applauso!
Grazie
Di cercare l’amore, non si smette mai…
O non si dovrebbe
Leggerti mi emoziona .”Strattonati da una vita immatura…”Mi piace molto e mi ha colpito molto tutto il racconto. Seduto, solo su quella panchina a ricordare. Per nulla improbabile mio caro. Continua così, sei grande. Un grande abbraccio. Isabella
Tutt’altro che improbabile 🙂
Molto bello e coinvolgente.
Hai descritto la vita “a priori” molto bene… la paura di vivere fino a quando non si riesce a capire che è necessario vivere.
O fino a quando è necessario accettare di non morire
Gran bel racconto che si legge d’un fiato.
Ci sono persone, momenti, situazioni che tornano a far rumore nel nostro silenzio.
Ciao, buona notte
Il tempo non si ferma. Sole le illusioni possono farlo ma sono solo illusioni.
Il nostro novello pensionato pensa, crede e si ostina a cercare un passato che non verrà mai più. Invece di cullarsi nei ricordi spera, inutilmente, di riaprire un momento del del passato.
Lui cercherà ma troverà solo deluzioni.
Splendido!
Vorrei innanzi tutto ringraziarti per il tuo passaggio nel mio blog.
Ho fatto un giro dalle tue parti compiaciuta per la tua scrittura, complimenti. 🙂
Tornerò a leggerti con più calma perchè il materiale è davvero tanto e merita il giusto tempo, leggo che anche tu approdi da Splinder, diversi miei contatti vengono da lì, una piattaforma che non ho fatto in tempo a conoscere … ‘nnaggia. 🙁
Questo articolo l’ho letto tutto d’un fiato, troppo coinvolgente conoscere la sorte del vecchietto che nonostante gli anni conserva una memoria ferrea. Adagiato sui ricordi sente che la vita gli è sfuggita di mano, gli anni migliori sono lontani eppure c’è una nuova speranza per il suo futuro! E’ proprio un bel racconto. 😆
Ti auguro una buona settimana Briciolanellatte e colgo l’occasione per augurarti Buon Compleanno: che domani sia per te un bellissimo giorno. 😉
un caro saluto
Affy
Grazie per le tue graditissime parole e ancora più per gli auguri. Lo apprezzo molto.
Se non sei scaramantico…ti faccio anche io gli auguri in anticipo!
Domani è il compleanno anche di Bersani e di Berlusconi (secondo il gossip!)…sei uno dei 2 sotto mentite spoglie? Confessa: ti ho sgamato!!!
Ieri ho visto un film molto triste, era un film di antonio albanese, ma non era il solito film ironico. era tristissimo. si intitola “l’intrepido”. Non voglio dirti la storia ma questo tuo racconto me lo ha riportato in mente, perchè certe volte non si riesce a far qualcosa anche con tutte le buone intenzioni.
Già, è terribile quando la vita si mette di traverso.
:’) bel racconto, mi ha preso davvero! Sembra che tutti quanti possano rivedersi in questo racconto.
E’ quello che uno scrittore vorrebbe sempre saper scrivere 🙂
Bello.
Ma chissà come mai, io avrei terminato il racconto con un suicidio.
Forse son più disfattista.
Il cane che rimane impigliato nello spago dell’aquilone è crudele, mentre il povero vecchietto che si suicida per aver considerato la propria vita vuota e senza amore, no? 🙂
A parte questo, il suicidio lo trovavo, in questo specifico finale, troppo scontato e prevedibile.
In effetti, era prevedibile che mi avresti risposto così.
Touché.
Ne sono sicuro; ma anch’io avevo previsto la tua prevedibile risposta alla mia prevedibile osservazione.
Pensa che prevedo persino la tua prossima battuta a questa mia prevedibile risposta.
Mi sa che non se ne esce… 🙂
Eh, vedo, prevedo e stravedo (disse Amelia la fattucchiera).
Vabbé, mi sa che ho il neurone scarico se divento prevedibile. Mi scoccia un po’ in effetti la cosa, per come mi conosco io.
Prometto che passerà. 🙂
Ottimo racconto, coinvolgente!
🙂 grazie per il tuo passaggio.
Grazie a te, è stato un piacere!
Spes ultima Dea.
un racconto ‘antico’ perché un uomo a 67 anni nn è ancora così vecchio. Forse una vita di solidutine e l incapacità di amare?
Gli affetti sono frutti da raccogliere via via e nn devono e nn possono esserci sottratti. Sta a noi curarli e proteggerli. O sono rose come ci rscconta Il Piccolo Principe.
Sherabuonadomenicadisole
Che abbia proprio 67 anni, da dove l’hai tirato fuori?
ma tu dice che è andato in pensione e che sognava di sedersi eccc… 🙁
Sì, certo. Ma perché 67 e non 66 o 68 o un’altra età?
Non è un appunto, il mio, ma una curiosità
Perchè con la prima riforma del lavoro firmata dalla stramaledetta ministra Fornero l’età pensionabile si spostava indistintamente per uomini e donne a 67 anni. Siccome il tuo personaggio si trova a sognare sulla panchina dove da sempre avrebbe voluto trovarsi andando in pensione ne deduco che sia appena stato pensionato.
Se fosse un medico o un professore sarebbe andato in pensione a settanta o 75 anni ma nn credo che avrebbe avuto lo stesso desiderio.
Forse sono stata affrettata sull’età ma cmq il resto del mio ragionamento non cambia. Costruire e mantenere i proprio affetti per non dovere in vecchiaia voltarsi indietro.
scusami
shera
😉 Sei troppo simpatica.
Spero solo di nn avere rovinato x un ‘dato tecnivo’ automatico il mio pensiero di fondo sulla fragilità di cui siamo impastati.
Assolutamente no, non ci pensare nemmeno.
E poi sono così contento che questa volta non ti ho fatto piangere… Dovevo farmi perdonare con questo racconto.
Apprezzo il tuo gesto che…nn ha prezzo 🙂
Uao…narrazione fantastica …e poi, alla fine dei conti, nessuno è mai vecchio per amare…mi piace quando dici “non si gioca con il tempo”…ma io credo che non siamo noi a giocare con lui ma lui a prendersi gioco di noi!
E’ proprio vero: nessuno è mai tanto vecchio per smettere di amare. Sembra un frase da bacio perugina, ma è vero.
SMACK!!!
I tuoi racconti che sembrano avere una fine, ma che invece regalano un nuovo inizio… Li adoro! E buona domenica a te, per un nuovo e sereno inizio-settimana! 🙂
I ‘cicli’ sono tali proprio perché l’inizio e la fine non sono distinguibili 🙂
Grande!!!!
🙂
non ci si libera dalla trappola dei ricordi
ciao
E a volte non sono neppure una trappola
Coinvolgente. Questo è un tema che mi è caro. Per quanto diverso, se ti va di leggerlo, ti posto il link a un piccolo racconto, Dietro l’abisso
Racconto molto interessante, il tuo.