Davanti al porto

I due vecchietti erano seduti su di un muretto di sassi e cemento, in un punto della passeggiata, in cui si vedeva bene il porto e l’andirivieni delle imbarcazioni. Il sole filtrava abbondante tra le foglie di jacaranda.
«Lo sai, Parodi» disse, all’improvviso, quello con il cappello e il bastone d’osso su cui si agitavano due mani bianche e nervose. «È morto Giobatta.»
«Chi?» fece l’altro volgendosi appena, rassettandosi la sciarpa sul collo raggrinzito. «Il figlio di Teresa?»
«Macché il figlio di Teresa!» disse spazientito. «Quello è Pierino. Giobatta, è ‘Giobattin’… quello che aveva il negozio di ciabattino in via del Poggio: gli mancava un tochettin d’orecchio… non ti ricordi?» e tenne per aria l’indice e il pollice distanziati di un centimetro circa, per quanto riuscì solo a disegnare una sorta di uncino anchilosato.
«Ah, quel Giobatta!» fece Parodi rincalzandosi gli occhiali che erano già al loro posto.
«Già, quel Giobatta! Che ci vuole!» E tra i due calò di nuovo il silenzio. Nel porticciolo, intanto, stava entrando lentamente un gozzo, bianco e blu, con la scritta ‘Anita’ su una fiancata.
«E comunque è morto anche Pierino, se è per questo» fece l’uomo con il cappello.
«Eh sì, è morto anche lui» gli fece eco Parodi con un malcelato sorriso di soddisfazione. L’altro estrasse dalla tasca dei pantaloni un grosso fazzoletto tutto spiegazzato dentro il quale soffiò rumorosamente il naso. Lo ripose sul ginocchio per farlo asciugare:
«Certo che quando potevamo sederci ai tavoli del bar qui di fronte, senza doverci prendere tutta quest’umidità dal muro, si stava meglio.»
«Oh sì, che si stava meglio. Se Pinin non avesse pensato bene di chiuderlo…»
«Eh sì, è andato in pensione ‘sto belinun invece di starsene lì a far palanche… e… e dopo pochi giorni è morto. Ben gli sta.»
«Sì, sì, è morto pure lui ed era pure più giovane di noi» ribadì Parodi non dimenticandosi del suo sorrisetto sbilenco.
Il gozzo nel frattempo aveva attraccato al molo. Un uomo sulla cinquantina, vestito di blu e con un berretto di lana grigio calcato in testa, stava armeggiando attorno a una piccola bitta.
«E Gigettu? L’hai più visto Gigettu? Non sarà mica morto anche lui?»
«No no, l’ho visto ieri con sa moggè che faceva la spesa al discount…» rispose Parodi inarcando le sopracciglia come se lo avesse appena intravisto.
«Perché, a pensarci bene, anche lui è in là con gli anni» osservò l’uomo con il cappello dondolando la mano ossuta nel vuoto.
«Eh sì sì, anche lui.»
«Comunque anche la moglie non ha una bella cera.»
«Lo sai che hai ragione? Me lo chiedevo appena l’ho vista.»
«Deve stare attenta. Di questi tempi.»
Il pescatore che era rimasto sulla barca ora allungava a quello sul molo alcune cassette dove luccicavano pagelli e saraghi ancora vivi.
«Senti…» disse Parodi, dopo un po’, aggiustandosi la sciarpa, fin quasi sotto il mento. «Non è che da qualche tempo a questa parte parliamo sempre delle stesse cose, vero?»
«Ma che dici, Parodi. Non siamo mica vecchi rimbambiti, noi. E poi mi piace parlare degli amici, mi fa sentir meglio» fece alzando e abbassando il bastone che sbatté sulle pietre lucide come una mazza a sottolineare la solennità di quanto aveva appena detto.
I gabbiani intanto stavano lasciando uno dopo l’altro la spiaggia per volare verso il sole che si alzava sempre di più sulla linea dell’orizzonte.
«Soprattutto se muoiono prima di noi, vero?» chiese Parodi.
«Ben detto, mio caro amico, ben detto.»

* * * * *

La storia minima ‘Davanti al porto‘ è stata pubblicata, in via esclusiva, per la prima volta il 18 marzo 2012 su
–> Caffè letterario

dove puoi leggere altri commenti.

Dello stesso racconto leggi anche l’analisi narrativa

–> LEGGI L’ANALISI NARRATIVA

15 pensieri su “Davanti al porto

  1. Siccome vado un po’ di fretta, non riesco a leggere tutti i commenti e quindi spero di non essere ripetitiva…
    Ho trovato molto interessante l’analisi del racconto, molto più utile di libri di scrittura creativa o similari.
    Quindi: grazie!

  2. Accade a tutti, l’orizzonte si assottiglia e si ha sempre meno davanti da guardare e da agognare, o magari sono solo le forze che lentamente ci abbandonano rendendoci incapaci di grossi slanci verso grandi cose.
    Mi fa sorridere il senso di cinica soddisfazione che permea il racconto, qualcun altro si sarebbe immalinconito a vedersi quasi solo tra coloro che da sempre si conoscono, ma non loro che si sentono un po’ come gli immortali di cui ne resterà soltanto uno
    🙂

  3. Ho commentato anche dall’altra parte. Ma tant’è.
    Qui ho letto anche l’analisi del racconto che è stata molto illuminante: è stato come vedere “l’esplosione” del racconto (tipo i disegni dei motori delle macchine), un po’ come per spiegare il perchè e il percome delle dinamiche e degli incastri al suo interno.
    Bello.

    • Grazie Vale.
      Lo scopo dell’analisi’ è proprio quello di spiegare cosa c’è sotto la superficie del lavoro creativo che ‘produce’ il racconto.
      Puntualizzare i processi di ideazione e di sviluppo del tessuto narrativo può essere utile a chi vuole saperne di più sul ‘come funziona’…

  4. ps… cancelli pure il mio commento di prima…. (ed anche questo ovviamente),
    poi se mi dice la sua email giusta le mando quello che le ho scritto prima

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