Papà è uscito da un po’ di tempo. No, non ho paura. Ho undici anni, io. Sono un ometto. Me lo dice sempre il mio papà. Mi ha passato le mani tra i capelli, me li ha spettinati da una parte, e mi ha detto con quel suo modo buffissimissimo: torno presto, ometto, vado via con questi signori, ma torno subito. Non avere paura.
Di solito papà non mi lascia mai solo. E poi non mi dice mai: non avere paura. Perché dovrei averne? Tanto lui torna subito. E poi sono un ometto.
Se accendo la televisione però magari lui torna subito perché non vuole che io accenda la tv nel pomeriggio. La guardo la sera, con lui, prima di andare a dormire. Mi dice che la tv fa venire strani pensieri. Chissà cosa sono gli ‘strani pensieri’? Boh! Lo strano è invece che sta diventando buio e papà non torna. Ma lui sta per tornare, ne sono sicuro. Papà fa sempre quello che dice. Mica quegli smidollati senzalavoro dei giovinastri d’oggi. Così dice sempre il mio papà. Chissà cosa sono i ‘giovinastri‘? Dei giovani andati a male? È che mio papà a volte parla complicato. Lui ha fatto un mucchio di studi. La scuola, ai suoi tempi, era una roba seria, mica quella cosa lì che non si capisce che faccio ‘quando vado a scaldare il banco‘. Loro imparavano un sacco di poesie a memoria e al liceo sapevano parlare di filosofia e letteratura proprio come io parlo con i soldatini. Chissà se la filosofia aiuta il mio papà a tornare questa sera. Sì, sicuramente. Lui non fa mai le cose tanto per fare. E anche sapere le poesie a memoria gli sarà stato utile quando ha passato tanto tempo in ospedale che gli hanno sparato alla gamba. È sempre utile sapere poesie, perché fanno sempre compagnia e non sai mai quanto ti sparano.
Oh, il telefono squilla. Vorrei rispondere ma il mio papà dice che non lo devo fare, che tanto non è per me. Sono piccolo io. E poi non è il mio papà che telefona perché lui torna presto. Me l’ha detto proprio lui prima di uscire. Non ha bisogno di ripeterlo per telefono. Ecco ha smesso.
Ora è passato ancora più tempo ed è tanto buio là fuori. Forse dovrei accedere la luce. Papà dice che la luce costa e che non bisogna accenderla se non serve. Non so adesso se serve. Lui lo saprebbe. L’insegna del bar però illumina il salone. In casa non è proprio buio buio. E se non è proprio buio buio i mostri non escono da sotto il letto. È la regola. Lo sanno tutti. E poi non ho mica paura, io.
Adesso però ho fame. A quest’ora di solito mangio con il mio papà. Lui mi fa la pasta corta con il burro e tanto formaggio sopra o una fettina di carne sulla graticola. Raramente tutte e due le cose. Non siamo dei nababbi. Il mio papà dice però che dovrei mangiare la verdura. La verdura e la frutta. Ma le piante non le mangio hanno tutte un sapore bleah. A meno che non siano piante che fanno le patatine fritte. O la cioccolata. Se ci fosse la verdura in casa però ora la mangerei tutta, perché ho davvero fame. E poi se mi tappo il naso non sento neppure il sapore. Ho fatto la prova e funziona.
Ohi, bussano alla porta. Papà però non vuole che vada ad aprire. Ci sono un mucchio di ‘farabrutti’ in giro. Chissà cosa sono i farabrutti. Non l’ho mai capito. Forse sono quelli che si mettono le dita nel naso e fanno le smorfie mentre parlano. Perché non ci si mette le dita nel naso, né si fanno le boccacce. Lo sanno tutti. Fa appunto brutto.
Ora picchiano forte alla porta e gridano il mio nome. Come fanno a sapere come mi chiamo? Forse l’ha spifferato la Silviotta, la figlia del panettiere. Ha solo otto anni, quella là, ma è già una gran smorfiosa. Non le presterò più la bicicletta, così impara. Non si va in giro a spifferare il nome degli altri. Anche questo fa brutto.
Bene, adesso non battono più. Ho avuto un po’ di paura. Ma solo un po’, eh? Quando torna papà però non glielo dico che ho avuto paura. Gli ometti non hanno paura.
Spero che il mio papà non mi ha lasciato. Forse l’ultima volta che ho fatto picchiare la biglia di vetro sul pavimento lui si è arrabbiato così tanto che ha deciso di andare via. Dice che i vicini di sotto si lamentano perché faccio rumore. Se torna il mio papà, giuro però che non gioco più con quella biglia. Tanto ne ho un’altra nel cassetto, che è di gomma.
Adesso non ho più tanta fame, ho solo sonno.
Mi metto qui sul divano e dormo un po’. Perché il mio papà torna di sicuro. E poi ho fatto il fioretto della biglia. E quando si fa il fioretto della biglia i papà tornano sempre. Me l’ha detto Gasparre che ha già i baffi anche se lui li esagera con la matita. Ma è uno tosto. Tostissimissimo. Un po’ come sarò un giorno io.
Sì. Dormo un po’. Solo un po’.
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L’ha ribloggato su Alessandria today.
Pelle d oca
bello davvero
mi è piaciuto molto…certo però che mi ha lasciato addosso un’angoscia….il telefono, il campanello, il buio…ma sì papà ha avuto un contrattempo e presto arriverà…..
Dormi piccino… forse è tutto un sogno…
dormi piccino… magari è tutto un sogno…
Dormi, piccolo… magari è tutto un sogno…
Dio..è bellissima. ç_ç triste ma bella, complimenti!
Ciao, hai ragione! Condivido con te.
A rileggerti presto. Elena
“E anche sapere le poesie a memoria gli sarà stato utile quando ha passato tanto tempo in ospedale che gli hanno sparato alla gamba. È sempre utile sapere poesie, non sai mai quanto ti sparano”
E poi dicono che la poesia non serve a niente! 🙂
Bello
Che tenerezza l’immagine di questo ”ometto” che aspetta e aspetta il rientro del papà. Un ”ometto” che vorrebbe superare le sue paure tramite autoconvincimenti ,ma che, purtuttavia rimane sempre un bambino. Grande Maurizio. Ti abbraccio. Isabella
Complimenti. Una storia che lascia intuire molto dicendo poco.
Stupendo.
Stefano
Splendido.
Stefano
Pezzo molto inquietante, dall’esito dal retrogusto triste. Un caro saluto, a rileggerci presto. Univers
Davvero molto bello. 🙂
drammaticamente bello!
Mi fa piacere che ti sia piaciuto
Ciao. Sei nella mia top of the post #6. Se vuoi leggere: http://momfrancesca.wordpress.com/2014/10/06/top-of-the-post-6-6-ottobre-2014/
A presto 🙂
Ciao Briciola, bravo come sempre……anche se alla fine sono rimasta con
l’amaro i bocca…..ma voglio sperare che il papà torni presto ad abbracciare
il suo bimbo! Io che il papà l’ho preso ormai da tanti anni…. smetto di scrivere perché mi sto commuovendo.
Ti saluto Elena
Che il papà torni è un’eventualità. Anche se negli occhi di legge. Ma non è questo quel che più importa? 🙂
Pingback: TOP OF THE POST #6 – 6 Ottobre 2014 | momfrancesca
Ti ringrazio anche da qui 🙂
Fedele alle raccomandazioni paterne il bambino non cede a nessun imprevisto nè alla curiosità. Aspetta pazientemente in tempi brevi il ritorno del padre, come dallo stesso promesso.
E’ un ometto giudizioso ma è pur sempre un bambino che cerca conforto alle sue paure che piano piano si stanno sommando e alle quali occorrerà trovare una logica risposta.
Al momento riesce a decantarle facendo un breve sonno, forse per sfuggire ad una realtà che potrebbe non essere troppo rosea o più semplicemente per rifugiarsi nel proprio mondo in assenza di familiare calore umano.
Resto appesa a quest’avvincente trama. Complimenti Briciolanellatte 😀
Buon inizio settimana
Affy
Grazie Affy per le tue graditissime parole
Bello il racconto. Mi ha fatto venire in mente il film “La chiave di Sara”, e il piccolo Michel chiuso nell’armadio… stessa angoscia, improbabile stessa fine…
Sì, però “La chiave di Sara” è tremendo!
bello… ma ora voglio sapere il seguito 😉
Ci devo pensare.
Ma per esperienza ho imparato che i racconti non a lieto fine non piacciono… 🙂
scrivi due finali… per quello triste preparo i fazzoletti:)
Bellissima nella semplicità. Questa non è un racconto da commentare, ma da leggere e riflettere. 🙂
Condivido. Grazie.
hanno ucciso suo padre?
Questo significa saltare subito alle più pessimistiche conclusioni… 🙂
tenero e inquietante,,,un triller al miele. Ma come andrà a finire ?
Secondo te? Qual è la tua interpretazione?
Io ho letto il pezzo più volte. Mi è rimasto un senso di grande tristezza. Non immagino che fine abbia fatto questo padre disgraziato,incosciente o sfortunato. Certo é il coraggio di questo piccolo uomo che necessita disperatamente del suo papá. Bel post 🙂
Inquietantissimo.
🙂
Mi fa tanta tenerezza il piccino, speriamo che suo papà torna presto. buona serata bricciola
Speriamo…
Una storia che lascia un senso molto strano addosso, il bambino aspetterà invano il papà, da come lo interpreto io….
La lettura del finale non è univoca.
E’ il senso di angoscia claustrofobica che fa pensare al peggio perché il racconto è costruito per indurre ciò.
Ma non è mica detto.
Il racconto quando lo si legge, del resto, deve lasciarti appiccicato addosso qualcosa. In caso contrario sarebbe come leggere una ricetta o un bugiardino. No? 🙂
Sono proprio degli undici anni questi pensieri….ho un nipote di questa età e l’ho pensato come personaggio di questo bel racconto….però penso che i pensieri sarebbero stati simili se si fosse trovato nelle stesse condizioni. Fortunatamente lui ha un padre dolcissimo…..
Grazie Fausta. Sì, la psicologia dei bambini di quell’età dovrebbe proprio essere quella descritta nel racconto.
forse sarebbe ora di aprire quella porta. solo un po’.
Forse… 🙂
Per avere undici anni mi sembra alquanto ingenuo. Quindi tralasciando l’età, l’ometto non ha paura a parole ma se la fa sotto, perché il papà non gliela manda a dire.. Concreto e manesco. Lui, l’ometto, ha il sacro terrore del genitore.
Come cercavo di chiarire nella risposta al commento di flaviovillani e appena qui sotto, si tratta di una famiglia con genitore unico dove manca la figura materna.
Peraltro, ma questo non emerge per problemi di spazio, il fatto si svolge in un contesto non attuale, ma degli anni Sessanta.
Con queste precisazioni, diventano più plausibili certti atteggiamenti.
Ma la mamma? 😉
Osservazione molto corretta.
I due personaggi non ne fanno il minimo cenno. C’è pertanto da presumere che, per i più svariati motivi, non faccia parte della famiglia.
Anzi, proprio il carattere autoritario e oppressivo del padre e la posizione un po’ succube e immatura del figlio (che dovrebbe qua è la trasparire) fa pensare (dovrebbe far pensare) a un rapporto educazionale monoaffettivo senza la mediazione di una figura materna, il che esalta (dovrebbe esaltare) la condizione di forte stress in cui è venuto a trovarsi il piccolino.
grazie per la risposta articolata!
immagino che non si possa sperare che i signori venuti a prendere papà fossero poliziotti
Il finale, in fondo, è del tutto aperto.
Me lo immagino l’ometto che racconta questa storia, anche se non proprio allegra. Il punto di vista che hai scelto è interessante!
Grazie Saryo.
Quando si è piccoli, lo scontro con realtà più grandi e destabilizzanti possono anche essere purtroppo naturali.
Sigh!
‘Sigh’ solo perché, poi, pensi che finisca male?
Anche se divesse finire bene, nel mentre, il bimbo mi fa infinita tenerezza… Ben scritto cmq
Bello come ti sei calato nei panni del bambino…però mi è rimasta addosso la pelle d’oca e un vago senso di angoscia…ma solo un pizzico…perché quando i finali sono aperti rimango sempre ottimista!!!
Mi rimane scolpito “quando torna papà non glielo dico che ho avuto paura”…
ciao
Senza tensione e senza vago senso di angoscia, la lettura del racconto sarebbe stata solo una perdita di tempo… 🙂
Io sono per le 20000000 W…occhio agli apparecchi che si collegano con me….eheheh…
Bella, proprio bella questa storia…
Leggendo, sono stata trasportata lì, prima nella stanza e poi nella testa di quel bambino, come uno spettatore invisibile dei suoi pensieri.
Grazie, l’intento era proprio quello. CIoè quello di creare una tensione da implosione con un unico piano sequenza sull’universo di un bambino e che viene meno solo perché si legge l’ultima parola.
(Il tuo gravatar è bellissimo, complimenti).
Sei riuscito perfettamente nell’intento, sembra proprio di essere lì dimenticando ciò che è qui.
Il mio gravatar l’ho trovato nel web, e appena l’ho visto l’ho fatto mio, sono proprio io quella, con la testa un po’ tra le nuvole e un po’ nel mio ambiente preferito, l’acqua e i pesci 🙂
Che racconto avvincente…
Forse un po’ claustrofobico…
Mi sono immaginata tutta la scena, e mi sono trovata varie interpretazioni su chi possano essere i signori, su come possa essere il bambino, sul chi telefonasse e chi bussasse insistentemente alla porta…
Era questo l’effetto che volevo creare. Grazie 🙂
Vale a dure l’insicurezza in un bambino dettata dalla incapacità di gestire un evento imprevedibile e potenzialmente capace di devastare il suo universo di soldatini e biglie.
Effetto riuscito, complimenti 😉
Ti auguro buona Domenica.