L’acqua del pozzo

«Perché Eugenio non è a tavola con noi?» disse il Conte guardando la moglie che gli sedeva accanto indicando nel contempo una sedia vuota dalla parte opposta.
La donna abbassò lo sguardo sul piatto vuoto.
«Tuo figlio non si degna di farci l’onore della sua compagnia per cena?» chiese lui battendo con forza per due volte e tra loro i palmi delle mani. A quel suono il Capo Sala, Arduino, rimasto immobile fino a quel momento, pressoché confuso con gli arazzi Aubusson del Salone, prese vita all’improvviso andando in cucina a dare ordini.
«Sei troppo severo con quel ragazzino…»
«Troppo severo, troppo severo?» fece lui gridando.
Nel frattempo, alcuni servi erano entrati per portare l’acqua e il vino e le prime pietanze. Il Conte, che non smetteva di scrutare severamente la moglie come se aspettasse una risposta alla sua domanda retorica, portò il bicchiere dell’acqua alla bocca. Bevve. E subito dopo sputò.
«Cos’è questa porcheria? Sa di marcio!»
Arduino sbiancò. Si era scordato di assaggiarla e ora sarebbero stati guai.
«È l’acqua piovana del nostro pozzo, caro, ti è sempre piaciuta…» fece la moglie interrogando il brodo che si stava raffreddando nel piatto.
«Arduino!» urlò il Conte.
Il Capo Sala che era a pochi metri da lui fece un balzo.
«Signore!» disse mettendosi sull’attenti.
«Assaggia» gli intimò il Conte minaccioso.
La mano di Arduino tremava. Prese il bicchiere e bevve. L’acqua aveva un sentore di putrido e gli si rovesciò lo stomaco.
«Allora?» incalzò il Conte.
«Effettivamente l’acqua non è buona, Signore, ma posso spiegare…»
Il Conte ora aveva i pugni sulle anche e sembrava un’anfora etrusca.
«Il Signorino… il Signorino Eugenio, Suo figlio, si diverte a pescare le anguille che vivono sul fondo del pozzo e che servono per filtrare l’acqua piovana… E quando le pesca, perché a pescare è molto bravo, bisogna ammetterlo, le ributta poi nel pozzo per farle sopravvivere; ma spesso le slabbra nel togliere l’amo e loro muoiono perché non riescono più a mangiare. Il sapore dell’acqua è quella di un’anguilla, ahimè, morta Signore, forse da qualche giorno. Domani provvederò a far ripulire il pozzo, Signore… sono mortificato» ammise facendo un profondo inchino e accomiatandosi.
Il Conte ora aveva preso a scrutare nuovamente con rabbia la moglie.
«È questo che fa tuo figlio? Invece di studiare con il precettore?»
«Si annoia caro, non può mai uscire dal Castello…»
«È pericoloso uscire, ne abbiamo già parlato altre volte… ho diversi nemici nella regione che avrebbero buon agio a indebolirmi colpendo la mia famiglia.»
«Ha dieci anni, caro, ha bisogno di giocare con i suoi coetanei…»
«Macché giocare, io alla sua età tiravo già di spada e andavo a cavallo…»
«Ma tu sei un uomo eccezionale, caro, tuo figlio è fragile e minuto… almeno gli permettessi di frequentare i figli del nostro vicino, il Barone di Monrugoso…»
«È un cretino…» tagliò corto lui.

«Papà… aiutami… papà…» disse flebilmente il bambino.
La luna si era appena affacciata sul bordo del pozzo e lui la vedeva dal fondo illuminandogli il viso sporco di fango, l’acqua a sfioro delle labbra. «Aiutami, papà ti prego, ascoltami, sento freddo, non ne posso più… fai presto…»

12 pensieri su “L’acqua del pozzo

Lasciami un tuo pensiero