Sto guardando il cielo, sdraiato immobile sul marciapiede. Sto pensando. Ma forse sono solo i miei ultimi pensieri.
Tutto è iniziato circa sei mesi fa. Dapprima erano solo rumori confusi, poi si sono rivelati più precisi, meglio scanditi. E così ho capito che erano parole. Qualcuno mi stava parlando. Ma la voce non veniva dalla mia testa ma da dentro il mio corpo, più esattamente dall’altezza dell’ombelico, tanto che facevo a volte fatica a sentire quando mi trovavo nella via e attorno a me c’era confusione. Ma non vi erano più dubbi: ero abitato.
Sì, qualcuno era venuto a stare dentro di me: la faccia, piccola piccola, così almeno me l’ero immaginata, si trovava all’altezza della mia pancia e poi tutto il resto di questo essere si insinuava tra gli altri miei organi interni per allungarsi nella mia testa fin dentro il cervello. Avrebbe potuto sembrare un gatto se si fosse mostrato, ma con un corpo lungo lungo da serpente. E mi parlava.
Aveva modi gentili, mi rassicurava, diceva di non aver paura e che lui era nato da un qualcosa che avevo mangiato e poi era cresciuto lentamente e attraverso diverse e successive mutazioni era diventato adulto. Mi ha detto che si chiamava Zheb e che veniva da un posto lontano; me lo ha spiegato, per la verità, dov’era questo posto ma non ho capito molto anche perché ha cominciato a parlare in un’altra lingua e in modo concitato. Di lui non dovevo far parola con nessuno, si è raccomandato, in quanto nessuno avrebbe capito. Mi avrebbero preso anzi per matto e io per matto non ci volevo passare, perché non lo sono davvero.
I primi mesi è stata dura, perché spesso mi parlava persino di notte mentre dormivo; ma nella mia solitudine ha finito per farmi compagnia, come un amico, perché come un amico mi dava consigli sul lavoro, nelle situazioni difficili della vita, sul gentil sesso; insomma, mi ci ero abituato.
D’un tratto però ha cominciato a farmi fare le cose.
All’inizio, per la verità, erano cose semplici e banali come andare a toccare tre volte un cartello stradale al di là della strada o storcere i tergicristalli delle macchine o sputare sulle vetrine dei negozi. E non c’era verso di rifiutare di farlo; perché iniziava a scalciarmi nel cervello o a premermi entrambi gli occhi spingendoli dal di dentro verso l’esterno; il dolore era atroce e non mi restava che fare come diceva lui: era diventato lui il mio padrone.
Poi ha iniziato a chiedere sempre di più: mi ha detto di raschiare gli escrementi secchi di piccione dal davanzale; mi ha detto di scioglierli ben bene nell’acqua calda aggiungendoci bicarbonato e una piccola percentuale di alcol denaturato e di andare al supermercato per iniettare il liquido con una siringa nei panetti di burro; ho chiesto perché dovessi fare una cosa simile e lui mi ha improvvisamente stretto la laringe con una parte del suo corpo lasciandomi senza respiro e semi svenuto per terra. Da quel giorno mi ha trasformato in un assassino. Un assassino sempre più sofisticato ed efferato.
Non sapevo come ribellarmi; perché lui pensava i miei pensieri, preveniva ogni mio tentativo di oppormi: ero disperato; non perché temessi che mi scoprissero, no: semplicemente perché non volevo uccidere; io sono una persona pacifica, buona e persino dolce. Lo sanno tutti.
Poi un giorno ho sentito che aveva paura. Mi ha detto che c’era qualcuno come lui dentro a un altro come me che cercava di ucciderlo; cioè che cercava di uccidere me per uccidere lui. Si trattava di una vecchia questione di potere, così almeno mi ha spiegato; lui, Zheb, si era rifugiato dentro di me proprio per sfuggire a questo tizio, evidentemente senza riuscirci. Ho pensato però che tutto sommato sarebbe stata una bella idea: che mi avessero ucciso, cioè; avrei infatti smesso di soffrire, di essere lo strumento di qualcun altro.
Da quel giorno sono trascorse diverse settimane e, nonostante tutti gli accorgimenti e le attenzioni che Zheb mi aveva imposto, eccomi qui: con questo grosso coltello nella pancia, riverso sul marciapiede a guardare le nubi alte che passano nel cielo. Quella donna è sbucata d’un tratto dal nulla e prima che la potessi mettere a fuoco mi ha allungato una coltellata dritta dritta al ventre. Una donna minuta, mi è parsa, ma ha usato ugualmente tanta forza per bucarmi e girarmi la lama ben bene.
Perdo molto sangue e non ho neppure la forza di levarmi via il coltello.
Almeno ci fosse qualcuno che mi aiutasse.
Zheb lo sento lamentarsi dentro di me; urla in modo straziante e si contorce dal dolore.
Io sento male, è vero, ma lui sta senz’altro peggio di me. Forse il coltello l’ha preso in un punto vitale.
Sarebbe bello, in fondo, morisse solo lui e tutto tornasse come prima. Ma questi forse sono davvero solo i miei ultimi pensieri.
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L’ha ribloggato su Alessandria today.
Inquieta anche questo pezzo perchè descrive efficacemente certi sentimenti interiori come l’angoscia e la paura. Un saluto. Univers
Un racconto breve ma molto avvincente, mi ha incollata allo schermo fino alla fine! Grazie
Non voto il racconto tra i migliori… perché ti preferisco nei testi gioioso…il delirio di questo brano non ti caratterizza…ti voglio sereno!!!😍
Urrà…la tenia è morta…il poveretto che aveva questa nel corpo delirava …hai raccontato il sopore durante l’anestesia di un intervento…o no? Mi piace dare una lettura razionale alle cose… comunque basta con i pessimismi…quando arriva un racconto dal sapore gioioso è vitale? Ciao…vorrei rilassarmi…e tu suspence..
Ma quando torni gioioso? Mi manca il tuo fantastico punto di vista che spinge al sogno…🤗
possessato? Posseduto…il mio cervello a volte lo è 😀 scusa 😉
Capita quando si è rilassati 🙂
prima di leggere dietro al racconto ho pensato alla schizzofrenia, ma poi anche alla vera malattia fisica, un tumore ad esempio, che spara le sue metastasi, dallo stomaco alla testa e nell’anima, ma anche ad un possessato….guarda potrei pensare alla seconda. Ne ho visto un caso.
nella sua terribile trama il racconto è scritto benissimo. Mi ha coinvolto.
Chi la fa l’aspetti. Se Zheb si fosse limitato a nascondersi nella pancia, probabilmente la donna non avrebbe ucciso entrambi. Ormai Zheb e la voce narrante erano una sola cosa.
A volte quando accadono queste cose l’ospite si rivela essere un tipo simpatico e cordiale, e può nascere una bella amicizia. Tuttavia se dovesse cominciare a comportarsi male bisogna subito fargli capire chi comanda, magari facendosi una bella scorpacciata di piccantissimo Chili, che è la morte sua.
^_-_^
O del buon sano guttalax…
Inquietante ma credibile allo stesso tempo. L’idea della contaminazione dei panetti di burro al supermercato è vincente perché è un’azione plausibile messa in atto da una persona malata, quindi può essere la chiave per mettere in guardia il lettore.
molto bello. le dita in fotografia mi hanno subito riportato all’oggi, al razzismo montante dentro di noi… Io sono buono, pacifico, mi ha ricordato “ma io non sono razzista”… Mi piacciono questi racconti evocativi di un certo stato d’animo che serpeggia dentro molti di noi, troppi… paure, angosce sfruttate dai soliti furbi ignoranti e pericolosi.Capisco anche che il grande nord te lo abbia suggerito. le serie nordiche tv danno vita ai nostri fantasmi.Buona domenica. Qui piove. Marzo fa il suo dovere.
Grazie per avere capito a fondo quello che intendo esprimere ogni volta che scrivo.
Cerco di mettere su carta (nei miei limiti, ovviamente) gli effetti di luce potenti a chiaroscuro delle opere di Caravaggio.
Un fotogramma che ti rimane nella retina anche dopo aver chiuso la pagina (elettronica o cartacea che sia).
A volte ci riesco, a volte un po’ meno. Ma è comunque un grumo di suggestioni, di sentimenti, tra lo svelato e il buio.
Anche qui a Poggiobrusco piove, ma la potatura all’albicocco che sta facendo le prove di quasi fioritura, l’ho fatta lo stesso.
Buona domenica anche a te.
Stavolta un palmo sopra a tanti altri.
Un incubo!!!! Tanto ben scritto👏👏👏👏
Un racconto stupendo!
😘
Nel senso che mi hai mandato un bacio? 😀
Nel senso che mi è piaciuto molto anche 😀
Bene, sono contento. Lo chiedevo solo perché di solito i maschi non mi lasciano baci nei commenti e mi sembrava curioso.
E perché no il bacio é universale e l’emoticon con una carezza mi sembrava strano😀😀😀
Sarebbe stato ancora più strano 😀
Una virile stretta di mano?
🤟
Parecchio inquietante… ben descritta la schizofrenia… Un saluto, Antonella
bel racconto, grande idea di fondo… letteralmente allucinante…
giorno giorno 😊
rilevato>rivelato?
vado a leggere dietro
ciao
Già, correggo. Grazie
anche “mie” invece di miei e d0v al posto di dov 🙂
Corretto, grazie