Assomigliava a Sean Connery

La prima volta che Berto lo vide al cinema gli fece una strana impressione. Era tale e eguale a lui. Era un attore che ancora non conosceva e forse quella era persino la sua prima apparizione in un film. Era strano vedersi lì in quella pellicola. Era gratificante tutto sommato, pensò.
Man mano che Sean Connery diventò famoso la situazione tuttavia si complicò. L’interesse delle donne per Berto, che già lo guardavano di suo per essere bello e prestante, diventò ancora più pressante, ai limiti della molestia. Le donne! Proprio a lui, poi, che non piacevano affatto.
I pochi amici che aveva gli chiedevano perché mai non si proponesse come controfigura: avrebbe avuto sicuramente un futuro assicurato. Ma Berto, che era di indole timida e introversa, si limitava a schermirsi. Era un uomo paradossalmente solo. ‘Famoso” ma solo e lo sarebbe diventato sempre di più, sia l’uno che l’altro.
Ben presto si accorse che la gente era particolarmente gentile con lui, disponibile, accondiscendente. Lo trattavano come fosse una persona conosciuta, di famiglia; l’approccio era amicale anche se di grande rispetto. Ma la gente non faceva affatto mistero delle ragioni di questa sorta di apertura nei suoi confronti. La fatidica domanda, infatti, prima o poi usciva sempre:
Ma lo sa che lei assomiglia tanto a Sean Connery?‘ (con la sola unica variante: ‘Lo sa che lei assomiglia tanto a James Bond?‘).
Grazie a questa sorprendente somiglianza a un attore che stava ormai acquistando fama planetaria trovò anche un buon lavoro dove non si distinse se non per il fatto che era invitato a a riunioni e a convention aziendali in quanto faceva lustro. Anche se non era né socievole né brillante dava ai clienti la falsa illusione che nel team facesse parte anche Sean Connery. Quando i clienti capivano che era solo un sosia oramai l’associazione positiva era scattata. E tanto bastava.
Ma più passava il tempo e più questa somiglianza a Berto pesava. Avrebbe dovuto essere contento, è vero, ma era anche consapevole che erano tutti meriti usurpati, non suoi. Lui era un’assoluta nullità e lo sapeva bene; anzi, cominciava a pensare di non avere una propria identità e personalità, di essere piuttosto solo la replica vuota di una leggenda vivente. Cosa ne sarebbe stato della sua vita dietro al paravento di una finzione? Che cosa avrebbero mai scritto sulla sua tomba, un giorno? Si domandava Berto: ‘Assomigliava a Sean Connery‘? Il pensiero lo assillava angustiandolo.
Per cercare di superare questa situazione prese allora a colorarsi i capelli, a farsi crescere la barba, a portare grossi occhiali scuri. Tutto pur di non somigliare a lui. Ma la fama dell’attore e la molteplicità dei ruoli che ricopriva nei film era tale che a Berto lo riconoscevano sempre: in treno, per la strada, in fila per la posta e persino quando andava in viaggio all’estero. Non c’era scampo, ne era convinto: la sua “maledizione” non lo avrebbe abbandonato mai.
Passarono gli anni e lui divenne sempre più angosciato tanto che arrivò persino a pensare di sfregiarsi il viso o di buttarsi dell’acido muriatico in faccia. Avrebbe perso il lavoro, forse anche le poche amicizie, sarebbe rimasto solo la nullità che era, ma non importava. Avrebbe potuto ricominciare da lì.
Poi, un giorno, nella bolla dei pensieri più cupi, si trovava in tram. Era così assorto nel suo problema che si era dimenticato di obliterare il biglietto.
«Dobbiamo farle la multa» gli comunicò il controllore avvicinandosi a lui come può fare il predatore che ha isolato l’esemplare più debole della mandria. Lui annuì avvilito. Il biglietto l’aveva in tasca.
Pagò senza discutere e il controllore, prima di andare via, dopo averlo squadrato ben bene, gli disse:
«Lo sa a chi assomiglia lei?»
Lui sentì l’ennesima stretta al cuore. Non riuscì a rispondere. Chiuse gli occhi come per aiutarsi a soffrire meno.
E il controllore, dopo una pausa a effetto, aggiunse:
«A mio zio!»
Berto si sentì riavere. Era ben poca cosa, lo sapeva, ma era pur sempre una speranza. Forse non tutto era perduto.
«Lei gli assomiglia davvero tanto: in un primo momento mi dispiaceva persino farle la multa perché mi sembrava di avere davanti lui…»
«Non si preoccupi» disse Berto abbozzando un sorriso «va bene così.»
Poi il controllore si allontanò.
«Davvero, assomiglia tanto a mio zio» diceva oramai rivolgendosi agli altri viaggiatori per chiedere loro il biglietto. «Solo che mio zio è uguale spiccicato a Sean Connery».

17 pensieri su “Assomigliava a Sean Connery

  1. Ma se uno è nullità perchè deve pagare il biglietto? Mah…forse il controllore deve strappare la multa o la deve fare ad ignoti…troppa importanza al sosia dello zio non dovrebbe darla…ahahah…

  2. Che contentezza…assomiglia al personaggio famoso meno dello zio del controllore…è il sosia dello zio e non del personaggio famoso…
    Che bella notizia!!!…A saperlo …sarebbe salito sul bus sempre senza biglietto per farsi notare dal nipote dello zio che è il vero sosia…ahahahahah…non è neanche il vero sosia…ahahahah…meno male…importante è aver recuperato una certa nullità…che bello che ci è riuscito ad essere nullità (non capita a tutti!)

  3. lol
    sembra quella battuta in cui narrando la giornata dell’uomo nero citi tutto con cui interagisce come nero e poi dà un biglietto da visita bianco perke aveva finito quelli neri 😁

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