I tre volti

Ognuno di noi ha tre volti: quello che mostra quando dorme, quello che fa vedere agli altri nella vita quotidiana e quello che, in particolare, si apre in un sorriso.

Tre volti diversi per una persona sola. Il volto di chi dorme è il volto sincero, quello “interno”, che rispecchia chi siamo noi in realtà; è anche il volto amicale, del relax, di quello che indossiamo quando siamo con noi stessi, in solitudine (–> Il sonno ci fa belli). Poi c’è quello che mostriamo agli altri e che è invece proposto alla “difesa” del nostro io, forgiato apposta per “interfacciare” il mondo interiore con quello esterno, dell’ambiente che ci è proprio, per non far trasparire quanto di vulnerabile e di sensibile e di intimo ci appartiene; è il volto sociale, vale a dire il prodotto di tutte le nostre strategie di resilienza e di adattamento al contesto mutevole in cui viviamo e che ci mette alla prova, ci stimola, ma anche ci ferisce, ci destabilizza, ci aggredisce, ci indebolisce.

E poi c’è il volto del sorriso, il volto della comunicazione esterna aperta, di chi ci piacerebbe essere, di ciò che ci piacerebbe diventare, il viso che raccoglie le manifestazioni del nostro mondo interiore che fanno breccia tra le maglie della corazza sociale; è il volto prodotto dall’allentamento contingente dei vincoli e dei condizionamenti interpersonali e psicologici, un messaggio momentaneo e fuggevole di contatto, anche più intimo, verso chi ci circonda.

Il volto del sorriso ha molteplici gradienti. Dal sorriso contenuto e studiato a quello spontaneo e liberatorio. Ed è accompagnato a volte, negli scoppi improvvisi, da una sua musicalità non verbale non controllabile che mette a volte in comunicazione diretta l’esterno con modalità espressive non mascherate e, in quanto tali, vere e sincere.

Spesso si tratta di tre volti completamente diversi e ben caratterizzati, con espressioni facciali che sembrano quasi appartenere a tre soggetti diversi anche se riconducibili a un unico sé.

A volte si vede un volto serio e bello che si trasforma in un viso sorridente ma non piacevole o un volto dormiente quasi irriconoscibile rispetto a quello che abbiamo imparato a conoscere o un viso dal sorriso contagioso che suscita simpatia in un volto che sembrava invece scuro e scostante.

Del resto quando si sorride muoviamo ben 12 dei 36 muscoli del viso (–> Quanti muscoli si contraggono quando sorridiamo?) tra quelli normalmente deputati alle espressioni. Mi viene in mente il sorriso radioso di una Jiulia Roberts giovane (ai tempi dei film Pretty Woman o Mystic Pizza) che la illuminava il volto ancor di più di quanto non avveniva normalmente o il sorriso penalizzante di Clint Eastwood rispetto alla sua “maschera” da macho. Ma sono solo due esempi molto semplici. Se ne potrebbero trovare molti di più.

Ma tutti e tre questi “volti” sono espressioni naturali dell’unica profonda complessità dell’individuo. E del nostro prossimo il più delle volte conosciamo solo il volto sociale e, quando il contatto è meno distratto e fugace, qualche manifestazione in più limitata al volto del sorriso, entrambi comunque del tutto insufficienti per conoscere chi, il più delle volte, nel bene e nel male, non è mai (o non sempre) come si mostra.
[space]

↵ ↵ torna all’indice della Sezione ‘Opinando

<–  Del perché l’anima non è immortale
–> (…)