Il pieno di benzina

La macchina avanzava rapidamente sull’autostrada. La giornata bigia rendeva opaca la carrozzeria quasi a renderla tutt’uno con il colore monotono dell’asfalto.
«Non capisco perché te la devi prendere tanto…» disse l’uomo che aveva tenuto il cappello in testa «con te non si può mai parlare con tranquillità.»
Sulla destra si era appena aperto un campo sterminato di meli: erano tutti della stessa dimensione e sfumatura di verde. L’uomo lasciò che per un attimo l’occhio si perdesse tra i frutti e i ricordi.
«La verità è che non vuoi che ti si dia torto» fece la donna con risentimento.
«Torto, io? Sei tu piuttosto che non sprechi occasione per darmi addosso. Ci fosse una volta che prendessi le mie difese!»
«Forse è solo perché non hai quasi mai ragione? Ci hai mai pensato?»
L’uomo sbuffò e poi chiese affettuoso:
«Hai voglia di fermarti? Di andare alla toilette? Di mangiare?»
Nello stesso istante l’uomo inserì l’indicatore destro che ticchettò rumoroso mentre la macchina scivolava docile sulla corsia di scorrimento verso l’autogrill.
«Non ho bisogno di niente, perché ti fermi?» il tono di lei era seccato.
«Devo fare benzina. Non hanno ancora inventato una macchina che va senza…» rispose acido. L’uomo si fermò davanti ad una pompa e, slacciata la cintura, scese indossando il cappotto. Inserì la pompa nel serbatoio e fece il pieno.
«Approfittane che mi sono fermato» fece ancora lui parlando attraverso lo spiraglio del finestrino «guarda che poi faccio tutta una tirata fino a casa.»
Lei si voltò dall’altra parte per non rispondergli.
L’uomo quindi si avvicinò al ragazzo in tuta con un logo vistoso all’altezza del taschino e pagò. Pochi attimi dopo era di nuovo sulla sua Mercedes in accelerazione verso l’uscita. Il ragazzo lo guardò partire di gran fretta. Poi un collega più anziano, asciugandosi le mani unte in uno strofinaccio, gli domandò:
«Ma con chi parlava quello?»
Il ragazzo scosse la testa:
«Se diventando vecchio dovessi ammattirmi così a parlare da solo, ti prego, sparami un colpo prima.»

Ricordi nell’area di servizio

L’indicatore della benzina segnava il serbatoio pressoché vuoto. Luca inserì la freccia e si immise nell’area di servizio.
«Il pieno per favore» fece scendendo dalla macchina. Il ragazzo, in tuta verde con due strisce rosse sulle spalle, fece un lieve segno di assenso e nel sistemare la manichetta nel bocchettone del serbatoio si aggiustò il bavero già alzato.
«Pensi che qui, trent’anni fa, c’era una scuola…» esordì Luca volgendo lo sguardo tutt’attorno come se stesse materializzando l’immagine in quell’istante. «È stata la mia scuola elementare…»
Il ragazzo fissava il gorgoglio del carburante che si immetteva a pressione nel buio del serbatoio. Un vago odore di benzina aleggiava attorno al ronzio del distributore.
«Sono tantissimi anni che non vengo da queste parti» continuò l’uomo osservando ora con insistenza il giovane. «E’ proprio tutto cambiato. Ci si illude che il tempo rimanga fermo a giustificare i nostri ricordi. Invece purtroppo non è così: la vita vissuta esiste solo nella nostra mente e tornare non è mai una buona idea.»
Il ragazzo faceva di sì con la testa cambiando ogni tanto la posizione delle gambe.
«Lei non crede?» chiese Luca con un tono immalinconito.
Per un po’ il ragazzo rimase fermo, poi estrasse la manichetta che con uno scatto secco riagganciò sul lato della colonnina con un rumore sordo:
«Sono cinquantacinque euro» fece con freddezza asciugandosi le mani in uno strofinaccio.
Luca lo squadrò per qualche frazione di secondo. Poi pagò e risalì in macchina non smettendo attraverso il finestrino di fissare il ragazzo, rimasto accanto a lui a ricambiargli l’occhiata senza capire.
Quando Luca già si era lontano dal piazzale, il giovane si tolse distrattamente l’auricolare dalle orecchie e, mettendo mano alla cintola, sostituì dal lettore un CD con un altro. Quindi prese a servire un altro cliente.