Brioche brioche

Fece scalpore la notizia che lo Chef internazionale pluristellato K. avesse voluto aprire una pasticceria proprio in una via anonima (e malfamata) di un quartiere oltretutto altrettanto anonimo (e malfamato) della città. I suoi detrattori gongolarono al pensiero di un suo passo falso. E stettero ad aspettare.
Il Maestro era però nel suo periodo molecolare e non sentiva ragioni. Stava sperimentando prodotti innovativi e trendy, in particolare al cioccolato, tanto da essersi ritirato preventivamente per un anno nelle foreste interne del Venezuela per studiare la lavorazione del Criollo.
Ben presto, come era presumibile che fosse, stante la caratura del personaggio, il suo Point Extrafood prese piede, con un afflusso sempre più crescente di clienti, ma anche di esperti e di aspiranti allievi. Nella sua ricerca di perfezione, però, Chef K. scartava tanto cibo. Gelatina poco idratata, cristallizzazioni non calibrate, dolci non correttamente dressati. Se il dolce non raggiungeva lo standard di eccezionalità veniva gettato. Del resto, si sa: Chef K. non se lo poteva permettere di sbagliare, sicché a Tamil, il ragazzo di fiducia e tuttofare del negozio, quando arrivava la sera, toccava sempre preparare numerosi sacchi della spazzatura per buttare via tutto quel ‘ben di dio’.
Stanco di quel super lavoro e anche perché non comprendeva bene, lui che veniva da una famiglia povera, del perché di un simile spreco pensò un giorno che avrebbe potuto lasciare fuori dal locale il cibo da smaltire, in bella mostra, con su scritto a chiare lettere “gratis”. Si sarebbe risparmiato un bel po’ di fatica e avrebbe, perché no?, sfamato i bisognosi del vicinato, visto il livello del quartiere. E così fece.
Il primo giorno non successe nulla. Tamil, che aveva il compito sia di chiudere che di aprire il locale, fece subito sparire al suo arrivo ogni cosa perché il responsabile del negozio non se ne accorgesse. Il secondo giorno trovò la metà del cibo. Il terzo giorno più nulla.
Era successo che, dapprima, uno straniero di passaggio aveva fatto con quei dolci un’ampia colazione riempiendo lo zaino con parte del resto. E poi, nei giorni seguenti, un senzatetto si era messo a litigare con due extracomunitari che si volevano portar via tutti i bignè e le brioche, finendo però, tra insulti e spintoni, a dividersi tutto. Successivamente, quando ormai si era sparsa la voce, un certo Zach si mise d’accordo direttamente con Tamil dicendogli che ci avrebbe pensato lui stesso a distribuire razionalmente il cibo in quanto, essendo del posto, conosceva bene a chi darlo. E invece, dopo la chiusura della pasticceria, Zach si organizzò parcheggiando un suo barroccino esattamente davanti al negozio con la scritta ben in vista Outlet Point Extrafood ove rivendeva, durante la notte, i prodotti del Maestro barattandoli con droga e sigarette.
Questo fino a quando non arrivò il Grunch, con due scagnozzi al seguito, che, sulle prime, minacciò Zach di spaccargli le gambe se non lo faceva entrare nell’affare per poi farlo lavorare per lui mettendogli a disposizione i suoi due ragazzi come servizio di protezione.
Furono chiamate più volte le forze dell’ordine per far cessare il rumore e il disagio che di notte si veniva a creare tutto intorno al baracchino di Zach. L’affluenza di persone era veramente notevole e la gente chiacchierava fino a notte fonda. Ma non ci fu modo di mandarlo via anche perché, per intervenire drasticamente, si sarebbe dovuto in qualche modo entrare in conflitto con Chef K. mentre il Sindaco aveva dato disposizioni precise di non importunarlo, visto il lustro che il Maestro stava dando all’intera città.
Il traffico continuò ancora per alcuni mesi.
Fino a quando il Maestro non entrò nel suo periodo mistico.
Tanto che, per prepararsi a invadere il mercato con il suo innovativo e trendy Pane degli Angeli, così almeno aveva comunicato durante un’intervista rimasta celebre sulla rete nazionale, si è ritirato presso il Monastero di Cluny, in Francia, dove si trova ancora oggi. Non prima ovviamente di aver chiuso i battenti del suo Point Extrafood; il che fece ripiombare quella via, diventata grazie a lui famosa, nel più completo squallore.

L’Uomo dei funghi

Era giorno di fiera antiquaria. La gente si assiepava sotto il portico antico facendosi largo per cercare di passare o per guardare meglio la merce disposta in modo ordinato sulle bancarelle. La pioggia, che era iniziata a scendere all’improvviso, aveva aumentato l’afflusso delle persone senza l’ombrello alla ricerca di un riparo mentre l’umidità dispensava i profumi dagli stand in piazza che vendevano vin brulé e strudel.
«Li comprerebbe un po’ di funghi freschi?» disse l’uomo in stivali e giacca di velluto.
Il cameriere stava stendendo la tovaglia colorata sui tavoli davanti al ristorante; cercava vanamente di appianare la piega antiestetica che ci passava giusto in mezzo. Udita la voce squadrò prima l’uomo che sfoderava un sorriso piacevole poi il canestro appeso al suo braccio ricolmo di funghi di varia grandezza.
«Aspetti che le chiamo qualcuno…» fece il cameriere che realizzò subito essere quello l’unico modo per levarselo dai piedi.
Dopo qualche minuto uscì dal ristorante un uomo con in testa il cappello da chef e sopra il naso alla John Lennon un paio di occhiali con lenti abbrunate. Diede una fuggevole un’occhiata all’Uomo dei funghi e quindi al suo paniere; prese delicatamente in mano un paio di boleti, ne osservò alla luce le lamelle e infine se li portò al naso; controllò quindi dentro al cesto con attenzione scostando altri funghi. Senza dire alcunché se non indecifrabili suoni gutturali l’uomo con il cappello da chef afferrò da un tavolo già imbandito un piatto fondo e, dopo aver posato la cesta sulla tovaglia, cominciò a fare una cernita. Alcuni funghi li metteva sul piatto, altri direttamente sulla tovaglia. La scelta era rapida, sicura, senza tentennamenti. Una volta esauriti i funghi della cesta, senza soluzione di continuità, ripose quelli che erano sul tavolo nella cesta; prese infine in mano il piatto che ora conteneva sette/otto bei funghi porcini e un ovulo.
«Mi segua» gli comandò avviandosi in cucina.
All’interno del locale, da una nicchia nel muro di pietra che sembrava fatta apposta per ospitare una bella scrivania dell’Ottocento su cui si allargava la luce soffice di una lampada Tiffany, sbucò un uomo elegante in giacca e cravatta che dopo aver scambiato un cenno con l’uomo co il cappello da chef, si mise alla cassa digitando qualche tasto; tirò fuori quindi delle banconote che allungò all’Uomo dei funghi.
«Va bene così?»
«Benissimo» fece l’uomo che non aveva abbandonato il suo sorriso.
Il titolare lo accompagnò gentilmente alla porta dicendogli che se ne trovava degli altri lui li avrebbe comprati senz’altro. Ma una volta usciti l’Uomo dei funghi si arrestò di colpo.
«Che succede?» gli fece il titolare.
«Mi hanno rubato la cesta con i funghi!»
«L’aveva lasciata lì fuori? Con tutta la gente che c’è oggi?»
L’uomo si girò e fece un’espressione disarmante.
«Mi spiace per la sua cesta, se ci teneva…» fece il titolare corrucciando la fronte «ma il ladro avrà delle sorprese.»
«In che senso?»
«Mi ha detto il sous-chef che i funghi che ha scartato erano tutti letali o quasi.»


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