La signora è qui

«La signora è qui» fece l’avvocato entrando lentamente nell’aula per non fare rumore.
Il giudice alzò lo sguardo, prima su di lui poi su un’anziana signora che aspettava in corridoio. Aveva un cappellino curioso e una borsetta d’altri tempi, l’aria arcigna e battagliera. Si guardava in giro come per capire dove dovesse andare.
«Ha 93 anni…» aggiunse l’avvocato quasi per scusarsi.
«D’accordo la faccia venire…»
L’avvocato uscì per avvertire la cliente. Si offrì anche di darle il braccio per farla entrare con maggior agio, ma la donna si divincolò in malo modo. «Non sono un’invalida!» si sentì dire.
«Buongiorno, si accomodi…» fece il giudice indicando la sedia dall’altra parte della scrivania.
«Guardi che è un po’ sorda» bisbigliò l’avvocato accennando a un sorriso di intesa.
Il giudice fece un cenno con il capo e poi, rivolgendosi alla signora che aveva preso posto davanti a lui senza togliersi il cappellino, disse ad alta voce: «lei lo sa perché è qui, vero?»
«Sì certo… per quei due mascalzoni dei miei nipoti che vogliono mettere le mani sulla mia roba prima ancora che io tiri le cuoia…» e si fermò a guardare il giudice con gli occhi chiari e sbarrati come fosse anche lui il responsabile di quella situazione incresciosa. «Mi vogliono mettere l’amministratore di condominio… Hanno fretta. Loro.»
«L’amministratore di sostegno…» precisò il giudice.
«Sì, quella cosa lì… uno è un fannullone che vive alle mie spalle e sta a Milano, chissà in quale tugurio di sottoscala, e l’altro è un tossico che si fa di barbiturici da mattina a sera e vive con i sussidi della Caritas…» fece lei agitandosi.
«Il “fannullone” vive a Milano ed è primario al reparto di ortopedia del San Francesco di Sales di Opera mentre il “tossico” è professore di medioevalistica alla Normale di Pisa…» chiosò l’avvocato sottovoce per non farsi sentire dalla cliente.
«Ho capito…» fece il giudice chiudendo entrambi gli occhi per qualche secondo «allora, per il verbale… lei è nata a…?».
«Rovigo» rispose la donna cercando di attenuare il tono concitato ma mantenendo il viso imbronciato.
«Il…?»
«12 agosto…»
«Del…?»
«Non si chiede l’età a una signora…»
«Ma è per la procedura» le spiegò l’avvocato.
«È che ci tengo alla mia privacy… e poi è già scritto tutto in quei maledetti fogli lì» indicando con la testa il fascicolo che era tra le mani del giudice. «Non sa leggere?» chiese sfrontata al magistrato.
«In questi fogli c’è scritto anche però che lei dilapida i suoi soldi… fa spese inconsulte… del tipo che compra ogni settimana un nuovo divano per la casa e poi se ne disfa regalandolo al primo che capita perché non le piace più… oppure regala i soldi a chiunque venga a casa sua a chiederglieli… o ancora lascia mance vertiginose al macellaio, neanche fosse il suo tassista.»
«I soldi sono miei e ci faccio quel che mi pare.»
«Certo, niente di più vero. Il problema è che, appena dopo tre giorni aver ritirato la pensione, lei non ha di che comprarsi da mangiare. I suoi nipoti sono preoccupati per lei. Anche perché sta pure cercando di svendere l’appartamento dove attualmente vive. Dove andrà abitare, poi?»
«I miei nipoti fanno finta di essere preoccupati per me, in realtà non vengono neppure a trovarmi. Sono due egoisti. E poi ho ancora il box anche se la macchina l’ho venduta perché ci vedo poco. Andrò a vivere lì, se proprio ci tiene a saperlo, signor cancelliere… magari sul divano che mi è rimasto…» e strizzò un occhio per sottolineare l’ironia.
«È un giudice Marta, il dottore qui è un giudice non un cancelliere.»
«È lo stesso.»
«Cosa ci può comprare con mille euro, signora?» continuò il giudice, paziente.
«Con mille lire? Poco o niente… un chilo di patate?»
«Con mille euro, signora, le ho chiesto con mille euro… non ci sono più le lire… da tempo» cercò di chiarire il magistrato.
«E da quando?»
«Senta… mi può dire che giorno è oggi?»
«Il 12 febbraio, che diamine!»
«Sì, molto bene, ma di che anno?»
«Dell’anno che vuole lei…» disse sgarbata sbuffando.
«Marta, rispondi bene e con gentilezza al giudice» la incalzò l’avvocato. «La scusi, la prego…»
Il magistrato fece un gesto per rassicurare il difensore mentre la donna volse la testa da un lato, come volesse ritrovare la calma che aveva perduto. Poi prese un largo respiro.
«Siamo nel 1943, se non se lo ricorda! È preoccupante che uno come lei che fa un lavoro di responsabilità non lo sappia» rimbrottò la signora Marta facendo gli occhi a spillo quasi volesse fulminare il suo interlocutore. «Si faccia vedere da qualcuno bravo… Anche se, prima o poi, quel bravo baffetto vincerà e vi sistemerà tutti quanti: una volta per tutte.»