«E il resto?» domandò sgraziata la ragazza filippina sporgendosi dal bancone.
Il ragazzo, strascicando le coq sportif dorate, tornò indietro. Gli spiccioli gli tintinnarono nella mano e lui, con espressione vacua, alzò le spalle e se li infilò nel taschino. Raggiunse il vicino parco e trovata una panchina vuota si sedette pesantemente fissando per un po’ la confezione del chicken fried appena acquistato. E quando si decise ad aprirla il profumo lo mise di buon umore. Nella scatolina, in un angolo, c’era un biglietto in carta intestata:
Ciao,
sono un pollo di razza Endhoven e mi chiamavo Johnny 351TZ detto ‘il triste’. Ero chiamato così per via di una macchiolina grigia a forma di goccia che avevo appena sotto l’occhio destro. Sembrava stessi sempre per piangere, ma non era affatto così. Anzi, sono sempre stato un tipo piuttosto allegro. Sicuramente più allegro di tutti gli altri miei sedici fratelli, anche loro come me nella filiera, che non facevano altro che disperarsi per la loro vita e per la fine che avrebbero fatto. Ma io cercavo di tirarli su. Se si nasce pollo, si muore da pollo, tanto valeva riderci sopra. Sapevo un mucchio di belle storielle, sai? Alcune me le inventavo io stesso, altre le raccoglievo in giro… ma erano proprio divertenti. In fondo poteva andar peggio… come finire sotto un trattore, per esempio, se fossi stato lasciato libero di andare per l’aia.
Il padrone dell’allevamento, il sig. Arturo, è sempre stato premuroso con noi. Veniva spesso a trovarci, preoccupandosi di come stavamo e badando bene che la mangiatoia fosse sempre piena di becchime e medicinali. Suo figlio piccolo, Beppe, mi era invece meno simpatico, perché quando il papà non guardava mi schioccava addosso un elastico robusto che proprio mi faceva male alle zampe. Avrei tante altre cose da dirti perché la mia vita, durata ben 85 giorni (quattro più di mio padre e due più di alcune mie sorelle) è stata davvero intensa. Ma non voglio farti perdere tempo: tu hai fame e io mi sto raffreddando. Insomma, ci tenevo a presentarmi: sono stato sano e ho avuto una vita felice. E ora che ci conosciamo meglio, mi puoi mangiare con tutta tranquillità. Sarò sicuramente buono. Del resto sono nato solo per questo momento. Buon appetito.
Il bello è che non lo sono, vegetariano. Anzi prerferisco il pollo al tacchino. Ma anche sui tacchini ci sarebbe molto da dire…
io non avrei il coraggio di mangiarlo anzi non mangerò più pollo per tutta la vita ……..dimmi un pò sei vegetariano ?
🙁 e adesso come faccio a mangiare ancora del pollo?
Dunque… essendo un po’ ossessiva compulsiva ehm, mi son letta diversi racconti ed un bel po’ di corso.
Lascio un commento qui perchè è il primo box disponibile. Ben vengano tutti i commenti e le emozioni. La maggior parte si rifanno ad esperienze vissute o assiomi mentali che i racconti suggeriscoono più che ad una interazione creativa. Hai qualche idea in merito?
sono passata oggi per la prima volta qui e ho letto soltanto questa e quella della frittata. complimenti! credo che tornerò spesso.
Ombrellina
Basta coi militi ignoti! Ai soldati non solo le ‘piastrine’, ma anche un supplementare segno identificativo marchiato a fuoco sulle natiche. Suggerisco che anche le innocenti pallottole ne posseggano uno.
Le trombette dei riti commemorativi rimangano pure tranquillamente nascoste dietro il loro squillante anonimato.
Non nel senso di brutto, beninteso…
Terribile 🙁
Oni wa soto! Fuku wa uchi!
(Fuori l’orco! Dentro la buona sorte!)
Buon Setsubun (節分)!!! (^_^)
Hana
Essenziale Briciola! Come rovinarti uno spuntino colpendoti lì, nell’empatia! Siam tutti polli del resto.
è una storia che fa riflettere…. vegetariani o no aiuta ad avere più “rispetto” per ciò che abbiamo nel piatto
In effetti, la vita del pollo è un po’ triste, specie di quello in batteria… però non ce la faccio ad essere vegetariana, lo vorrei, sò che è giusto… ma non ce la faccio.