L’avevano prelevato a forza, notte tempo, da casa. Lui aveva fatto le sue rimostranze cercando di tenerli a bada con la propria eloquenza, ma i gendarmi lo avevano a un certo punto afferrato per le braccia e trascinato via.
‘Dove mi state portando?’ aveva chiesto lui disorientato; udì in risposta solo il passo concitato dei loro calzari e lo scoppiettio delle fiaccole che ondeggiavano, non per la brezza assente in quella notte buia, ma per l’andatura frettolosa di quel manipolo di persone. Nessuno rispose neppure quando si persero nel budello sordido delle vie antiche della città. Né l’uomo che conduceva il drappello dall’aria tronfia e superba e dal largo medaglione che gli luccicava a tratti sul petto, né gli uomini che lo avevano messo in mezzo e che solo ora si accorgeva essere muniti d’arme, corte e nude dei loro foderi.
Tacque anche lui. Il pensiero andò, chissà perché, a quella giovane che aveva incontrato il giorno prima al mercato; rivide gli occhi vividi, le labbra piene e il sorriso dolce.
Lo strattonarono ancora fino a quando non giunsero sotto un portico affrescato. Lo conosceva bene quel luogo perché il primo giorno della settimana vi arrivava dalla valle vicina un mercante di fiori e verdura che vendeva sottobanco anche libri e documenti antichi, frutto delle attività di sgombro di case e fienili.
Ad attendere gli uomini c’era un Anziano con il tallèd sul capo e un largo mantello pesante sino ai piedi a coprire la figura intera. Impugnava con dignità una pergamena come fosse un bastone di comando; la lunga barba curata accentuava lo sguardo severo e il biasimo che brillava nei suoi occhi scuri. Appena dietro, due uomini alti: uno recava nella mano destra una lancia da cerimonia, l’altro non si capiva bene cosa avesse sotto il pastrano; il loro sguardo estraniato era regolato su un punto lontano, oltre l’acqua che ruggiva nel canale sottostante nella sua corsa cieca verso il mare.
Lo portarono fin davanti a loro.
In un attimo il manipolo si sciolse per predisporsi in cerchio; ora le fiaccole innalzavano una fiamma tranquilla, segno di una falsa quiete e della peggiore delle sorti. Appena il tramestio ebbe a cessare, indugiò sugli astanti un silenzio di attesa. L’Anziano, scrollandosi di dosso la sua solenne immobilità, srotolò lentamente la pergamena e, dopo aver preso un lungo respiro, declamò:
Con l’aiuto del giudizio dei Santi e degli Angeli, con il consenso di tutta la santa comunità e al cospetto di tutti i nostri Sacri Testi e dei 613 comandamenti che vi sono contenuti, ti escludiamo, ti espelliamo, ti malediciamo ed esecriamo…
Lui capì subito di cosa si trattava: chiuse gli occhi.
‘Come potevano degli uomini liberi nel pensiero e nell’animo arrivare a tanto?’ Pensò.
Quella scomunica avrebbe pesato su di lui, sulla sua famiglia e sui suoi discendenti a venire; l’avrebbero additato per la strada, gli avrebbero sputato addosso all’incontro per la via e chiunque avrebbe potuto colpirlo se solo avesse voluto, certo del comune apprezzamento e dell’impunità; sarebbe stata una condanna fisica e morale senza rimedio e senza appello e solo perché aveva voluto riversare in un libro quel che davvero pensava del mondo e di Dio.
Che l’Eterno non lo perdoni mai. Che il suo nome sia per sempre cancellato da questo mondo. Che sia maledetto di giorno e di notte, mentre dorme e quando veglia, quando entra e quando esce. Che non gli sia reso alcun servizio e che nessuno si avvicini a lui più di quattro gomiti. Che nessuno dimori sotto il suo stesso tetto…
A ogni passaggio delle incolpazioni, l’uomo con il pastrano alzava al cielo privo di stelle un corno che suonava un’unica nota sostenuta, in modo greve e lugubre; subito dopo, via via, un gendarme spegneva la sua fiaccola soffocandola in un panno. Accadde più volte, questo, a testimoniare l’estinzione a poco a poco, senza rimedio, della sua vita spirituale da scomunicato. L’oscurità avanzava inesorabile come un nemico invisibile pronto a divorarlo.
Poi il buio totale coincise con le ultime parole profferite dal Rabbi. Un silenzio opprimente riprese il sopravvento facendo riemergere il suono fresco delle onde del canale. Tutt’attorno c’era l’odore acro delle torce spente che prendeva alla gola; come se lo stesso buon Dio, il cui conforto d’ora in poi gli sarebbe stato negato, stesse provando a togliergli il respiro.
Qualcuno in lontananza urlò qualcosa di indefinito.
Un corvo volò poco distante emettendo il suo richiamo oscuro che gli gelò il sangue.
Ora temeva il peggio.
Dopo qualche minuto si fece però coraggio frugando nelle tasche. Aveva una scatola di prosperi. Ne scelse uno a tentoni accendendolo sulla soletta dello stivale. Una luce fioca e incerta sembrava non voler vincere il buio del portico. Poi si convinse.
Lui si guardò attorno smarrito. Non c’era più nessuno.