Stavo uscendo dalla panetteria di Pievani quando mi ferma una signora che mi fa, radiosa:
“Ehi, ciao, come stai?”
La sua fisionomia non mi diceva nulla, ma il mio istinto mi diceva che, se avessi conosciuto una bella donna così, me lo sarei senz’altro ricordato: era infatti una moracciona alta, con due occhi verdi tipo ‘gatto sotto il letto’ e due labbra carnose da ‘sturalavandino’. Sono distratto sì, ma non fino a questo punto.
“E’ davvero un secolo che non ci si vede, ti trovo proprio bene!” proseguì in uno sbatter rapido di ciglia in cui mi soppesò dalla testa ai piedi.
“Grazie, ma anche tu non scherzi” le dissi sincero. Ma, vista l’espressione che dovevo avere, mi aspettavo, da un momento all’altro, la fatidica domanda. Che in effetti non tardò ad arrivare:
“Come non ti ricordi di me? Sono Micaela, ci siamo conosciuti tempo fa al matrimonio di Mario, il cugino di Amina!”
Feci alcune rapide considerazioni: Amina, la mia migliore amica, ha in effetti un cugino che si era sposato da qualche anno, ma non mi ricordavo assolutamente di essere andato al suo matrimonio. Se quella donna, però, sapeva di quel matrimonio e, soprattutto, se conosceva Mario, Amina e me voleva dire che non avevo scampo, non potevo essere che io lo smemorato di turno. Decisi di mentire spudoratamente.
“Ma certo Micaela, come potrei dimenticarlo!” dissi sfoggiando un sorriso bugiardissimo.
“Accidenti!” rispose “per un attimo ho pensato di non aver fatto colpo su di te…”
“No, no figurati, tutt’altro!”
“Senti… e poi l’hai risolto quel tuo problemino?”
“Quale problemino?”
“Il problema che avevi al tuo ‘coso’… ma si dai che hai capito… il tuo ‘coso’…”
Ho un problema al mio ‘coso’, pensai, e non lo sapevo?
“Ma sì, ne parlammo quasi tutta la giornata e io ti dissi che se proprio insistevi potevo aiutarti” e qui fece una pausa in cui mi fece ben intendere che tipo di aiuto fosse “e ti ho dato anche il numero del cellulare ma tu, niente, non mi hai più chiamato…”
A questo punto stavo annaspando visibilmente. Avevo il numero di telefono di quella sexbomb e non l’avevo chiamata? Cominciai a pensare di essermi totalmente bollito il cervello.
“Mi avevi anche detto che ne avresti parlato con Tonio, il tuo amico medico…”
No, era troppo! A quel punto non resistetti più e sbottai:
“Guarda, scusami Micaela, ma io davvero non mi ricordo di te, sarà una botta di rincipollimento precoce, ma è così!”
“Ma che delusione Filippo! Da te non me lo sarei mai aspettata …”
“Alt!!!” dissi io alzando il dito indice ammonitore “non mi chiamo Filippo (almeno credo)”.
Feci questa precisazione quasi sorridendo, visto che riuscivo ad intravedere il casello in fondo all’autostrada.
“Come… non sei il fratello di Maria Carla con cui sono andata alle Maldive l’estate scorsa?”
“No, mi spiace, non ho sorelle.”
L’espressione sua di disappunto era così simile a quella di una bambina cui avevano tolto da sotto il naso un gelatone al gianduia e stracciatella, che l’avrei riempita di baci. Ma il suo rapido passaggio al ‘lei’ ebbe lo stesso effetto di una frustata.
“Ah, mi scusi allora”. Ma io tenni duro.
“Beh, che vuol dire?, se mi ‘ridai’ il tuo cellulare, magari questa volta ti chiamo. In fondo se assomiglio così tanto a Filippo…” Marpioneggiai come un satiro.
“Eh no, il cellulare io l’ho dato a quell’altro. Io a lei neppure la conosco…” Quel ‘lei’ buttato lì mi ferì più di una coltellata al fegato.
Subito dopo mi dribblò con un colpo d’anca e prese la discesa verso piazzetta San Luca, senza neppure più voltarsi.
Io rimasi a bocca aperta vedendola scendere. Dopo tutto aveva ragione.
Mi andavo però chiedendo chi potesse mai essere quel tizio che, pur assomigliandomi così tanto, frequentava i miei amici e i miei medesimi ambienti. Magari era un clone che lentamente stava prendendo il mio posto. Ma poi mi venne da sogghignare: doveva trattarsi, dopo tutto, di un clone mal riuscito. Lui aveva un problema al suo ‘coso’, io no.