Nuvole

sole e tramontoLa prima volta che accadde quasi non ci si fece caso. Se ne accorse un uomo che camminava sul ponte, dietro al suo cane. Aveva notato, bruciate dal tramonto, delle piccole nuvole che parevano gonfie di rosolio per il colore che si portavano dietro. Erano in fila, come dirette pensose verso un altro mondo, in un movimento lento ma deciso, si sarebbe detto furtivo. Poi, una di loro, la quarta di sette, si staccò dal gruppo e cadde giù quasi che qualcuno avesse reciso i sottili fili che la tenevano per aria. Era caduta con la causalità di una foglia appassita fino a sparire dietro alla collina, giusto per sottrarsi alla vista di chi l’osservava morire. L’uomo con il cane si avvicinò alla balaustra sorpreso da quell’immagine; montò persino sul pilone del ponte per vedere meglio, ma era troppo lontano e non gli rimase che lavorar di fantasia incrociando lo sguardo del suo terrier.
Successe ancora qualche settimana dopo. Due innamorati si stringevano intorno al loro amore sul Molo delle Casse quando improvvisamente un’altra nuvola, sospesa come un interrogativo sul mare, scivolò giù verso la superficie dell’acqua immobile. Un enorme batuffolo di ovatta aveva ceduto all’attrazione fatale della gravità e si era abbandonata con la solennità di una mongolfiera ferita immergendosi tra le onde macchiate di rosso e di giallo di un altro tramonto dalla bellezza impossibile.
Da quel giorno gli avvistamenti delle nuvole cadenti si moltiplicarono.
C’era chi, in campagna, ne aveva vista una che, toccando il terreno, si era rotta come un grosso guscio vuoto. Ci fu anche chi, invece, raccontò che una nuvola grigia, nello scendere, era passata attraverso un cavo sospeso dividendosi in due; e, mentre la parte più piccola era tornata nuovamente in cielo, l’altra era rotolata e rimbalzata più volte sul suolo sino ad abbracciare una quercia secolare che per settimane fu avvolta da una fitta nebbia.
Tentarono di dare una spiegazione scientifica a questo fenomeno singolare senza però venirne a capo; circolarono per mesi le tesi più bizzarre, anche perché succedeva solo per alcune nuvole, indipendentemente dalla loro pezzatura, latitudine e clima.
Tempo dopo, un bambino notò, appena dietro casa, una nuvola sospesa sul prato sollevata di pochi centimetri, indecisa se risalire nell’azzurro o sciogliersi nell’erba. Lui si avvicinò curioso, toccandola: la superficie era tiepida, soffice ed emanava un profumo intenso di fiori recisi e terra bagnata. Vi entrò. Dopo qualche minuto lo seguì anche la mamma in cerca del figlio. E poi anche il gatto di casa. E un ragazzo che non voleva andare a scuola e aveva fatto un altro giro. E anche un pollo, forse attratto dalla novità. Via via, di seguito, vi fecero ingresso decine di altre persone di quel paese un po’ fuori mano, ciascuno alla ricerca di qualcun altro. Fino a quando la nuvola riprese lentamente quota con la stessa morbidezza con cui probabilmente era scesa a terra; si sollevò sempre di più per poi mettersi in fila insieme a tante altre del tutto simili per forma e colore; per vagare meditabonda incontro a un nuovo tramonto.

La finestra sulla valle

La cosa che più gli piaceva di quella casa era la finestra enorme, sulla valle. Un sospiro trattenuto sulla natura semiselvaggia di quella regione. Il dondolo di vimini cigolava cadenzato sull’assito, la pipa era spenta e lo sguardo del vecchio sembrava seguire un pensiero svolazzante libero nel cielo.
«Cosa farai, nonno, ora che sei in pensione?» gli aveva appena chiesto il bambino di sette anni; tra le mani due scatole vuote di sardine che ai suoi occhi erano macchine della polizia.
L’uomo continuò a cullarsi, poi prese la pipa tra le dita, la sganciò dai denti e la posò sulla pancia:
«Potrei mettermi a vendere nuvole.»
«Fichissimo, nonno» fece il bambino mollando per terra i giocattoli e scivolando fin verso la sua sedia. «E sarebbe?»
«Potrei farmi autorizzare dal Centro Internazionale e assegnare a chi lo richiedesse il proprio nome ad una data nuvola. Potrei rilasciare il certificato di attestazione con tanto di foto e tessera magnetica. Insomma, ognuno potrebbe avere la sua nuvola personale portafortuna; così ogni volta che la si vedesse in cielo, magari dall’altra parte del mondo, si potrebbe dire, ‘toh, guarda, la mia nuvola Angelina’ oppure ‘quella è la nuvola Carolina, ma che ci fa da queste parti?’… A te non piacerebbe avere un nuvolone tutto tuo, magari nero nero e minaccioso, con dentro tuoni e fulmini? Il ‘nuvolone Luigino’?»
Al nipote gli si accese una luce negli occhi e cominciò a saltare su se stesso dalla contentezza.
«Sì, sì, fallo nonno, fallo!»
«Va bene» fece lui dandogli una carezza sulla testa bionda. «Oggi è domenica e gli uffici sono chiusi. Domani telefono e sentiamo cosa mi dicono.»
Una chiazza di sole illuminò come un proiettore una quercia lontana, quasi a volerne sottolineare la solitudine. Il vecchio si risistemò la pipa in bocca e continuò a dondolarsi lentamente, mentre il bambino aveva ripreso di buona lena a far scontrare le lattine riempiendo la stanza di versi e gridolini.
«Diventeremo ricchi, nonno» disse ancora il bambino, tra sé e sé, muovendo dalla sua sinistra alcune scatole di fiammiferi tenute in verticale come soldatini. «Così potremmo comprarci la televisione.»

Nuvola raminga

C’è il silenzio intorno al tuo viso. Guardi una piccola nuvola raminga carica di pioggia che vola bassa contro le luci del tramonto. C’è la poesia intorno alle tue labbra. Una sfumatura carnosa che mi ha rubato l’anima la prima volta che mi ci sono perso. C’è il mio desiderio attorno ai tuoi pensieri nascosti e vorrei trasformarmi in un batuffolo di cotone per farmi trasportare dal vento dei tuoi sogni. Vagheggiare così tra le tue immagini colorate e i tuoi battiti di ciglia, tra i riflessi dei tuoi sorrisi e le parole mai dette.
Il tramonto ora entra nei tuoi occhi. Ma non sarà capace di uscirne più.