Piccoli passi

Poteva avere settant’anni, ma forse meno, difficile stabilirlo. I capelli radi erano appiccicati al cranio. Solo alcuni denti abitavano la bocca storta pendendo scuri dal palato. Il busto era eretto, ma rigido come fosse un tutt’uno con il bacino. Le gambe, nascoste da pantaloni lunghi e sformati, erano pesanti e legnose. Si guardava attorno, sbarrando gli occhi, con la mano in mezzo alla barba spessa. Poi, individuata la sua meta, cominciava ad avvicinarsi. I passi erano piccolissimi non più lunghi di dieci/quindici centimetri; e anche se cercava di spostarsi in fretta strascicava le suola con una lentezza esasperante sicché la persona verso cui si stava dirigendo, giusto per chiedere qualche moneta, prima o poi se ne andava. La vasta stazione a quell’ora era semivuota. Era passata da tempo l’ora dei pendolari e c’era rimasto solo qualche sparuto turista. Il vecchio però non si scoraggiava. Visto sfumare il suo ultimo obbiettivo, ne cercò subito uno nuovo; valutò i tempi e le possibilità e quindi ripartì di gran lena con i suoi passi corti. Ci provò diverse volte senza mai riuscire nell’intento. Una giovane ragazza stava per essere da lui raggiunta quando gli sgusciò all’ultimo secondo quasi a toccargli la mano tesa; poco distante un ragazzo appena sceso dal treno, se l’era portata via in in un turbinio di baci e abbracci. Rimase per un po’ fermo, in mezzo alla sala, per studiare meglio la situazione. Individuò un uomo un po’ più lontano, appoggiato al muro di fronte alla farmacia. Aveva l’aria di non aver fretta. Si diede lo slancio e ricominciò la traversata. Un passo dopo l’altro. Accelerò persino, per quanto possibile: lo stomaco era vuoto dalla sera precedente e doveva farsi dare qualche spicciolo per una birra. Camminò pieno di speranza procedendo diritto davanti a sé verso quell’uomo che ora si era messo a leggere il giornale e la cosa prometteva bene. Forse ce l’avrebbe fatta. Un passo ancora e poi un altro e poi un altro ancora. Mancavano pochi metri. Un sorriso storto cominciava ad apparire sul volto del barbone. Un metro solo, un metro soltanto. ‘Adesso se ne va…’ pensò lui, ‘…se ne vanno tutti a questo punto…’ Ma l’uomo con il giornale era ancora lì. Il barbone adesso gli era di fronte. Era così emozionato di essere riuscito nella sua impresa che quando l’uomo del giornale alzò lo sguardo per squadrarlo con aria interrogativa lui non seppe cosa dire. Il vecchio chiuse gli occhi come per ricordarsi.
«Ah sì» fece biascicando a far tremare i denti bruniti: «che ci avresti un euro per mangiare?»
L’uomo con il giornale si scostò dal muro e ripiegò il giornale con cura; guardò il barbone e disse:
«Favorisca i documenti, prego».