Un mondo a colori

«GranPolpo, GranPolpo, presto, venga!»
Dal fondo dell’anfratto si sentirono dei suoni confusi.
«Come ti permetti di entrare qui dentro senza farti annunciare?» sbraitò poco dopo GranPolpo.
PolpoStorto si arrestò subito, d’un tratto cosciente della sua imprudenza. Ma poi, riprendendo coraggio, continuò:
«Sono davvero rammaricato, GranPolpo, mi duole disturbare… ma sta succedendo qualcosa di incredibile, là sul Fondale… è… è arrivato un tizio, un Polpo davvero strano… che dice di vedere… di vedere a colori.»
«Non mi seccare PolpoStorto, è l’ora del riposo, parlaci tu con questo tipo se proprio ci tieni… e inoltre… che fesserie vai dicendo? Anche noi vediamo a colori.»
«GranPolpo, mi permetta, questo Straniero parla di colori mai visti…»
GranPolpo a quel punto spalancò gli occhi con un’espressione interrogativa. Il sonno oramai si era volatilizzato come una sogliola sotto la sabbia. Ci pensò un po’ su e poi obbiettò:
«I colori che vediamo sono già tanti: bianco, nero e un’infinità di sfumature intermedie di grigio; non ci sono altri colori! È chiaro quindi che è un ciarlatano. Non ci voglio parlare per nessuna ragione.»
«GranPolpo, vorrei poter insistere… PolpoImmenso, questo è il suo nome, dice che noi Polpi non abbiamo affatto la pelle grigio-scura, semmai di un bel rosso sfumato di marrone. E poi – e questo è davvero pazzesco solo a pensarci – sostiene che possiamo cambiare colore spontaneamente quando siamo minacciati da un predatore, in modo da confonderci con l’ambiente. Si chiama miretism… mimerism… mimetismo, ecco!»
Negli occhi di GranPolpo, a questo punto, si accese una luce.
«Rosso sfumato? Ma cos’è il Rosso?» chiese uscendo lentamente dalla tana.

PolpoStorto accompagnò GranPolpo al Fondale dove, da sopra a una grossa àncora arrugginita, un Polpo di grandi dimensioni stava arringando una platea nutrita di consimili. C’erano anche delle seppie e qualche calamaro.
«…anche il Mondo-fuori-dal Mare è colorato, anzi molto più colorato del Mare e dei suoi abitanti. C’è il verde dei prati, l’azzurro del cielo, tutte le sfumature di giallo/rosso dei tramonti, il blu/nero della notte…» affabulava con passione PolpoImmenso con il tono di chi sta raccontando una bella storia di avventure.
«C’è un Mondo-fuori-dal Mare?» chiesero in molti stupefatti.
«Certo ed è bellissimo!»
«E tu come fai a saperlo? Sentiamo!» domandò irridente GranPolpo.
«Perché, purtroppo tempo fa, sono stato catturato da una rete di pescatori e sono rimasto per diverse ore sulla imbarcazione degli Uomini fino a quando non sono riuscito, notte tempo, a fuggire dalla vasca dove mi avevano gettato…»
«Come è possibile che vedi, come dici tu, tutti questi colori e noi no?» fece PolpoRuvido.
«Un mio antenato sembra sia stato adottato da un banco di torpedini e la lunga esposizione alla corrente elettrica ha creato in lui un’alterazione genetica che si è tramandata… Lo so, sono proprio un Polpo fortunato.»
«E… e davvero io sarei Rosso, sfumato di marrone?» chiese GranPolpo incredulo e affascinato.
«Sì, esatto, e su questo Fondale beige e tra le acque azzurre di questa zona fai anche una figura regale…»
«Fondale beige? Acque azzurre?»
«Sì… e i tuoi figli, che ti sono ora attorno, sono rosa pallido come la pancia delle stelle marine…»
«Che bello…» fece GranPolpo estasiato accarezzando i suoi piccoli.
«E poi, pensate…» rivolgendosi a tutti «…le grandi tartarughe marine hanno un guscio marrone/verdescuro mentre il loro corpo rugoso è di un giallo cangiante; ci sono poi delle enormi balenottere di un blu così intenso che si rimarrebbe per sempre incantati a guardarle, per non parlare delle infinite tonalità dei colori pastello delle caravelle portoghesi quando sono attraversate dalla luce del sole che penetra nell’acqua…»
La platea degli astanti era rimasta senza parole.
«Ma GranPolpo dove sta andando?» chiese a un certo punto PolpoImmenso vedendolo allontanarsi nel profondo blu.
«Dice che sta cercando un banco di torpedini…» fece PolpoStorto, alzando i tentacoli.

La casa gialla

 

Emiliano era sceso dalla macchina. La poca pioggia appena caduta si era impastata con la polvere del parabrezza. Stava pulendo il vetro come meglio poteva quando la sua attenzione fu attratta dalla villetta di fronte: era accogliente, sobrio, curato nel taglio del prato e nei fiori ai balconi, con una snella staccionata in legno, dello stesso colore dei muri, che gli girava attorno come un abbraccio.
«Un giallo canarino terribile, vero?» gli disse alle sue spalle un signore seduto su una bicicletta. Sembrava un inglese per come era vestito, ma anche per quel  suo modo curioso di impostare le labbra mentre pronunciava le parole. Non aveva però nessun accento.
«Lo stavo appunto osservando» confermò Emiliano avvicinandosi alla casa. «È di un colore che non ci si aspetterebbe neppure da queste parti.»
«Pensi che un mese fa, qui non c’era nulla. Solo un bosco di pioppi.» Il tizio si era messo comodo dondolandosi appena sul sellino: aveva una gran voglia di chiacchierare. «Sono stato all’estero per una ventina di giorni e quando sono tornato, una settimana fa, la villa era già lì.» Ne parlava con rispetto quasi se ne avesse timore. Emiliano, incuriosito, si era sporto in avanti per vedere meglio e, appoggiandosi a un asse del cancelletto, ne staccò un piccolo pezzo.
«Ma la cosa più curiosa» continuò l’uomo indicando la casa «è che ogni giorno ha i muri dipinti di un colore diverso.»
Emiliano si girò verso il signore in bicicletta accennando ad un sorriso.
«Scherza, vero?»
«Le assicurò che è la pura verità» rincalzò l’altro. «Il primo giorno che l’ho vista era rosa shocking, poi azzurro cielo, quindi, nell’ordine, viola, blu e ora giallo.»
«Incredibile.»
«Lo è davvero, soprattutto se si pensa che non si vede mai nessuno intorno alla casa, né alcuna luce all’interno o ponteggi fuori che giustifichino i lavori. L’unica cosa certa è che la sera ha un colore e al mattino un altro.»
«Forse è gente eccentrica e anche un po’ misantropa» fece Emiliano tagliando corto e ritornando alla macchina.
«Chi può dirlo?» gli rispose l’uomo in bicicletta riprendendo a pedalare. «La gente è strana.»
L’indomani, a casa, Emiliano trovò il pezzettino di legno della staccionata della strana villetta. Se l’era inavvertitamente messo in tasca quando era venuto via da quel posto. Solo che il frammento non era più giallo ma blu cobalto. Lo piazzò sul proprio scrittoio per tenerlo d’occhio. Il giorno dopo era verde smeraldo, quello successivo arancione, quindi lilla, grigio fuliggine, a scacchi bianchi e neri. Infine sparì.