Le luci degli stop delle macchine che mi precedevano, cominciavano ad avere su di me un effetto ipnotico.
‘Come sono stanco stasera’ mi dissi mentre già scorgevo in lontananza, sopra alla galleria che stava per fagocitarmi, la chiesetta di San Manezio, incartata com’era in una luce color arancio che accentuava la sua evanescenza.
Non riuscivo a tener ferma l’attenzione sulla guida, il pensiero scantonava di continuo: alla giornata inconcludente appena passata, al caldo abbraccio della mia casa che mi stava aspettando, a Bloomy il Gatto che avrebbe protestato, strusciandosi a coda ritta sui miei pantaloni per quell’inammissibile ritardo. Sì, mi sarei fermato volentieri, non fosse stato per l’oramai prossimo casello di uscita.
Meccanicamente sfilai i soldi dalla tasca e li allungai insieme al biglietto al casellante. Lui, un giovane sui venticinque anni, occhiali con una grossa montatura scura di chi vuole nascondere una timidezza scomoda e ingombrante, mi squadrò un attimo per poi manovrare goffamente davanti a sé come se stesse facendo un espresso. Prelevò ad uno ad uno i soldi dalla cassa e fece il gesto per darmi il resto. Ma esitò.
“Mi dica” – quasi sussurrai io, capendo che voleva comunicarmi qualcosa.
“Mi scusi, ma glielo devo proprio dire: sono qui da questa mattina e lei è l’unica persona, in tutto il giorno, che mi ha sorriso”.