Smagliature nel tempo

L’uomo era ben vestito, ma la giacca e i pantaloni erano logori e spiegazzati. I capelli spiovevano sottili, senza forma, come stoppia grigia, conferendogli un’aria da persona eccentrica e bizzarra.
«È lei che mi stava aspettando?» chiese con entusiasmo a un signore alla fermata del bus con un cane a guinzaglio. Questi lo fissò, dapprima come se non avesse capito la domanda, quindi gli rispose seccato:
«No… no, affatto».
L’uomo si spostò, leggero, verso un secondo signore seduto su una panchina all’ombra di un platano:
«È forse lei che si chiama Vladimiro? Sono in un ritardo imperdonabile …» chiese con gli occhi che gli luccicavano di speranza. Il tipo, abbassò il giornale e lo squadrò da sopra gli occhiali bifocali; scosse la testa. «E Estragone? Gli dice niente questo nome?» insistette. L’altro, abbarbicato dietro una espressione di finta partecipazione, scosse nuovamente la testa. L’uomo ben vestito fece altri due passi di lato, ma la persona, cui si presentò gli disse di no prima ancora che aprisse bocca. Proseguì di una decina di metri verso la fontana. Ora aveva l’aria un po’ abbattuta, ma non si stancò di riproporre la stessa domanda a un ragazzo sui vent’anni.
«È lei che mi stava aspettando? Sono Godot… mi manda Beckett» fece con rinnovata speranza.
«Chi?»
«Beckett… Samuel Beckett, quello che scrive».
«No, mi spiace, non conosco nessuno con questo nome».
L’uomo ora sembrava preso da una frenesia esagerata. Era nervoso e gli tremavano le mani. Si guardava attorno come se si stesse chiedendo ‘E adesso?’
«Estragone e Vladimiro l’hanno aspettata molto, sa?» obiettò con disapprovazione una ragazzina che gli era accanto da un po’ e che lui non aveva notato «… e Beckett è pure morto».
«Cosa significa che sono andati via?» fece deluso Godot con una faccia che sembrava una maschera. «Quando sono andati via?»
«Parecchio tempo fa, nel gennaio del ’49… ci sono rimasti molto male che lei non sia venuto all’appuntamento. Ci contavano».
«E mi stava dicendo che Samuel Beckett è pure morto?»
«Eh sì, proprio così… le persone hanno la brutta abitudine di non essere eterne» fece la ragazzina trattenendo a stento un sorriso.
Godot abbassò gli occhi come se si fosse reso conto di quello che aveva combinato. Tirò fuori un fazzoletto grosso come una tovaglia e ci soffiò il naso. Guardò ancora una volta la ragazzina e poi le chiese: «Ma lei chi è, scusi, e come fa a sapere tutte queste cose?»
«Le ho sapute leggendo, qua e là. Ah… io sono Zazie, piacere» disse sorridendo in modo contagioso e dandogli la mano. Poi la ragazzina girò la testa da una parte e dell’altra quasi stesse cercando qualcosa. Poi, rivolgendosi all’uomo che era ancora di fronte a lei, domandò: «Sarebbe così gentile da indicarmi, per favore, in che direzione si trova il metrò?»