Brodo

Oreste, al Bar del Cinghiale di Lughi, trafficava con piattini e tazzine di caffè. Le stava sistemando alla rinfusa, una dopo l’altra, dentro al lavastoviglie, facendo il solito baccano d’inferno.
«E Sandro, quel vecchio impenitente? L’hai più visto?» sentì appena dire da don Remo alle sue spalle.
«L’ho visto giusto tre o quattro giorni fa» fece Oreste girandosi, ma osservando l’andirivieni della gente in piazza. «Quasi non mi ha salutato. Camminava a testa bassa, come se ce l’avesse con il mondo intero.»
«Avevo appuntamento con lui ieri sera, in canonica, ma non è venuto» tagliò corto il parroco sospirando. «Sembrava importante.»
«Per la verità è qualche giorno che non lo vedo neanche io» fece il postino aggiustandosi la tracolla della borsa sulla spalla; Oreste per un attimo incrociò il suo sguardo e lui subito ne approfittò per ordinare un sambuca doppio. «Ma sta benone, ne sono sicuro» aggiunse facendo qualche passo sul posto pregustando la bevanda appena ordinata. «Passando con il vespino ho sentito provenire da casa sua quella roba melensa che ascolta sempre. Crack, Smack…» e fece un gesto indefinito nell’aria.
«Bach… ascolta Bach» disse sbuffando dal suo tavolo d’angolo il marchese Porzio Li Mondi Crespi senza neppure alzare gli occhi dal solitario.
«Sì, proprio quella roba lì» fece il postino. «Sempre a tutto volume.»
L’indomani don Remo arrivò al casale della Bruciata che era mezzogiorno. Il postino aveva ragione. Il preludio di Bach si sentiva fin dalla strada. Pensò alla telefonata che Sandro gli aveva fatto preannunciando la sua venuta per la sera precedente: aveva notato una strana incrinatura nella voce del vecchio e voleva saperne di più, visto che oltretutto non si era poi più fatto vedere. Smontò dalla bicicletta con circospezione. Il noto carattere collerico di quel mangiacristiani, che la vecchiaia aveva solo peggiorato, gli imponeva di far attenzione. Appoggiò la bicicletta al pilone del cancello e suonò. Si mise sui talloni, cercando di vedere se riusciva a scorgerlo oltre la linea della proprietà. Attese. Il volume della musica era però troppo alto perché Sandro sentisse. Del resto era proprio per la sua sordità che sentiva la musica a quel volume insopportabile. Don Remo decise di entrare dal cancello, sempre aperto, e si avvicinò alla porta del casale. Suonò più volte. Non avendo ricevuto risposta, sempre temendo che la canna di un fucile prima o poi facesse capolino da una finestra, fece con cautela il giro della casa. Dalla porta a vetri della veranda sbirciò dentro. In quel mentre la musica cessò. Il prete prese allora a bussare forte alla finestra e a chiamare l’uomo a gran voce. Per vedere meglio all’interno e vincere il riflesso del sole di mezzodì, raccolse le mani a conca attorno agli occhi. Vide Brodo, il golden retriver del vecchio, che teneva la grossa testa sul braccio inerte di Sandro; lui era riverso sulla poltrona, il capo girato innaturalmente all’indietro, lo sguardo perduto nel vuoto. Dopo essere rimasto un po’ così, quasi senza respirare nel silenzio della casa, il cane si alzò per raggiungere lentamente un angolo della stanza dove c’era un apparecchio nero; con un colpo preciso della zampa spinse un pulsante facendo ripartire a tutto volume il cd con le composizioni di Bach; poi tornò indietro per appoggiare nuovamente il muso sulla mano del padrone senza perderlo mai di vista.
Intanto il clavicembalo ben temperato, con la precisione degli eventi ineluttabili, rovesciava le sue note gravi nell’aria immobile della campagna.