Angelo Custode cercasi…


gesu@nellaltodeicieli.par

Caro Distinto Spettabile Gesù,
sono un bambino di quasi tredici anni ma ne dimostro undici; dodici và con il cappello da cowboy pompiere.
Tutti gli altri compagni sono più grossi di me ed è una giungla là fuori.
Ti scrivo, scusa, perché non sono mica tanto contento.
Spero che questa mail ti arrivi e che tu ci abbia il uafai.
L’Angelo Custode che mi hai mandato è difettoso, non funziona bene perché non mi protegge per niente.
Maicol della terza C è un gran prepotente. Mi ruba sempre la schiacciata e le figurine dei supereroi e mi da gli spintoni nell’ora di ricreazione. Che una volta mi ha fatto pure male al labbro. E la Deborah, non so perché, mi ci ha subito messo sopra un bacio; mi ha detto che così passava tutto e invece non è passato niente e mi ci ha lasciato pure una bava da lumaca che non è tanto igenico igienico. Le femmine sono proprio strambe.
Ma non voglio farti perdere tempo impegnato come sei a fare un sacco di miracoli.
Quest’Angelo quì o non ha voglia di lavorare e allora è un extracomunitario come dice papà o non è imparato. Se non è imparato pensaci tu che sei bravo in queste cose.
Ho visto su Google che ci sono Angeli anche con quattro ali e con la spada fiammeggiante che quella mi servirebbe proprio. Scegline uno tosto e che sa anche di arti marziali, non si sa mai. L’Angelo da buttare mettilo invece alla cassa internazione integrazzione come dice papà, anche se non so cosa vuol dire.
In alternativa mandami un mucchio di muscoli oppure, che è ancora più fichissimo, dammi dei superpoteri. Tipo dare la scossa elettrica a distanza o lanciare microcoltelli avvelenati o trasformarmi in una Superzanzara. Così senza essere visto lo riempio di bolle, a Maicol, che è pure allergico e lo mando su da te e tu lo puoi menare gli puoi parlare…
Confido in te che sei potentissimo, almeno così mi dicono.
Non mi deludere. Ti stimo molto.
Tuo affezionato
Santino
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hat_gy

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Guede

Il bambino era seduto sul letto della sua cameretta, i piedi a ciondoloni.
«Ma tu, Guede, sei contento di essere il mio Amico Immaginario?» domandò tappandosi un poco le orecchie quasi avesse paura di sentire la risposta.
Guede, abbandonato sulla poltrona, aveva un’espressione assorta; il viso, piccolo e storto, sul quale erano montate festose orecchie a sventola, era avvitato su un corpo esile, da cui si dipartivano inaspettatamente braccia e gambe lunghe e sproporzionate. «Ehi, parlo con te, perché non mi rispondi?»
«Tua madre ieri mi ha visto mentre aprivo il frigo…»
«Ti ha visto? Come sarebbe a dire ti ha visto? Ma se sei invisibile, agli altri dico…»
«Appunto, non lo sono più. Mi spiace, Michelino, non sono più ‘Immaginario’.»
Il bambino aveva gli occhi sbarrati, le mani appoggiate sulle guance, non ci poteva credere. I conti non gli tornavano, chiese:
«Se non ti ho immaginato io, allora da dove sbuchi?»
«Anni fa mi avevano mandato ad aiutare un bambino che abitava qui accanto. Mi sono confuso con gli indirizzi e sono venuto da te. Senza il mio aiuto, il bambino purtroppo è morto e, visto che non mi volevano più indietro, avendola combinata grossa, sono rimasto da te.»
Si fece silenzio tra i due, il bambino era rimasto senza parole.
«Sei venuto da me per caso?»
Guede annuì guardando fuori dalla finestra imbarazzato.
«Non è che sei un Angelo, vero?»
Guede annuì ancora una volta. «Il mio vero nome è Hanatenah e vengo dal Quarto Cielo. Se sono diventato visibile…» continuò a confessarsi «allora vuol dire che dovrò lasciarti.»
«Non puoi farlo» protestò Michelino allungando la mano come per trattenerlo. «Noi siamo amici… io, io ti voglio bene»
«Lo so, ma ora tu sei grande…»
«Troppo grande per avere amici?»
«Troppo grande per avere Amici Immaginari o avere un Angelo Custode»
«Ho capito.»
Guede a quel punto si alzò. Le sue braccia sembravano toccare terra. Avrebbe voluto avvicinarsi al bambino per abbracciarlo un’ultima volta, ma vide che la madre stava seguendo la scena, immobile, dal corridoio, e rinunciò.
«Potresti diventare l’Amico Immaginario di quale altro bambino del quartiere» insistette Michelino con un filo di speranza «in questo modo potremmo incontrarci ancora, magari per caso, non si sa mai.»
«E’ vero, ma allora diventerei invisibile anche a te…»
«Non importa, saprò che ci sei.»
«Va bene, allora chiedo in giro…»
Poi il bambino si mise a piangere e Guede se ne andò senza far rumore.