Lasciare che il racconto sia terminato dal Lettore

La-conclusione-del-racconto; accordo-Scrittore-LettoreUn modo per superare la brevità di un racconto, quando non si vuole superare la lunghezza della cartella, è quello di lasciare il finale aperto in modo che sia il lettore a completare la trama (se ne è fatto cenno in altra pagina di questa stessa Sezione, –> Il finale aperto del racconto. Il ruolo chiave del Lettore).

Non si tratta, voglio subito chiarire, di una conclusione tronca del racconto che si verifica quando chi legge avverte l’interruzione inaspettata della narrazione, ma di una prosecuzione delegata, suggerita, non svelata.

Non si deve cioè dare l’impressione che l’autore non sapesse come continuare, bensì che l’esito lasciato in sospeso sia una sua precisa scelta per coinvolgere chi sta leggendo. Il lettore, infatti, grazie alle informazioni acquisite durante il racconto, sarà in grado, se lo vorrà, di tracciare lui stesso il finale, esercitando quel diritto a scegliersi la conclusione che più gli aggrada.

Ma perché fare questo?

Un motivo l’ho già indicato. È quello di abbattere i limiti spaziali angusti del racconto brevissimo, una volta che si è scelto di volersi cimentare con questa particolare forma espressiva; anzi, proprio nella previsione di avvalersi di questa strategia narrativa, si può predisporre la trama per questo tipo di soluzione, pilotando l’azione principale e i personaggi verso il momento finale in modo che sia il più naturale possibile il passaggio verso l’altrui completamento.

Un’altra ragione di utilizzo è quello di dare una veste strutturale diversa, più originale, al proprio scritto, assegnandogli una specie di alone di mistero, un’aurea rarefatta e non precisa che sfuma nel possibile e nell’indefinito.

L’autore, in questo caso, esercita una forma di libertà di non completamento tracciando solo le linee guida della trama, come se, cioè, costruisse i binari perché corrano tra pianure e boschi, attraverso gallerie e ponti, e poi li lasciasse interrotti nel bel mezzo di una spiaggia davanti al mare.

Un terzo vantaggio, quello più importante, è quello di creare una sorta di effetto fidelizzazione nel lettore.

È dimostrato che proprio là ove il lettore più fa lavorare la propria immaginazione, maggiormente crea una propria correlativa fascinazione, a volte persino profonda, verso il testo letto. E questo non è solo perché ha ‘sognato a occhi aperti’ avventurandosi nel mondo della fantasia, quanto piuttosto per il fatto che, così operando, ha reso anche più ‘suo’ il testo, appropriandosene, diventando una sorta di ‘coautore’ e sviluppando un senso di complicità e identificazione con l’autore.

Anche se per brevi istanti, qualora la conclusione delegata sia ben costruita, si verrà a creare una sorta di fusione tra storia scritta e storia letta che aggancerà il lettore ‘creativo’ al testo, soprattutto se avrà fatto nella propria testa un buon lavoro di completamento che lo avrà soddisfatto.

Ciò di cui bisogna fare però molta attenzione, in questo tipo di operazione, è di curare il momento della conclusione ‘sospesa’ in modo che, come si è detto, sia morbido, senza strappi o incongruenze, come se fosse lo stesso racconto a richiedere al lettore di terminare il lavoro.

Secondariamente, occorre che, nella parte di testo espresso, si fornisca tutto il materiale immaginifico su cui il lettore potrà (e dovrà) lavorare in modo che il kit di completamento sia sotto i suoi occhi senza però renderlo palese.

Il racconto con la conclusione in sospeso non è un rebus o un indovinello, ma una trama in due tranche, la prima dell’autore, la seconda, guidata invisibilmente dallo scrittore, del lettore. Chi legge deve solo comporre i pezzi del puzzle, secondo le istruzioni non scritte, legandoli in modo coerente e logico, e traendone la soluzione per lui più gratificante.

È necessario, infine, non abusare di questa metodica, perché, a lungo andare, stressa il lettore, demandandogli quello che è normale e logico spetti invece allo scrittore; inoltre, questo espediente va a sanzionare i lettori privi di fantasia (o pigri) che non si sentiranno in grado di poter completare il lavoro, cosa che farà nascere in sé o un senso di frustrazione per non aver le competenze cognitive per finire il lavoro o una sensazione di fastidio per aver letto un racconto non finito.

Per concludere, un esempio di questa interessante tecnica narrativa. In realtà ce ne sarebbero tanti da fare, ma uno lo trovi in questo racconto –> Il rinoceronte e in questo –> Nel suo giardino.

Si parla della importanza del coinvolgimento specifico del lettore nel testo, in questa stessa Sezione di Scrittura creativa, anche alle pagine: –> Un parallelismo tra scrittura e cucina; –> Il finale aperto del racconto. Il ruolo chiave del Lettore.
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IN CONCLUSIONE

Dunque, ricapitolando, di cosa si è parlato in questa pagina:

una tecnica interessante che può essere adottata in relazione al finale del racconto è quello di lasciarlo in sospeso in modo che sia il Lettore a completarlo. E questo almeno per tre motivi:

  • superare i limiti angusti del racconto;
  • inserire un modo alternativo originale di chiusa del racconto;
  • creare fidelizzazione del Lettore di cui si chiede la collaborazione.

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<– Meno è meglio – L’editing riduttivo per valorizzare il testo
–> Un parallelismo tra scrittura e cucina

4 pensieri su “Lasciare che il racconto sia terminato dal Lettore

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