Il blocco disfunzionale dello scrittore – Lo stallo ideativo

Cuore in gabbia sottochiaveSpesso si sente parlare della paura di scrivere. In verità ci sono diversi tipi di paure tutte riconducibili all’attività della scrittura.

Innanzitutto c’è la tipica paura del foglio bianco che terrorizza per la sua pretesa vacuità ingestibile e, più in generale, il cosiddetto ‘blocco dello scrittore’ (soprattutto quello rapportato alla necessità di rispettare un termine per la presentazione del lavoro); lo scrittore non sa cosa scrivere: non ha idee.

Poi c’è la paura di sbagliare, di non essere all’altezza delle proprie e altrui aspettative, ma anche il timore di non piacere, di non essere pubblicato, di rimanere nel mare magnum dell’anonimato e via dicendo.

Sono dunque (questi e altri)  timori molto differenziati tra loro e ognuno di essi meriterebbe una separata trattazione visto che le cause che le generano non sono assimilabili mentre le problematiche che agitano sono varie e complesse.

Qui parlerò (per ora) del solo blocco dello scrittore ma sotto il particolare profilo non della carenza totale di idee, ma, al contrario, della particolare situazione di stallo conseguente al fatto che la mente risulti occupata da altre idee giudicate non valide o comunque non adatte all’argomento che si vorrebbe sviluppare.

Dobbiamo per esempio scrivere un articolo sulla nostra città e ci viene in mente solo la trama (fiacca) di un thriller, dobbiamo scrivere un pezzo di critica politica e continuiamo a pensare all’incipit di un dialogo tra due persone che si sono casualmente urtate per strada, dobbiamo scrivere un racconto di genere horror e tutto quello cui riusciamo a pensare è a uno spunto per un romanzo d’amore.

È allora una sorta di blocco condizionato, contingente, dovuto alla sovrapposizione ideativa di più piani creativi sicché viviamo tale situazione angosciosa come se si fosse creato un diaframma non permeabile tra noi e ciò che vorremmo scrivere, come se la linea creativa fosse già occupata non accettando di sintonizzarsi, per interferenza, su altri canali.

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A volte la nostra capacità di elaborazione non è in grado di seguire a comando le priorità razionali che ci imponiamo sforzandosi piuttosto, in via del tutto naturale, di concentrarsi su ciò che è già presente nella memoria di lavoro tentando di portarlo a elaborazione prima di creare contenuti nuovi che ancora non ci sono.

Kalina Christoff della University of British Columbia (–> Kalina Christoff) ritiene che nella nostra mente vi sia oltre che un ‘cervello esecutivo’, disciplinato e monotematico, anche una sorta di ‘cervello di scorta’, più slegato, estroverso, imprevedibile che si distrae facilmente e procede non in modo sequenziale, bensì per associazioni, salti intuitivi, secondo schemi aspecifici e non strutturati. Il primo tende a riportarci con tutta l’attenzione su ciò che stiamo facendo mentre il secondo si rileva essere il migliore strumento per la creatività.

E se è vero che il compito creativo può essere svincolato da quello esecutivo, perché come sottolinea l’équipe di ricercatori della University of California Santa Barbara (Ucsb) diretti da Jonathan Schooler e Jonathan Smallwood, il pensiero, durante la veglia, “va alla deriva” in media il 30% del tempo (con punte del 75%, leggi sul punto anche –> Il pensiero creativo in modalità predefinita o di default) discostandosi dall’obbiettivo primario, è anche certo che la mente ha difficoltà a creare nuovo materiale ideativo se è già focalizzato su un altro obbiettivo della stessa natura.

Per superare questo momentaneo impasse, l’unico sistema efficace, almeno secondo la mia personale esperienza, è quello di cercare di liberare il canale creativo svuotandolo del suo contenuto disturbante e cioè mettendo per iscritto l’idea che ci svia monopolizzando la nostra attenzione.

Per ottenere un risultato efficace in questo senso occorre però che l’idea disfunzionale venga del tutto esaurita, trasportandola interamente su carta. Fino a quando questo non avverrà, non ci sentiremo veramente liberi di poter pensare materialmente a qualcos’altro.

Limitarsi infatti a trascrivere l’idea su un foglio come fosse un mero appunto potrebbe non essere sufficiente perché continuerà a rimanere disponibile per la sua elaborazione non cessando di costituire un obbiettivo concreto di interesse per il nostro cervello.

Certo, se si ha poco tempo a disposizione, può anche apparire un paradosso suggerire di perdere ulteriore tempo per scrivere qualcosa che nell’immediato non potrà esserci utile.

Ma a parte la considerazione che in scrittura non si butta via mai niente e tutto può tornare prima o poi utile, va chiarito in ogni caso che l’alternativa a una momentanea perdita di tempo è quella di non riuscire comunque a scrivere nulla, di non essere in grado di rimuovere la paralisi contingente alla nostra creatività.

Adottare il rimedio qui suggerito può risultare invece redditizio risolvendosi solo in apparenza in un aggravio della situazione.

Una difficoltà che può insorgere andando dietro allo spunto disfunzionale è invece che, una volta che si è iniziato a svilupparlo, ci vengano in mente altre idee, a cascata, finendo per portarci via altro tempo prezioso.

A ben vedere si tratta però solo di un rischio marginale e tutto sommato calcolato.

A meno di non essere un Mozart della scrittura e quindi di saper scrivere un intero romanzo all’impronta, arriva prima o poi fatalmente il momento in cui il gettito delle idee incongrue si esaurisce liberandoci dal nostro fardello distraente e lasciandoci finalmente pronti a riempire la nostra mente con altri contenuti creativi.
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IN CONCLUSIONE

Dunque, ricapitolando, di cosa si è parlato in questa pagina:

della possibilità di rendere di nuovo disponibile la nostra mente che si sia bloccata dietro a un storia non scritta.

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