Indagini demoscopiche

Ci risiamo: la campagna elettorale sta sempre più assumendo i toni accesi da osteria. Liberatisi in fretta del fastidio di doversi confrontare sui programmi di governo (perché in Italia, si sa, non fanno audience se non quando assumono la veste di contratti vergati con il sacro fuoco della saetta tonitruante) i nostri politici sono passati agli altri due strumenti di largo consumo: gli insulti e i sondaggi. Gli insulti funzionano meglio se delegittimano o ridicolizzano gli avversari, mentre i sondaggi funzionano invece sempre, prima, durante e dopo ogni dibattito sopra le righe, dopo una minaccia di apparentamento o di divorzio politico, nell’azzardo di scegliere questa o quella ‘faccia nuova’ che, anche se appartiene a chi non sa niente di politica, poco importa purché sia telegenica e porti voti. Che poi i risultati dei sondaggi siano così diversi tra loro da essere inattendibili, non deve dare da pensare. Il ricorso alla verifica demoscopica assomiglia tanto alla necessità compulsiva di chi si rivolge a chiromanti e maghi per sapere cosa fare per vincere l’incertezza del futuro e battere le avversità della vita, ma è il dato da strombazzare quello che conta. Quel che è strano è che alla mia, ahimé, non più giovane età, nonostante i migliaia di sondaggi che vengono preparati ogni giorno, in ogni settore, io non sia mai stato interpellato. A nessuno insomma importa che tipo di insaccato prediligo o se mi piace il mare o la montagna o se preferisco le more alle bionde. Che io sia così poco rappresentativo?

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